Nella New York dei giorni nostri, il giovane batterista Andrew Neyman frequenta l’immaginario conservatorio Shaffer, ritenuto il migliore del Paese. Qui, con il suo talento fuori dal comune, attirerà l’attenzione del direttore d’orchestra Fletcher (J.K.Simmons), ma ciò che sembra un privilegio ben presto diventerà un incubo.
Quando la musica diventa un’ossessione, l’arte degenera nella malattia ed il cinema si trasforma da passione in follia. Una “frustata” che colpisce i due personaggi in pieno volto, trascinandoli in un circolo vizioso in cui la repulsione è il collante che impedisce loro di allontanarsi. Entrambi vorrebbero potere fare a meno l’uno dell’altro, ma l’obiettivo finale è troppo importante e la musica non si può fermare. L’alunno vorrebbe entrare nel gota dei più grandi musicisti jazz di tutti i tempi, mentre il maestro non può lasciarsi sfuggire l’occasione di scoprire un altro Bird o un altro Robert Johnson.
L’intero film si basa sul rapporto malato e scostante tra un batterista ed il direttore d’orchestra, un personaggio costruito sul Sergente Hartman di Full Metal Jacket, ma con una caratterizzazione molto più profonda. Il suo obiettivo non è meramente la distruzione mentale della persona, ma la voglia di spingere l’individuo oltre i propri limiti, per stupire la platea e se stesso. I metodi saranno discutibili e le colpe innegabili, ma l’interpretazione di J.K. Simmons accompagnerà lo spettatore per molto tempo. Sarà difficile dimenticare una prova così intensa e magistrale per un attore capace di rinnovarsi con l’età e con un regista emergente del calibro di Damien Chazelle, un trentenne di grande talento di cui sentiremo ancora parlare.
Il suo è un film vibrante e centrato, in cui il vero protagonista è il jazz, unico vero elemento incessante che accompagna per tutti i 105 minuti della pellicola. La musica avvolge i personaggi ed il pubblico, trasportandoli in una realtà quasi alternativa in cui nulla conta se non Lei nella sua perfezione ed esecuzione. La città stessa non riesce a muoversi senza uno squillo di tromba o la melodia di un arco, perchè il jazz deve essere ovunque per chi sceglie di seguirlo. Non sono importanti i rapporti umani o le persone, ma la sua essenza trasportata in uno dei migliori film musicali degli ultimi anni.
Era dal finale de Il concerto che non si vedeva una regia così magistrale ed ispirata di fronte ad una orchestra. Le inquadrature vanno a ritmo con la musica e forniscono un ideale movimento a personaggi statici nella loro esecuzione, saltando da uno strumento all’altro ed utilizzando il piano sequenza per dare un corretto spaccato di ciò che sta accadendo sul palco. Il pubblico non è quasi mai inquadrato, proprio per focalizzare l’attenzione dello spettatore sul jazz ed evitare inutili distrazioni. Il mondo diventa un’entità astratta, in cui le uniche realtà sono la musica e la devastante tensione tra maestro ed alunno.
Whiplash è un’appassionata storia di follia, in grado di vibrare fin nell’anima dello spettatore, amante o no della musica jazz. Una storia d’amore alternativa che dimostra quanto sia sottile il confine per giungere alla pazzia.


