Mereghetti su Drive

Il film che Paolo Mereghetti recensisce questa settimana è Drive di Nicolas Winding Refn, regista danese in trasferta americana.

Evidentemente al critico del Corriere il film non è piaciuto molto:

A volte i critici perdono la memoria. E nell’omologazione un po’ deprimente della produzione mainstream finiscono per scambiare un simpatico (e furbesco) prodotto di routine per una perla rara da premiare. È successo all’ultimo festival di Cannes, dove Drive del danese Nicolas Winding Refn ha conquistato il premio alla regia e buona parte della critica. I suoi meriti? Offrire una storia di genere con qualche vezzo d’autore e spruzzi improvvisi di violenza belluina (che fanno sempre molto «contemporaneo»). Contando sul fatto che in pochi riconoscano i tanti debiti che la regia ha accumulato.

Sono i vezzi di regia di Refn a non aver convinto Mereghetti che pure elogia la scenegiatura di Hossein Amini:

Non andrebbe poi dimenticato che il film è tratto dal romanzo omonimo di James Sallis (in uscita da Giano Editore), il raffinato e colto inventore dell’investigatore privato afroamericano Lew Griffin, le cui atmosfere notturne e i cui personaggi disincantati affiorano qua e là nella sceneggiatura di Hossein Amini. Anzi, proprio questo lascito letterario mi sembra la cosa migliore del film che rischiava di essere una specie di clone aggiornato di Léon (romanticismo esasperato più violenza da fumetti) e che invece ogni tanto riesce a trascinare lo spettatore dentro alla lotta senza quartiere tra l’Individuo e il Sistema, la Generosità e l’Egoismo, l’Amore e il Profitto.

Con una avvertenza, però: non prendere troppo sul serio quello che, sotto sotto, è solo il risultato di una sapiente collazione di elementi eterogenei. E non scambiare il simpatico ma un po’ acerbo Gosling per un nuovo Mitchum…

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