Springsteen – Liberami dal nulla

Springsteen – Liberami dal nulla **1/2

Bruce Springsteen ha fatto pace con la sua leggenda da molti anni: ha ricostituito la sua storica E-Street Band fin dal 1999, ha pianto l’America in rovine post-11 settembre, ha vinto l’Oscar, una ventina di Grammy e persino il Tony, ha fatto il giro del mondo più volte con i suoi tour, ha sostenuto Barack Obama e cercato di testimoniare con il suo lavoro sul palco e in studio di registrazione le contraddizioni e la bellezza del sogno americano.

A settantacinque anni è ancora il Boss, i suoi concerti sono eventi unici, esperimenti galvanici, attraversati da un’energia che sembra non finire mai.

Non era ancora così nell’inverno del 1982, quando il trentenne nato in New Jersey, dopo la conclusione del fluviale tour mondiale a supporto dell’album The River, si ritrova – forse per la prima volta – a fare i conti con il grande successo, con la notorietà, con i fantasmi di un padre infelice e frustrato e con la sfida di diventare adulto, senza tradire le proprie origini e il proprio mondo.

Springsteen si isola da tutti in una casa in mezzo ai boschi a Colts Neck, New Jersey e registra da solo, su un multitraccia portatile a 4 piste, le demo per i nuovi pezzi.

Accanto a lui solo il fonico e Faye, una ragazza madre con cui cerca una sponda sentimentale senza troppa convinzione.

I ricordi d’infanzia e l’angoscia contemporanea, La rabbia giovane visto in tv e una sceneggiatura di Paul Schrader, l’osservazione quotidiana e il senso insoddisfazione contribuiscono a rendere vividi i ritratti di sessions che restano centrali nella sua carriera.

Nascono così non solo i dieci pezzi di Nebraska, ma anche molti di quelli di Born in the USA, l’album dei record pubblicato due anni dopo, che avrebbe lanciato Springsteen verso un successo ancora più inarrestabile.

Il film scritto, diretto e prodotto da Scott Cooper (Crazy Heart, Il fuoco della vendetta, Hostiles) e tratto dal libro omonimo di Warren Zanes, ricostruisce quella stagione ormai lontana, cercando di scavare nell’animo dell’artista, nelle sue contraddizioni, nella sua lotta contro la depressione, cercando al contempo di mettere in scena il mistero della creazione, della vita che si trasforma in musica e parole.

Per farlo si affida quasi interamente a Jeremy Allen White, non particolarmente somigliante al protagonista, ma generoso nel cercare di restituirne le profonde inquietudini.

Solo che oscurati i suoi occhi azzurri con lenti colorate, il suo sguardo perde vivacità e profondità e la sua assomiglia più spesso a una posa che a un’autentica interpretazione.

Il film ha una struttura piuttosto tradizionale, sia sotto il profilo drammatico sia nella messa in scena cinematografica: il bianco e nero dei flashback familiari, il rapporto pieno di stereotipi con Faye, le visioni in cui passato e presente si fondono, la stessa idea dell’artista timoroso di perdere la propria identità.

Solo che serve davvero una insipida storia d’amore con una cameriera di Asbury Park per ricordarci le radici da working class hero del boss?

Il film è invece efficace quando si affida al duetto con Jeremy Strong nei panni del fidato produttore Jon Landau, che sostiene il lavoro del suo artista anche quando non lo comprende, ne asseconda la radicalità anche quando vuol dire mettersi contro la propria etichetta, lo spinge a cercare aiuto quando l’oscurità sembra offuscare ogni pensiero.

Molto più che nel rapporto verticale e tormentato col padre, il film funziona nella dimensione orizzontale della collaborazione con il produttore.

Ed è un peccato che le personalità della E-Street Band ne escano così marginali, perché non sono mai stati solo uno sfondo ai successi di Springsteen.

Non solo, ma il film non riesce mai davvero a fondere i racconti e le immagini delle canzoni di Springsteen con quelle assai più modeste del film.

Ben più significativo sarebbe stato Liberami dal nulla se avesse mostrato poi fino in fondo come le sessions di Nebraska si trasformarono, quasi senza soluzione di continuità, in quelle dell’album successivo, secondo un processo di progressivo di costante affinamento. La stessa prodigiosa creatività dell’artista in quel particolare momento era una vena carsica capace di emergere travolgendo ogni cosa, persino la sua band: alla fine furono incisi oltre settanta brani che ancora riaffiorano e cercano spazio.

Alla fine Springsteen – Liberami dal nulla è un film di attori e di caratteri ed anche se racconta una storia che i fans conoscono perfettamente, la mette in immagini, per tutti, con una certa grazia e con un pizzico di furbizia, soprattutto nelle scelte musicali (dal Born to Run in apertura ad una Atlantic City live con tutta la band del finale).

Come molti dei lavori di Cooper si tratta di un film onesto, trasparente, che cerca il coinvolgimento emotivo e che nella cura per la direzione degli attori offre il suo meglio.

Contemporaneamente all’uscita del film la Sony ha realizzato un cofanetto nuovo di zecca con l’album originale rimasterizzato, le tracce risuonate in elettrico dalla E-Street Band allora, tutti gli outtakes acustici che non finirono in Nebraska e uno speciale concerto in cui Springsteen ha risuonato per intero l’album del 1982 al Count Basie Theatre, Red Bank, NJ.

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