Il nuovo film di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis diopo l’esordio nel lungometraggio con Re granchio, è un western picaresco fuori tempo massimo, ambientato tra i butteri della Toscana e del basso Lazio, che contamina la nostra commedia ad uno dei generi meno frequentati dal cinema italiano contemporaneo.
Ispirato ad un vero episodio accaduto nel 1890 presso la Cisterna di Latina, durante uno degli spettacoli del Wild West Show, il film è inconsueto e suggestivo, illuminato dalla fotografia calda e crepuscolare di Simone D’Arcangelo.
Siamo a Roma agli inizi del Novecento e sembra quasi di stare nella celebre canzone di Francesco De Gregori, perché il circo di Buffalo Bill Cody è nella capitale per il suo show itinerante che canta la sua leggenda un po’ sdrucita.
Il paese era molto giovane, i soldati a cavallo erano la sua difesa.
Il verde brillante della prateria dimostrava in maniera lampante l’esistenza di Dio, del Dio che progetta la frontiera e costruisce la ferrovia.
Quel Paese è l’Italia da poco unita: i padroni del vapore sono la nuova borghesia emergente.
Dopo l’esibizione, il figlio del prefetto Rupè, Ercole, lancia una sfida al celebre cacciatore con i suoi butteri.
A Santino – il migliore dei suoi – chiede tuttavia di perdere apposta, avendo scommesso in realtà sui cowboy americani.
Ma l’orgoglio e l’amore per Rosa, la giovane moglie dell’ufficiale, finiscono per mettere nei guai Santino che vince e fugge, quando la donna uccide il marito Ercole per difenderlo.
I due amanti a cavallo attraversano la campagna laziale e tappa dopo tappa sono costretti a superare insidie e imprevisti, nel miraggio di raggiungere l’America.
Su di loro incombe Bill Cody, più interessato all’avventura che alla taglia che pende sul collo di Santino.
Il film dei due registi è un curioso esperimento, ospitato da Un certain regard a Cannes, che Fremaux ha salutato con un certo vivo compiacimento, per un cinema italiano tornato a lavorare sui generi con originalità e personalità.
I due registi si sporcano le mani con le pratiche basse del cinema popolare, guardano a Butch Cassidy almeno quanto a Trinità.
La taglia che pende sulla testa di Santino, in realtà del tutto innocente, lo trasforma improvvisamente in un eroe suo malgrado, quando i due fuggitivi incontrano un manipolo di anarchici rivoluzionari che hanno sequestrato un treno. E il protagonista, un cuore puro, sembra vestire confortevolmente i panni che la storia gli ha messo addosso.
Questo ribalta le premesse e i caratteri iniziali con Rosa libera, emancipata, coraggiosa e Santino più dimesso e timoroso, in fondo costretto dagli eventi a inseguirne l’ardore. E’ lei ad immaginare la fuga e l’approdo.
E’ Rosa a uccidere l’ufficiale, a salvare Santino una seconda volta facendolo uscire di prigione. Ma poi la leggenda ha la meglio sulla verità e Santino – che incarna i tratti tipici dell’antieroe delle nostre commedie, da Monicelli e Risi fino ai western degli anni ’60 – si arroga meriti non suoi.
D’altronde è Buffalo Bill a raccontare questa storia, facendone un’altra pagina nel grande romanzo del folk americano.
Borghi incarna il perfetto epigono di certe figure un po’ cialtrone della nostra tradizione, John C.Reilly è un Buffalo Bill sornione e mellifluo e Nadia Tereszkiewicz – già alter ego di Valeria Bruni Tedeschi in Forever Young – Les Amandiers – è incantevole nella sua determinazione imbronciata ed elettrica.
Peccato che nell’ultima parte il film si sfilacci troppo e non riesce a tenere assieme l’esigenza di rimanere fedele alla sua natura avventurosa, con la riflessione filosofica sulla parola, sul racconto e sulla sua trasfigurazione nel mito, necessariamente addomesticato e smussato nelle sue asprezze.
I due registi restano osservati speciali.
Dal 2 ottobre in sala per 01.

