In the Hand of Dante *
Il nuovo film di Julian Schnabel a distanza di sette anni da Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità, è l’adattamento di un romanzo di Nick Tosches, nativo di Newark nel New Jersey, di origini taliane e noto soprattutto per le sue biografie, da Dean Martin a Sonny Liston, da Jerry lee Lewis a Michele Sindona.
Il film si muove istituendo un improbabile parallelo tra la vita di Dante nella Firenze del XIV secolo e quella dello squattrinato scrittore contemporaneo Nick, coinvolto da un boss spietato nel furto in Sicilia del presunto manoscritto della Divina Commedia.
La vita di Dante è girata a colori, mentre quella di Nick in un bianco e nero che vorrebbe essere quello di un improbabile noir sanguinario.
Infatti lo scagnozzo del boss John Malkovich, interpretato da un biondo Gerard Butler, ha la pistola facile e la lingua scioltissima e fredda brutalmente tutti quelli che entrano in contatto con lui e con Nick.
I toni pulp della storia di Nick, mal si conciliano con quella eterea in cui il poeta cerca la sua Beatrice. Oscar Isaac li interpreta entrambi con effetti che spingono il film verso un ridicolo involontario che accompagna ogni nuovo attore che compare in scena, da Al Pacino che recita seduto nei panni di un anziano nonno a cui il nipotino confessa l’omicidio di un ragazzo, ad una sempre più imbarazzante Gal Gadot, passando per Jason Momoa boss siciliano vestito di bianco con un completo degno di un pimp di Times Square, per Franco Nero che appare e muore nei panni di Don Lecco (!!!) fino a John Malkovich, che ripete per trecentesima volta il ruolo del mafioso russo per il suo Joe Black.
C’è anche Martin Scorsese che sembra Galdalf il bianco, nei panni di Isaiah, mentore di Dante e ci sono gli italiani Santamaria, Impacciatore e Bonacelli.
Tutto questo enorme spreco di talento produce un film talmente disastroso da lasciare sconcertati. Simpatizziamo con i produttori che per mesi hanno tentato di tagliare il film di Schnabel, riducendo i danni. Non c’è stato verso e In the Hand of Dante è arrivato a Venezia nei suoi interminabili 150 minuti.
Se Dante davvero sapesse…
