Venezia 2025. Ghost Elephants

Ghost Elephants ***

In occasione della consegna di un tardivo Leone d’Oro alla carriera, Werner Herzog porta al Lido il suo ultimo documentario finanziato da National Geopraphic e ispirato alle ricerche del Dott. Steve Boyes.

Quest’ultimo è da anni sulle tracce di enormi elefanti, che abitano un altopiano grande quanto l’Inghilterra e sostanzialmente disabitato in Angola. Dovrebbero essere i discendenti di Henry, il più grande pachiderma cacciato nel 1955 e donato allo Smithsonian dove è stato ricostruito a beneficio dei suoi visitatori.

Facendosi aiutare da tracker e sciamani boscimani della Namibia, Boyes e il suo team, assieme a Herzog, si addentrano nell’altopiano, prima sulle jeep, quindi in moto, infine a piedi, alla ricerca di questi elefanti fantasma, da immortalare per l’eternità.

Lo spettro di Moby Dick aleggia costantemente nel loro viaggio, mentre l’idea che la ricerca stessa sia l’obiettivo della loro avventura è l’elemento chiave che riconnette Ghost Elephants ai grandi sognatori omerici e folli che hanno attraversato costantemente il cinema titanico di Herzog. Quello di finzione come quello documentario.

Le immagini sono nobilitate dalla voce imperiosa dell’autore, ormai firma attesa e riconoscibile dei suoi lavori sulla realtà, non meno poetica, ironica e disincantata che in passato.

L’incontro con una tribù locale, con le tracce lasciate dagli elefanti, l’inutilità della tecnologia più sofisticata e infine l’incontro duplice con queste creature selvagge sono momenti in cui il cinema di Herzog ritrova la sua dimensione estatica, il suo stupore verso la grandezza magnifica e feroce della natura. Quella dimensione l’uomo la può sognare, certamente, e la può testimoniare raccogliendone tracce e segni.

Ma non c’è solo questo in Ghost Elephants.

Le immagini della caccia grossa di Africa Addio di Jacopetti e Prosperi e quelle del cacciatore che ottenne lo scalpo dell’elefante Henry lasciano intuire come il rapporto dell’uomo con la natura sia cambiato radicalmente nell’ultimo mezzo secolo.

L’incontro con le civiltà locali apre la porta a nuovi miti e nuove leggende. Così come i dati raccolti da Boyes e rielaborati dalle università americane, ci restituiscono elementi nuovi per comprendere l’evoluzione della vita sulla terra.

Tuttavia sullo sfondo resta sempre il tema chiave di tutto il cinema di Herzog, l’ossessione totalizzante e divorante che spinge l’uomo oltre se stesso e oltre ogni razionalità, alla ricerca impossibile di una fonte segreta e misteriosa che appaghi finalmente la propria sete di conoscenza.

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