La prima stagione di The Last of us aveva colto nel segno, regalandoci un equilibrio a tratti perfetto tra emozione, avventura, formazione e lotta per la sopravvivenza. Il racconto dell’amicizia tra il cacciatore di taglie Joel (Pedro Pascal) e la piccola Ellie (Bella Ramsey), l’unica ad essere immune al fungo Cordyceps che aveva infettato tutti gli esseri umani e portato la civiltà umana al collasso, era qualcosa di più di un survivor drama distopico, grazie a personaggi e storie complesse, capaci di toccare il cuore dello spettatore. La produzione di Neil Druckmann, basata sull’omonimo videogame per Playstation, aveva qualità stilistiche e interpretative non comuni, raggiungendo vette creative, come nel raccontare la storia d’amore tra Bill e Frank nell’episodio Long, Long Time. Al termine del loro lungo viaggio (e della prima stagione) Joel ed Ellie avevano trovato accoglienza, non in modo semplice in verità, presso la comunità di Jackson, nel freddo Wyoming, dove viveva da tempo il fratello di Joel, Tommy (Gabriel Luna).
Da allora sono trascorsi cinque anni, in cui Joel ed Ellie si sono integrati nella comunità, ma si sono allontanati l’uno dall’altra. A complicare il loro rapporto, oltre all’età adolescenziale di Ellie, hanno pesato come un macigno i dubbi della ragazza sul modo in cui Joel è riuscito a salvarla dalle Luci, un gruppo organizzato impegnato contro l’oppressione del governo e alla ricerca di una cura per la malattia. I membri delle Luci erano pronti a tutto, anche ad ucciderla, pur di trovare il vaccino per il Cordyceps necessario alla salvezza del genere umano. Proprio questo episodio riveste un peso rilevante non solo nella relazione tra i due, ma anche per il nostro racconto perché spinge un personaggio finora sconosciuto, Abby (Kaitlyn Dever), a dare la caccia e Joel per ucciderlo.
Abby è una giovane donna, addestrata alla vita militare e pronta a tutto per vendicare il padre, un medico delle Luci ucciso da Joel durante il salvataggio di Ellie. Già nel secondo episodio Abby raggiunge il suo scopo, ma decide di lasciare in vita la ragazza, che, una volta recuperate le forze, accompagnata da Dina (Isabela Merced), amica prima e fidanzata poi, si reca a Seattle in cerca di vendetta. Per rintracciare Abby, Ellie si mette alla ricerca di quello che resta delle Luci, il cui nome aggiornato è Lupi (WLF: Washington Liberation Front). Questo gruppo paramilitare, guidato da Isaac Dixon (Jeffrey Wright) di cui fa appunto parte Abby, è peraltro impegnato in una lotta senza quartiere per la supremazia a Seattle con i Serafiti, una setta pseudoreligiosa. Armati di archi e frecce, devoti alla profetessa che li guida, essi vivono in comunità isolate, comunicando tra loro con fischi. E’ quindi uno scenario ricco di insidie quello che si presenta a Ellie e Dina: Lupi, Serafiti e naturalmente Infetti ostruiscono la strada che separa le due giovani donne dalla vendetta.
Il desiderio di vendetta di Ellie muove l’azione, ma è la guerra civile che si sta consumando a Seattle a dare forma agli eventi, ancora più della minaccia rappresentata dagli Infetti, dai non morti tenuti in vita dal fungo che ha preso possesso del loro cervello. Questo elemento ci fornisce un quadro di lettura molto importante per capire come l’arte vada ad interpretare le paure e le pulsioni profonde della società. Nella prima stagione, rilasciata nel Gennaio del 2023, era ancora forte il richiamo al virus, all’infezione pandemica e all’incapacità di fornire una risposta globale unitaria da parte del genere umano, chiara eco del Covid; ora è piuttosto la guerra, lo scontro tra gli uomini ad essere al centro, consapevolmente o meno, della produzione artistica.
La paura della guerra mondiale è tangibile. Ci sono divagazioni sul tema che potremmo definire irrilevanti rispetto all’obiettivo di Ellie, ma che invece acquistano forza se lette con sguardo sociologico, come preoccupate denunce non solo del dilagare di violenza e superstizione, ma anche del rapporto dialettico tra nazionalismo e conservatorismo che esclude soluzioni progressiste. I valori della comunità persistono, anche se marginalizzati, a Jackson: non sono estinti, ma certamente rappresentano un fragile biotopo minacciato da molteplici predatori e da antichi pregiudizi (come quello sessuale verso le due ragazze che si scambiano un bacio durante un ballo).
La ricerca di vendetta muove Ellie e la sostiene fino a Seattle, ma è quello che trova in città a cambiare la sua esistenza: l’amore per Dina, che le confessa di essere incinta di Jesse (Young Mazino) e di voler crescere il figlio che avrà con lei, come una coppia. E’ anche questa posizione uno specchio dei tempi e di una società che fatica a trovare l’equilibrio tra rigurgiti patriarcali e proclami matriarcali; del resto un figlio non è un oggetto, una proprietà esclusiva della madre che può a sua discrezione e in completa autonomia decidere come e con chi allevarlo. Tornando all’amore di Dina per Ellie: è qualcosa di imprevisto che cambia tutto, ma fino ad un certo punto. I numerosi flashback del rapporto con Joel la cullano e al contempo la pungolano a continuare nella sua missione di vendetta, ma il suo volto radioso all’idea di una vita familiare con Dina trasmette emozioni molto diverse. Un equilibrio difficile che il racconto non riesce a rendere sempre in modo efficace, attribuendo ad Ellie comportamenti incoerenti e senza un’identità ben definita.
Questo aspetto peraltro sembra marcare una differenza rispetto al videogioco, dove la vendetta è qualcosa di più di un obiettivo, è un assoluto a cui Ellie si vota senza altre sfumature emozionali. Se è comprensibile la scelta di equilibrare il tono della vicenda con una parte per così dire “romantica”, questo finisce per rendere Ellie meno credibile perché la sua missione, così rischiosa e assoluta, richiede la disponibilità a lasciarsi tutto alle spalle, anche il futuro. Se Ellie come alter ego di Joel poteva permettersi una definizione psicologica meno approfondita, così non può essere ora, nel momento in cui ne eredita il ruolo di protagonista. Si può certamente parlare di carisma e di presenza scenica inferiore rispetto a Pedro Pascal, ma quello che manca è soprattutto la stoffa (narrativa) da tessere. Si è voluta descrivere una protagonista a due dimensioni: una romantica e una vendicativa, ma entrambe vivono del riflesso offerto da altri personaggi (Joel e Dina) e sono quindi intrinsecamente fragili.
Quello che funziona maggiormente finisce così per essere la parte adrenalinica, di lotta per la sopravvivenza. Paradossalmente proprio l’aspetto zombie/horror-survival, che nella prima stagione era stato un pretesto, diventa ora il tratto distintivo della serie. E’ naturalmente un passo indietro a livello di complessità narrativa, ma non di coinvolgimento dello spettatore che apprezza il ritmo sincopato e la qualità del setting immersivo a cui contribuisce l’ottima colonna sonora curata da Gustavo Santaolalla, già compositore della musica del video game.
Così, tra incertezze e qualche divagazione superflua, i sette episodi della stagione conducono lo spettatore ad un cliffhanger che lascia tutto aperto e che richiede una discreta pazienza, dato che la terza stagione dovrebbe uscire tra circa un anno e mezzo. Speriamo che il tempo porti consiglio.
TITOLO ORIGINALE: The Last of Us
DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 50 minuti
NUMERO DEGLI EPISODI: 7
DISTRIBUZIONE STREAMING: Now Tv, Sky Atlantic
GENERE: Zombie-horror, Drama, Dystopic, Survival, Adventure.
CONSIGLIATO: a quanti cercano una serie adrenalinica e immersiva, ben recitata e con qualità tecniche importanti.
SCONSIGLIATO: a quanti si aspettano un prodotto in continuità con la prima stagione, tecnicamente perfetta, ma anche ricca di qualità narrativa e personaggi di respiro.
VISIONI PARALLELE: più di una produzione televisiva è certamente la serie di video game The Last of Us ad essere lo strumento più adatto a chi vuole permanere nel clima della serie … e prepararsi alla terza stagione.
UN’IMMAGINE: un aspetto che la nuova vita di Ellie e Joe mette in evidenza è l’importanza della comunità e di come, nel bene e nel male, questa condizioni la vita degli esseri umani. Le gioie semplici dello stare insieme nel villaggio di Jackson costituiscono la vera alternativa agli scontri violenti e senza esclusione di colpi a cui assistiamo nella seconda parte della stagione, ambientata a Seattle.

