The White Lotus 3: scenario thailandese per i soliti ricchi senza vergogna

The White Lotus 3 **

Chi conosce la serie The White Lotus sa che la scelta della location è un elemento di fondamentale importanza. A ogni luogo corrisponde infatti un tema attorno al quale si disfano, quasi a voler rispettare un copione invisibile, i rapporti familiari e le relazioni. Ai protagonisti non sono mai risparmiate le sorprese e le rivelazioni (spesso amare). Così, alle Hawaii il ruolo del demone tentatore era affidato ai soldi, mentre in Sicilia, nel rispetto del cliché affibbiato alle popolazioni mediterranee notoriamente calienti e focose, era il sesso a governare le umane sorti dei turisti in vacanza. E in Thailandia? Verrebbe da dire che il gioco delle coppie, delle parentele e delle amicizie sia alla mercè di una mano invisibile. La spiritualità soffia forte nelle vele e spinge al largo i personaggi, costretti a guardarsi dentro prima che sia troppo tardi.

Di nuovo un resort di lusso, di nuovo una compagine di turisti americani, ricchi, antipatici e pieni di soldi. Naturalmente, sono tutti infelici. Piper, probabilmente il personaggio meno negativo insieme a suo fratello minore Lochlan, è attratta dal buddhismo, o comunque da quell’atmosfera (vera o idealizzata?) che si può respirare solo all’interno di un monastero. Piper finge di essere alle prese con una tesi di laurea e di dover intervistare un celebre monaco, autore di un fortunatissimo libro, ma in realtà il suo sogno è andare via, lontano da casa, dalla North Carolina, da una vita segnata in partenza, dai patetici genitori e dall’insopportabile fratello maggiore Saxon. Il sogno di Piper è trasferirsi in Thailandia, per meditare.

Lochlan e Saxon: con loro The White Lotus arriva a toccare tasti inediti. L’argomento è volutamente scabroso. Lochlan, nerd a rischio scoliosi per le troppe ore passate davanti al pc, spaventato dalla prospettiva della sua prima volta e alleato naturale, benchè pavido, di sua sorella Piper, sperimenta un risveglio dei sensi difficile e inaspettato. L’attrazione incestuosa (nelle forme di un sogno lisergico) serve, anche, a ridicolizzare la mascolinità tossica del fratello maggiore. Saxon, il classico bellimbusto dalla mascella squadrata invidiato dai cosiddetti incel, fallisce miseramente l’approccio con Chelsea, la giovane fidanzata del misterioso Rick. Da predatore seriale abituato a guardare il mondo attraverso il prisma delle categorie inventate da YouPorn, scopre di poter essere preda, dentro una tela di rapporti dalle trame più torbide che sanamente euforiche.

Per completare il quadro altamente disfunzionale della famiglia Ratliff, abbiamo Timothy, il capofamiglia, mago della finanza invischiato in una storiaccia di riciclaggio di denaro e corruzione che proprio in vacanza è raggiunto dalla notizia del suo prossimo, probabile arresto, e poi Victoria, moglie di Timothy e madre dei tre fratelli citati in precedenza, consumatrice di psicofarmaci affondata in un perenne stato semiletargico. Il fantasma da cui tutti scappano è la perdita dello status quo, con la prospettiva, tragica e insostenibile, di finire in povertà. Mentre Timothy, incapace di rivela la verità ai suoi, culla pensieri suicidi, Victoria continua a vivere nella sua bolla fatta di luoghi comuni (“Non sei buddista, non sei mica nata in Cina”, dice a Piper quando le intenzioni della figlia vengono a galla).

Kate, Laurie e Jaclyn formano un trio azzeccato. Vecchie compagne di college ora quarantenni, si ritrovano insieme dopo molti anni, segnate da varie vicende. Dovrebbero essere amiche, ma quando due di loro si ritrovano a parlare da sole, sparano a zero sulla terza. Jaclyn è un’attrice hollywoodiana affermata e sposata con un collega. Laurie lavora nello studio legale di una grande corporation, vive a New York e ha divorziato di recente. Kate, che conduce a Austin una vita agiata grazie ai soldi del marito, non nasconde alle altre di frequentare una chiesa evangelica e di trovare “sopportabili” gli elettori texani di Trump. Cosa sono andate a fare nel resort, se non divertirsi, al riparo da ogni giudizio? In fondo, “quello che succede in Thailandia resta in Thailandia”. Oppure no? Valentin, il muscolo coach di origini russe assegnato alle tre “ragazze”, diventa l’oggetto di fantasie sfrenate. Jaclyn e Kate cercano di convincere Laurie a lasciarsi andare. Eppure…

Chelsea ha seguito Rick sperando di trascorrere una vacanza divertente, però Rick sembra avere altre idee per la testa. Quest’uomo, calvo, silenzioso, più grande di lei, si impegna al minimo sindacale per non vederla scontenta. L’accompagna malvolentieri a uno spettacolo di serpenti e ne libera uno che, accidentalmente, morde Chelsea alla gamba… La sfortuna sembra perseguitare la ragazza inglese. Nello stesso giorno Chelsea assiste a una rapina. Rick intanto si apre alla sua consulente spirituale (“dal nulla non nasce niente… non ho un’identità”) e sviluppa una strana ossessione per Sritala, l’anziana proprietaria del resort con un marito americano, Jim, sopravvissuto a un infarto. E poiché il simile attira il simile, Chelsea trova un’alleata in Chloe, un ex modella canadese che vive in Thailandia con l’anziano marito Gary, un personaggio conosciuto nelle prime stagioni di The White Lotus, incasellato dalla stessa Chloe nella categoria sociologica dei losers back home, i perdenti in patria costretti a restare all’estero per chissà quale inconfessabile ragione.

Tra i personaggi di ritorno c’è anche Belinda, che alle Hawaii lavorava in una spa e qui cerca nuovi stimoli professionali. Con il suo trainer locale, Pornchai, inizia una relazione sentimentale. Belinda riconosce Gary, incrociato in passato, quando era ancora il marito di Tanya McQuoid, la vittima del capitolo di The White Lotus ambientato a Taormina, e si faceva chiamare Greg. È del tutto ovvio che Gary sta provando a seppellire Greg e non desidera essere smascherato da una testimone scomoda, memore, peraltro, delle false promesse della ricchissima Tanya. I due “reduci” non avrebbero mai dovuto incontrarsi. In Thailandia arriva poi Zion, il figlio di Belinda. Zion, durante una meditazione, sente lo sparo che apre le danze della terza stagione.

Come di consueto, il racconto inizia dall’epilogo, un fatto violento, un omicidio, comunque un incidente che incrina lo spirito della vacanza (in realtà la perfetta nemesi del disastro etico e morale incarnato dal turismo ignorante), per saltare repentinamente al primo giorno e introdurre così i singoli personaggi, le coppie e le costellazioni familiari sbarcate sull’isola.

Gli indizi e i moventi via via collezionati segnalano i possibili soggetti implicati nell’evento criminoso. Sappiamo che una pistola gira per il resort. L’ha avuta Gaitok, la guardia di sicurezza, per difendersi e (soprattutto) difendere gli ospiti del resort dalle incursioni di possibili rapinatori. Timothy Ratfliff, in preda alla disperazione, se ne impossessa, sfruttando l’ennesima distrazione del povero Gaitok. Sarà il business man atteso in patria dal carcere, idealtipo dell’uomo bianco occidentale divorato dall’avidità del capitalismo, a premere il grilletto contro di sé o contro qualcuno? Ovviamente, gli autori si divertono a depistare.

The White Lotus mescola i generi e invita lo spettatore a giocare al bravo detective. Chi non nasconde i suoi propositi omicidi è Rick. Gary è un losco figuro da inserire tra i potenziali sospettati. Il trio di amiche, che troppo amiche non sono, potrebbe riservare sorprese, anche a causa di uno sgarbo inatteso. I fratelli Ratfliff sono diversamente fragili. Il padre Timothy è impazzito. La madre Victoria è sull’orlo di una crisi di nervi. Il trio di russi trapiantati in Thailandia e scampati alla guerra di Putin, compreso Valentin, sono un mistero. A Chloe piace il rischio. Droghe e alcol scorrono a fiumi. Nel quarto episodio, la festa con i fucili ad acqua per le strade della cittadina thailandese svela una simpatica contraddizione. Le ricche turiste fuggono da un divertimento innocuo e, in compenso, sperano in un brivido vero.

Già, ma che fine fanno, in tutto questo, i thailandesi? L’unica con uno status sociale elevato è Sritala, ex attrice di serie b e proprietaria dell’albergo grazie al matrimonio con Jim Hollinger. Tutti gli altri, i dipendenti, sono servitori devoti. La loro funzione si esaurisce nell’assecondare i desideri degli “occidentali”. Tra i locali, Mook e Gaitok sono i soli ad avere una voce propria.

Massaggi, meditazione, pratiche spirituali, sedute energetiche, immersioni in vasche di isolamento… a ciascuno il suo (sulla base di un preventivo screening psicofisico). La religione buddhista è parte dello sfondo esotico complessivo e viene declassata dagli ospiti a qualcosa di simile alla mindfulness oppure a una diserzione dai desideri, in particolare, Saxon dixit, dal sesso. Gli spettacoli serali rispondono alle regole del folklore. Il focus narrativo è sempre sui bianchi. Il loro rapporto con la popolazione locale è all’insegna del puro classismo.

La rappresentazione di questo scorcio d’Asia è stereotipata, banale, falsata. La Thailandia è uno sfondo modellato sulle esigenze del turista invasore, un panorama incantato da instagrammare. L’invito della direzione di consegnare alla reception i cellulari è un interessante paradosso. A prescindere dalla tecnologia (l’impossibilità di Timothy di fare a meno dello smartphone rimanda all’impossibilità di staccare la spina da se stessi), il problema risiede principalmente nello sguardo. Prendiamo la giungla lussureggiante che abbraccia le camere del White Lotus. Dagli alberi, le onnipresenti scimmie osservano lo svolgersi della follia umana. E’ una natura che i turisti vorrebbero addomesticata, sterilizzata, in sostanza un’appendice di quel costosissimo parco giochi per adulti che è, appunto, il resort.

“Sei senz’anima”, dice Chelsea a Saxon. L’anima, da intendersi non tanto in senso religioso quanto in termini di interiorità, spirito critico e autonomia di giudizio, in definitiva umanità, è la grande assente di The White Lotus. I personaggi sono vuoti. Nessuno si diverte realmente. Il ricorso alle droghe rientra nello sballo modaiolo di persone annoiate. In questa stagione solo Rick, il personaggio più irrequieto e fuori posto, è in grado di captare una diversa vibrazione nell’aria. Non a caso Rick rivendica una certa familiarità con i rettili velenosi. Secondo lui avrebbero diritto ad essere liberi, anzichè confinati in gabbie.

Il vero pregio della serie di Mike White è il nutrito cast, semplicemente perfetto. Ci sembra giusto elencare prima gli asiatici e poi gli altri: Dom Hetrakul (Pornchai), Tayme Thapthimthong (Gaitok), Lalisa Manobal (Mook), Lek Patravadi (Sritala), quindi Carrie Coon (Laurie), Leslie Bibb (Kate), Michelle Monaghan (Jaclyn), Jason Isaacs (Timothy), Parker Posey (Victoria), Sam Nivola (Lochlan), Sarah Catherine Hook (Piper), Patrick Schwarzenegger (Saxon), Natasha Rothwell (Belinda), Walton Goggins (Rick), Arnas Fedaravicius (Valentin), Jon Gries (Gary) e Charlotte Le Bon (Chloe).

Così sono disegnati i personaggi. Oggetto di satira, certo, e tuttavia mai raggiunti da quella sferzata di feroce ironia, che pure sarebbe opportuna, visto il tasso medio di depravazione. Questa stilizzazione, o appiattimento estetico nel raccontare l’orrore della ricchezza, arrivati alla terza stagione rischia di venire a noia. Non migliora le sorti della serie il finale, dispersivo e privo di pathos.

Tra i molti video che hanno documentato le devastazioni causate dal recente terremoto in Myanmar e Thailandia, uno, forse il più famoso, mostra alcuni turisti in fuga dalla piscina costruita sul tetto di un grattacielo di Bangkok. Mentre loro riescono a salvarsi e l’acqua, debordando, cade giù a precipizio, un lavavetri tenta di aggrapparsi alle pareti che oscillano, a decine di metri dal suolo. Difficile immaginare una dimostrazione più drammaticamente eloquente delle differenze di classe. La scena, traslata nella finzione, sarebbe stata, questa sì, una degna conclusione per la terza stagione di The White Lotus, con una correzione al copione: facendo precipitare nel vuoto Saxon e soci, i soliti banalissimi ricchi senza vergogna.

Titolo originale: The White Lotus – Season 3

Numero di episodi: 8

Durata: 60 minuti ciascuno

Distribuzione: Sky Atlantic

Uscita in Italia: 17 febbraio – 7 marzo 2025

Genere: Dark Comedy, Anthology, Drama.

Consigliato a chi: ha bisogno di un detox digitale, chiede sempre gli ingredienti prima di bere un cocktail, diffida da chi gli dice “sei in gran forma!”.

Sconsigliato a chi: poggia troppo spesso il piede sinistro sul ginocchio destro, crede alla possibilità di una connessione spirituale, ha paura delle lucertole.

Visioni e letture parallele:

  • A proposito di droghe, spiagge e discoteche: Rotting in the Sun (2023) di Sebastian Silva, disponibile su MUBI.

  • Come combattere il fenomeno dell’overtourism: Alex Giuzio, Turismo insostenibile. Per una nuova ecologia degli spazi del tempo libero, Altraeconomia, 2024.

La frase definitiva: “Nessun altro nella storia dell’umanità ha vissuto meglio di noi, nemmeno i re e le regine”.

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