Con il protocollo di Kyoto del 1997, l’introduzione della compravendita dei crediti del carbonio tentò di fornire una risposta pragmatica al problema del surriscaldamento globale. Il meccanismo risultava semplice da mettere in pratica. Alle aziende più inquinanti, in ritardo rispetto agli obiettivi “green” e quindi a rischio di maggiore tassazione da parte dello Stato, era data la possibilità di acquisire quote da altre aziende, in credito e quindi virtuose (o comunque meno dannose per l’ambiente). Anche i governi avevano un accesso diretto al mercato. Il paradosso era macroscopico. La camera di compensazione risultava uno strumento finalizzato sì a mitigare le emissioni inquinanti, senza però rinunciare, incredibilmente… a inquinare! Nei fatti, l’acquisto di crediti corrispondeva a un permesso per continuare ad emettere gas serra nell’atmosfera.
Nel 2008, in un contesto storico caratterizzato dal crollo della gigantesca banca d’affari Lehman Brothers, un evento che segnalava quanto potesse essere pericolosa, per i medi consumatori e per i lavoratori stessi (il fallimento costò il posto a 26mila dipendenti), un’economia cannibalizzata dalla finanza, scoppiò uno scandalo in Francia proprio in relazione al mercato dei crediti del carbonio. Fabrice Arfi, corresponsabile della sezione inchieste del quotidiano online indipendente Mediapart e in questo momento forse il più famoso giornalista investigativo francese, ne ha tratto un libro di grande successo, intitolato D’argent et de sang. Nel 2023 su Canal+ uscì la serie omonima, girata da Xavier Giannoli (Superstar, Marguerite, Illusioni perdute) in collaborazione con Frédéric Planchon. I dodici episodi sono finalmente disponibili sulla piattaforma MyMovies ONE per gli spettatori italiani.
È stata definita la truffa del secolo. Tutto nasce dall’intuizione di piccoli criminali del quartiere parigino di Belleville, fino ad allora impegnati in affari illegali redditizi di piccolo cabotaggio generalmente legati all’appropriazione illecita di aliquote IVA. Si diceva, appunto, di un mercato delle emissioni. La disattenzione del governo francese fu clamorosa. Facciamo un esempio. Chiamiamo il prodotto “X”, dove X possono essere tranquillamente cellulari, macchine agricole o quote di carbonio (non sfugga la banalità di questa equivalenza). Se una società francese acquista X all’estero, per essere precisi da un paese dell’UE, l’IVA non c’è. Ma se li rivende in patria, l’IVA al 19,6 % c’è e, naturalmente, deve essere dichiarata allo Stato. Deve? Diciamo dovrebbe. La truffa sta proprio nella mancata comunicazione al fisco e nel versamento dell’IVA in un conto intestato a una società offshore che poi scompare nel nulla.
Tutto qui? Non proprio. Presto entrarono in gioco i trader finanziari, unici soggetti a poter operare legalmente nel mercato delle emissioni. Dietro i trader, spesso domiciliati in nazioni poco attente all’etica in materia di finanza, si celavano società fantasma create con il concorso di prestanome. Quest’ultime, spesso persone in stato di estremo bisogno (disoccupati, immigrati, prostitute, tossicodipendenti…) costrette a mettere la firma su fogli di carta, alias contratti, di cui non comprendevano assolutamente il contenuto. A rendere tragica la situazione contribuì la scelta incomprensibile dello Stato francese, che attraverso la Cassa depositi e Prestiti garantì l’istantaneo rimborso dell’IVA per somme stratosferiche con conseguente buco nei conti pubblici. Per riassumere: società fittizie, trasferimenti puramente digitali, soldi reali nelle mani della criminalità organizzata.
Contro questo organizzatissimo impero del male, agevolato nelle sue dinamiche dalla cattiva politica, si erge la figura di un uomo, Simon Weynachter, ex magistrato e direttore del Servizio nazionale dogane giudiziarie, un ente con poteri di polizia da lui stesso inventato. Weynachter è interpretato da Vincent Lindon, attore superlativo, vincitore nel 2024 della Coppa Volpi al Festival di Venezia per la migliore interpretazione maschile (Jouer avec le fou). Ieratico, dignitoso e caparbio, Weynachter combatte una battaglia pressoché solitaria in nome e per conto della giustizia. Le serratissime indagini impegnano totalmente Simon, fossilizzandolo in una professione dai contorni etici e valoriali profondi, tanto simile a una missione di vita. La dimensione pubblica, nella sua cristallina durezza, si poggia però su una inconfessabile fragilità personale. Nessuno lo sa, ma Simon è scavato dentro da un dolore sordo, esploso dopo il suicidio della moglie e amplificato dal rancore della figlia nei suoi confronti.
L’ideatore della truffa del carbonio non è un esperto della grande finanza, né un laureato in economia o un matematico dal quoziente intellettivo stratosferico, bensì il semianalfabeta Alain Fitoussi, interpretato dall’attore franco-algerino Ramzy Bedia. Fitoussi, originario di Belleville, epicentro di affari malavitosi basati sulle frodi “carosello” (così chiamate quelle sull’IVA) è soprannominato il Dandy per il suo abbigliamento ricercato ai limiti del pacchiano e in contrasto con il lusso anonimo delle suite d’albergo che frequenta, soprattutto all’estero. Il racconto prende le mosse dai grattacieli e, specularmente, dai bassifondi di Manila. Qui Fitoussi, figlio di un povero macellaio emigrato dalla Tunisia a Parigi, fonda le sue società fantasiose, nominalmente legate al business dell’energia green ma, nei fatti, delle mere scatole vuote. Accanto a lui inizialmente troviamo solo l’amico fraterno Bouli. La comunanza d’intenti criminali non prescinde dal clan. La famiglia è un collante sensazionale. Eppure, per spingere gli affari più in là, serve altro.
Serve un ricco finanziatore, possibilmente spregiudicato. Il suo nome è Jérôme Attias, arrogantissimo speculatore sposato con Annabelle Frydman, la figlia di un uomo estremamente potente e facoltoso con la passione per i cavalli di razza. Casa di 350 metri quadri sugli Champs elysees, McLaren gialla da 400mila euro, jet privato per andare e tornare da Venezia in giornata, la vita del giovane Attias è all’insegna del lusso estremo, del consumo vorace e incondizionato. Fitoussi incontra Jérôme in circolo del poker. L’inclinazione patologica per il rischio accomuna il criminale di strada al collezionista di opere d’arte con un Basquiat appeso sulla testata del letto. Fitoussi e Bouli espongono il loro piano a Jérôme, che fiuta l’affare. Il carbonio, l’Iva, milioni di euro pronti a soddisfare le fantasie più sfrenate. Jérôme e Annabelle, bravissimi nel creare una coppia mai realmente felice, sono interpretati rispettivamente da Niels Schneider (Les Amours imaginaires) e Judith Chemla (Les Choses humaines, Simone Veil – La donna del secolo).
Simon Weynachter capisce tutto. Lo schema della spirale, cioè del denaro che crea altro denaro, colpisce l’immaginazione e rimane in testa. Come contrastare il potere dei soldi? Che armi usare per opporsi alla finanza senza regole? Le idee chiare e distinte di Simon affondano tragicamente nella complessità del reale. Le istituzioni sono lente, impacciate, impotenti. La mancanza di coordinamento tra i dipartimenti di Stato francesi favorisce le azioni criminali. Il colloquio con la ministra, incapace di comprendere la gravità della situazione venutasi a creare, è disarmante. A Simon non resta che sfruttare al massimo i suoi poteri d’indagine. Inizia una caccia al ladro sullo scacchiere internazionale. La banda conduce le sue operazioni da Israele. Dalla truffa dell’IVA si passa agli investimenti immobiliari su larga scala. Ed entra in gioco la mafia russa.
La serie ha un ritmo serrato, almeno per i primi sette o otto episodi, per cedere un po’ alla ripetività nel finale. La sceneggiatura fornisce un’impalcatura solida e compatta al racconto. Le differenze abissali tra la sfera della legge e quella del crimine sono sottolineate dalle differenze cromatiche, i mesti toni grigio-azzurrini degli uffici contro i colori vorticosi dei paradisi artificiali. Il delirio narcistico di Jérôme è ben rappresentato dalla sua gigantografia, serigrafata sul muro del bagno tra due file di armadietti argentati. I ricchi vivono tra cielo e mare. Champagne, ostriche e escort: l’eccesso diventa regola. Il malavitoso Zagury decide di esporre sul suo yacht quadri di Munch, Mondrian e Van Gogh perfettamente riprodotti, ognuno con la firma di un giudice che ha tentato, invano, di arrestarlo. I doganieri, dice Jérôme, sono pezzenti. Per questa ridotta elite di supercampioni dell’elusione fiscale gli uomini di legge sono ridotti, letteralmente, a zerbini da calpestare.
Non c’è una linea che separa i bastardi dalle brave persone. Il messaggio lasciato dalla figlia Émilie nella segreteria telefonica distrugge le speranze di Simon. Per quale motivo non riesce ancora a spiegarsi il gesto della moglie? È colpa sua se la famiglia è andata in pezzi? Senza questa linea narrativa, squisitamente privata, il racconto procederebbe più spedito ma perderebbe di evidenza drammatica e profondità. Il lavoro serve a Simon per sfuggire al caos. Émilie conduce una vita randagia sotto l’effetto del crack. L’ex magistrato le invia periodicamente somme di denaro per tenerla ancorata a sé nell’ipotesi, forse remota, di riportarla a casa. Le periferie devastate dall’incuria, con le loro macerie e le auto bruciate, costituiscono così un terzo scenario, a margine dei mondi principali rappresentati nella serie. Un cattivo ragazzo che vede in Émilie un bancomat vivente l’accompagna in un triste pellegrinaggio, tra tentativi di disintossicazione e inevitabili ricadute. L’austero Weynachter si affida a telefonate ricevute a tarda sera da numeri sconosciuti. Le richieste di riconciliazione sono simili a preghiere e i ricordi si insinuano a tradimento.
Il fattore ebraico è un elemento portante della serie, un aspetto considerato da diverse angolature e perfino calcato con una certa enfasi. Ebrei sefarditi originari del Nordafrica sono Fitoussi e Bouli, ebreo osservante è il padre di Annabelle, ebrei convertiti al cristianesimo erano i genitori di Weynachter che, a sua volta, dice di sentirsi, solo ora, nel pieno di una crisi esistenziale e a cospetto del caso più difficile della sua carriera, veramente ebreo. Parte delle scene sono ambientate (e realmente girate) a Tel Aviv, dove Simon ritrova un’amica poliziotta, l’unica a intuirne l’intima fragilità. A dispetto del politically correct, l’avidità e l’astuzia hanno il volto di ebrei che usano il numero 26, il più sacro della Torah, per tracciare le proprie transazioni. D’altro canto, l’ebraismo è fonte di scoperte per Simon. Il saggio capo della sinagoga gli fornisce un importante chiave di lettura (“le anime parlano senza proferire parola”). Ma è soprattutto la mistica a indirizzarlo verso la luce. Nella serie ci si imbatte nel concetto cabalistico della riparazione del mondo (Tikkun Olam). È un vocabolo usato in riferimento al mito della distruzione dei mondi e della successiva restaurazione.
Of Money and Blood è un compendio di fenomenologia del denaro, anche in un’accezione prettamente fisica. Le banconote sono soggette a ogni possibile trattamento: lisciate con il ferro da stiro per sviare da ogni sospetto di riciclaggio, sepolte in un buco nel tentativo di costituire un tesoretto personale (Fitoussi e Bouli agiscono in nome di una personale vendetta di classe), bruciate su un barbecue in modo da non lasciare tracce, lanciate in aria per volgare esibizionismo. La definizione senza appello è di Jérôme. I soldi sono acqua. Vanno e vengono, come onde. Non conoscono argini. Diventano uno tsunami e travolgono tutto, parlamenti, regole e democrazia, sul proprio cammino.
Titolo originale: D’argent et de sang
Numero di episodi: 12
Durata: 50 minuti ciascuno
Distribuzione: MyMoviesONE
Uscita in Italia: dicembre 2024 – febbraio 2025
Genere: Drama, Thriller, Biographical.
Consigliato a chi: apprezza la sincerità degli avvocati, ha una zietta del cuore, non sa quanto posto prendano 5 milioni.
Sconsigliato a chi: detesta le banane, desidera un anello a forma di teschio, ha dimenticato un orologio appeso al volante.
Visioni e letture parallele:
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Quando la transizione ecologica mette a repentaglio l’ambiente locale: Nuova Zelanda: il paradosso delle “fattorie di carbonio” , disponibile su ARTE
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Come è stato possibile che potere della finanza sia cresciuto su se stesso senza una politica capace di regolarlo? Giovanni Gozzini, Ecologia del denaro. Finanza e società nel mondo contemporaneo, Laterza, 2024.
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Il global warming spiegato ai bambini: Isabella Giorgini, Il girotondo del carbonio. Un viaggio nella storia per capire il cambiamento climatico, Editoriale Scienza, 2023.
Un discorso: “La nostra casa brucia e noi guardiamo altrove” (Jacques Chirac, 2002).

