Leopardi. Il poeta dell’infinito **
La serie Tv prodotta da Rai Fiction, Leopardi il poeta dell’infinito si inserisce in un quadro di ripresa di biografie di italiani illustri (Mameli, il ragazzo che sognò l’Italia; Marconi, l’uomo che ha connesso il mondo) e di temi letterari (L’Amica Geniale, Il Conte di Montecristo). In un periodo storico in cui l’identità ha una posizione privilegiata nel dibattito culturale e l’interesse nazionale in quello politico, le produzioni televisive, specchio dei tempi, non possono che riflettere queste tendenze. Si avverte in molteplici produzioni, non solo italiane: basti pensare a Senna di Netflix: al di là dell’intento apologetico, la serie delinea con cura il rapporto privilegiato tra Senna ed il suo paese, il Brasile. Così in questa produzione Rai la vita e le opere di Giacomo Leopardi sono anche l’occasione per trasmettere il senso di oppressione che gravava sull’Italia in quegli anni di dominazione e censura straniera, per quanto questo a Leopardi poco importasse, al di là dei problemi nel pubblicare le proprie opere, che peraltro dipendevano non solo dalla censura straniera, ma anche da quella ecclesiastica. A più riprese Antonio Ranieri parla dell’amico come del più grande poeta italiano, come se la poesia fosse iscrivibile negli angusti confini di una nazione, per quanto grande o bella questa possa essere. Del resto il desiderio di rivendicare l’italianità di Leopardi emerge dalle dichiarazioni di Rubini ad Avvenire: “E’ sotto gli occhi di tutti che siamo circondati da storie che non arrivano dal nostro Paese. Niente di male, ma dobbiamo anche ricordarci della nostra storia”. Ancora una volta i media rappresentano uno specchio dei tempi, utile per confrontarsi con le idee della nostra società e per cogliere come alcuni messaggi politici siano veicolati in modo indiretto.
Questa miniserie in due episodi nasce dalla passione da parte di Sergio Rubini per il mondo artistico di Leopardi; con una mossa coraggiosa e al contempo accattivante, la sceneggiatura, realizzata dal regista pugliese insieme a Carla Cavalluzzi e ad Angelo Pasquini, intende sgombrare il campo dall’idea che il pensiero di Giacomo sia stato influenzato in modo radicale dalla sua malattia e dalla sua sofferenza fisica. Per questo Rubini decide di privarlo di uno dei suoi connotati fisici, per così dire iconici e cioè la gobba. Leopardi, interpretato in modo discontinuo da Leonardo Maltese, appare quindi come un giovane gracile, timido, pensieroso, ma senza malformazioni di sorta. Lo seguiamo passo dopo passo a partire dall’infanzia, trascorsa tra le grandi stanze di Palazzo Leopardi. In questa parte del racconto troviamo un giovane pieno di energia e di voglia di vivere: sono i momenti più riusciti a livello rappresentativo e davvero ci sembra di trascorrere del tempo insieme a Giacomo, Carlo e Paolina, sospesi tra la noiosa educazione impartita dai precettori ecclesiastici e i mille giochi inventati tra le stanze e il giardino di casa.
Peraltro anche il rapporto con il padre Monaldo è delineato in modo efficace e l’interpretazione di Alessio Boni riesce a raccontare un padre da un lato innamorato delle potenzialità della mente del figlio e dall’altro preoccupato per la sua salute: due condizioni che lo portarono a volere non solo indirizzare, ma controllare Giacomo. Il loro rapporto, inizialmente molto intenso, si andò progressivamente sfilacciando, proprio per quest’ansia di controllo che Giacomo viveva come un modo di imprigionarlo e tenerlo lontano dalla vita.
Quel misto di affetto, rispetto e delusione reciproca che li accompagnerà dal 1819, l’anno in cui Giacomo cercherà senza successo di fuggire da Recanati, viene ben descritto e assume i tratti dell’incomunicabilità, senza eccessi retorici e con un tocco delicato. Adelaide Antici finisce invece per essere una figura assente, senza quell’umanità che comunque caratterizza Monaldo: viene descritta per sottrazione, con cenni che non bastano a delineare un personaggio, ma che ne fanno intravedere il carattere austero e la mancanza di affettività. Sui fratelli vale un discorso diverso, essi vengono rappresentati in modo realistico, come spalle di Giacomo: solo il rapporto privilegiato tra Giacomo e Paolina trasmette però emozioni intense.
Superata l’infanzia e gli anni di studio matto e disperato, dal punto di vista narrativo il centro del racconto appare, soprattutto nel secondo episodio, il triangolo composto da Leopardi-Ranieri-Fanny Targioni Tozzetti (Giusy Buscemi), la donna a cui Giacomo dedicò versi degni dell’amore (e dell’odio) di Catullo per Lesbia. E’ una scelta che si abbina a quella di presentare Giacomo senza malformazioni fisiche: il poeta è un compagno di scherzi prima e un uomo innamorato e non corrisposto dopo, con una sfumatura che riecheggia Cirano di Bergerac, quando scrive lettere d’amore al posto dell’amico e sodale Ranieri. Presentare Leopardi in questa luce lo rende più umano, più vicino agli adolescenti o ai tanti che nella vita hanno subito delusioni d’amore? Può essere, ognuno risponderà per sé, di certo questo sposta la serie verso il dramma romantico in costume. Una scelta lecita, se teniamo presente che l’intento dell’autore non è realizzare un documentario, ma piuttosto proporre dell’intrattenimento con un racconto ispirato alla vita di Giacomo Leopardi, suscitando interesse per la figura del poeta anche tra coloro che ne hanno sentito parlare solo a scuola e spesso in modo stereotipato.
A fronte di questa consapevolezza perdono forza molte delle critiche mosse alla serie, ma dal mio punto di vista emerge la pochezza del meccanismo narrativo basato su due racconti “in assenza”: nel primo episodio, ambientato nel 1837, Ranieri, per convincere Don Carmine (Alessandro Preziosi) a seppellire il poeta, gli racconta la prima parte della sua vita, mentre nel secondo, ambientato a casa Ranieri, Antonio ripercorre con Fanny gli ultimi anni del poeta a Napoli. Sono chiaramente due pretesti, ma portano con sé una costruzione troppo artefatta e retorica per riuscire a coinvolgere proprio quelle giovani generazioni a cui la serie si rivolge. La sensazione è quella di trovarsi in un racconto confezionato con cura, ma poco coinvolgente ed emozionante: i colpi di scena sono rari e assolutamente prevedibili. Anche il tono surreale, che nel finale acquista maggior spazio, ci appare decontestualizzato e sostanzialmente fuori registro rispetto al resto del racconto.
Nel complesso la serie mostra quindi qualche limite di scrittura, ma non solo. Si ha la sensazione di un prodotto sospeso tra il desiderio di rendere omaggio e aggiornare la figura di Leopardi e quello di intrattenere il pubblico con un racconto in costume dal valore storico e sociale. Due aspetti che non risultano ben amalgamati e che si scontrano con i fatti limitati della vita di un uomo che ha vissuto tantissimo dentro di sé, ma poco fuori di sé. Leopardi del resto ha amato, ha viaggiato, ha combattuto le idee del suo tempo, ha dimostrato coraggio in molteplici occasioni, ha frequentato saloni e circoli letterari portando una personalità tutt’altro che noiosa e banale, ma questo materiale non viene fatto vivere, viene solo rappresentato. La scelta poi di seguire una sola linea narrativa, facendo leva su due flashback poco credibili e pretestuosi, non aiuta.
Leopardi il poeta dell’infinito ha avuto un discreto successo in termini di pubblico, ottenendo in prima serata uno share del 24% e superando ampiamente la concorrenza sulle altre reti. Speriamo che tra gli oltre 4 milioni di spettatori ci sia qualcuno che senta l’impulso di leggere e rileggere le opere di Leopardi, andando al di là dell’intrattenimento, per affrontare davvero un viaggio d’infinita bellezza.
TITOLO ORIGINALE: Leopardi. Il poeta dell’infinito
DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 60 minuti
NUMERO DEGLI EPISODI: 2
DISTRIBUZIONE STREAMING: Rai Play
GENERE: Drama Biography
CONSIGLIATO: a quanti conoscono la vita di Leopardi e vogliono godere, anche solo a sprazzi, della rievocazione delle atmosfere del tempo, soprattutto dell’infanzia del poeta. La visione può interessare anche a quanti cercano un dramma romantico in costume, a prescindere dal protagonista.
SCONSIGLIATO: a quanti si aspettano un’opera emozionante e immersiva. Il racconto della vita e delle opere di Leopardi è piuttosto tradizionale, soprattutto nelle scelte narrative e i due flashback tengono lo spettatore, per cosi dire, a distanza, come un osservatore separato dal racconto.
VISIONI PARALLELE: per quanti desiderano conoscere l’uomo oltre al poeta consigliamo la lettura delle lettere di Leopardi. Sono presenti in commercio numerose edizioni, divise per tema o per interlocutore (la sorella Paolina, l’editore Stella, la Brighenti, etc.). Monumentale la “La vita di Giacomo leopardi attraverso il suo epistolario” di Mario R. Storchi, ma per una sintesi consigliamo la versione delle Lettere nell’edizione dei Meridiani di Mondadori.
UN’IMMAGINE: Leopardi che legge a Paolina e Carlo le sue Operette Morali, come fossero una favola. Qui c’è del buono perché viene delineato in modo intimo e privato quanto Leopardi desiderasse essere letto: egli scriveva per un pubblico ampio, anche quando parlava di filosofia. La lingua delle Operette e dei Pensieri, colta ma essenziale, vuole raggiungere un pubblico vasto, con un’urgenza divulgativa maggiore che nella poesie.
