Senna: adrenalina e ispirazione in una serie che parla a tutti

Senna ***1/2

Alla fine di ogni episodio ti rimane nelle orecchie il rombo dei motori, mentre il palato quasi riassapora la musicalità della lingua portoghese e il cervello ricorda emozioni e immagini del passato. Forse l’ultima dimensione non coinvolgerà tutti, perché qualcuno era troppo piccolo negli anni ’90 (o non era neppure nato) per ricordare le pubblicità delle sigarette sulle monoposto di Formula 1 o i caratteri, oggi quasi infantili, con cui si rappresentava la classifica dei piloti. Un peccato. Per la visione, s’intende. La dimensione del ricordo personale rappresenta infatti un importante valore aggiunto quando si viaggia a ritroso nel tempo e anche quanti non erano interessati alla Formula 1 difficilmente possono dire di non essersi imbattuti la domenica pomeriggio in TV in due auto biancorosse, una attaccata all’altra, impegnate a sfrecciare tra le curve di questo o quel circuito. Al volante di quelle vetture, della scuderia Mc-Laren, sedevano il francese Alain Prost e il brasiliano Ayrton Senna da Silva, due campioni di classe cristallina, ma anche due personalità molto diverse, due piloti così lontani da tutti i punti di vista da rappresentare un mix esplosivo. I numeri forse non sono tutto, ma a mio parere dicono tanto: insieme Senna e Prost hanno vinto 7 titoli mondiali e 92 Gran Premi e sono stati, al di là della rivalità sportiva, una delle coppie meglio assortite della storia della Formula 1. La serie si sofferma su questa rivalità, perché è il sale di tutte le storie sportive, ma non è Alain Prost il vero antagonista di Senna: è piuttosto il sistema ad essere il suo principale avversario, per quanto in alcune specifiche circostanze Prost appaia così a suo agio in questo sistema da rappresentarne un’emanazione.

Al di là di quella del ricordo, le altre due dimensioni del racconto sono per tutti. La prima è l’accuratezza immersiva della rappresentazione del mondo della F1, che ho sintetizzato nel rumore dei motori. Del resto per un appassionato di motori è quel particolare rombo a far accapponare la pelle: basti dire che per farlo rivivere con fedeltà la produzione ha recuperato le registrazioni originali dell’epoca.

Le monoposto sono state ricostruite da un artigiano specializzato che ha consentito agli attori principali (le altre monoposto avevano solo lo scheletro, mentre alla carrozzeria ci ha pensato la grafica digitalizzata) di guidare una vera vettura di F1 degli anni ’90. Pari cura è stata messa dai maestri di scena anche nella ricostruzione degli oggetti utilizzati dai piloti: tute, caschi, cartellini, mentre la scenografia è stata aumentata in modo preciso dalla tecnologia che ha permesso di ricostruire i tracciati a partire da un numero naturalmente molto limitato di circuiti reali, per lo più situati in Argentina. Guardando la serie si ha davvero la sensazione di essere in pista con Senna. Discorso analogo si può fare per il mondo glamour che circondava i piloti o per le scene di vita quotidiana che scorrono parallelamente alle gare: il budget, peraltro importante, è stato sfruttato con accuratezza.

La terza dimensione è quella della lingua portoghese, così importante perché restituisce, con cadenza e musicalità peculiari, il legame tra il popolo brasiliano e il suo campione. Il Brasile non aveva mai avuto, fino a Emerson Fittipaldi prima, e a Nelson Piquet e Senna poi, piloti campioni del mondo e in generale all’epoca gravava sui sudamericani il preconcetto di uno stile di guida troppo grintoso, per molti aspetti spericolato. Senna, a differenza dei suoi predecessori, rappresentava però un modello che travalicava i confini dello sport: era un esempio per tutti coloro che nel Paese volevano emanciparsi da una qualche forma di sudditanza verso l’establishment, anche internazionale. La la sua lotta contro la Federazione e in particolare contro il suo dirigente apicale, Jean-Marie Balestre, aveva infatti assunto un valore simbolico: il Brasile era una grande nazione e i brasiliani non erano inferiori a nessuno. Le immagini del funerale di Senna del resto sono emblematiche dell’amore dei suoi connazionali per ‘Beco’.

Beco è il soprannome con cui in famiglia chiamavano Ayrton Da Silva, noto come Senna perché decise di utilizzare il cognome della madre, in omaggio al nonno siciliano e al suo coraggio nell’emigrare, nel lontano 1894, in Brasile. Non venne mai meno al suo nome, dalle prime gare sui go-kart fino al successo in Formula 1, passando per la F3 e la Formula 2000. La serie ha coinvolto nella scrittura la famiglia di Senna e quindi non stupisce che la chiave di lettura della vita del campione dedichi sempre molto spazio al rapporto con la madre, il padre e la sorella. La dimensione familiare fu del resto sempre centrale nella vita di Senna, così come la fede in Dio, anche se questo aspetto viene poco approfondito dalla narrazione. Il contributo della famiglia permette quindi di illuminare diversi aspetti, diciamo così, più intimi della vita di Beco e ne ricostruisce con pregevole cura l’ascesa sportiva, ma ha come contrappasso la limitazione dello spazio dedicato a quelle pulsioni meno nobili dell’animo del campione. Innanzitutto la furia agonistica, che viene qui piuttosto declassata a indefessa volontà di vincere, ma che in pista poteva prendere pieghe veramente travolgenti, come dimostrano le numerose liti con gli altri piloti. Ci sono poi i molti amori di Senna che vengono relegati al ruolo di comparse in una narrazione tutta centrata sul lavoro e la famiglia, con poche distrazioni. Sono punti di vista, angoli visuali, ma certo è innegabile che il racconto presenti qualche accentuazione retorica nella presentazione di Senna come modello, come esempio di uomo che sacrifica tutto per raggiungere il suo sogno. Una lettura peraltro lecita: Senna è stato anche questo, ma l’accentuazione dei tratti esemplari rischia di trasmetterne una visione troppo patinata.

Abbiamo detto della qualità tecnica del racconto, lo stesso è giusto dire per gli attori e in particolare per il protagonista, Gabriel Leone che ha saputo calarsi nei panni di Senna con grandissima umiltà e impegno. Riesce a restituire, soprattutto a livello fisico, la gestualità di Senna, con un lavoro importante sui movimenti nell’abitacolo, durante le gare. Ottima anche l’interpretazione di Mat Mella, un Alain Prost davvero convincente, e di Johannes Heinrichs, nei panni di Niki Lauda.

Nel complesso una serie emozionante, che immerge nel mondo della F1 anche chi non è un appassionato di motori e che ispira, dà fiducia, libera la speranza di poter realizzare i propri sogni “con grande determinazione, con molto amore e profonda fede in Dio” come ci ricorda direttamente Senna, nel frammento con cui si chiude l’ultimo episodio.

TITOLO ORIGINALE: Senna

DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 60 minuti

NUMERO DEGLI EPISODI: 6

DISTRIBUZIONE STREAMING: Netflix

GENERE: Biopic Drama Sport

CONSIGLIATO: sarebbe banale dire a quanti non conoscono la vita di questo grande pilota. Però lo diciamo lo stesso! E aggiungiamo il consiglio di visione a quanti sono alla ricerca di ispirazione nella vita di tutti i giorni.

SCONSIGLIATO: a quanti cercano un documentario o un racconto asettico: non è questo il caso, la narrazione è infatti orientata da un punto di vista ideologico, cioè quello della famiglia di Senna.

VISIONI PARALLELE: The Last Dance, la storia di Michael Jordan e dei Chicago Bulls. Anche qui molti ritroveranno un eroe sportivo degli anni ’90, ma anche un campione capace di ispirare migliaia di persone in tutto il mondo e di farle innamorare del gioco della pallacanestro.

Un’immagine: Senna che viene aiutato ad alzare il trofeo al termine del Gran Premio del Brasile di Interlagos, il 24 Marzo del 1991. Distrutto, senza più energie, con i muscoli contratti per lo sforzo di guidare l’auto e di tenerla in pista con il cambio bloccato in sesta marcia, quest’immagine rappresenta un mix potente di forza e debolezza, un eroe semidivino che ha completato le sue fatiche e che ora appare nella sua umana fragilità.

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