Il lungo muro nero che si erge al confine tra gli Stati Uniti e il Messico divide un territorio che appare contiguo e uniforme, ma che ha avuto indubbiamente uno sviluppo molto diverso nel corso dell’ultimo secolo.
Il sogno americano di molti emigrati che provengono da Guatemala, El Salvador e Honduras, dove la vita di strada prevede solo la morte o l’affiliazione con il clan o la banda, si infrange a partire dal 2016 sulle nuove politiche dell’amministrazione Trump.
An American Tragedy, così si intitola il libro di Jacob Soboroff, corrispondente politico della NBC da cui prende le mosse Separated.
Sfruttando le istituzioni per il ricollocamento dei minori non accompagnati, i nuovi zar dell’Immigrazione, del Department of Justice e della Homeland Security, decidono a partire dal 2016 di separare consapevolmente le famiglie che entrano illegalmente nel Paese, incriminando i genitori e deportando i figli come se viaggiassero da soli, piegando il senso della legge, forzando i principi costituzionali e creando, come deterrente supremo agli ingressi, migliaia di orfani, strappati ai propri genitori, alcuni ancora in fasce.
Reclusi nelle gabbie che un’inchiesta della NBC e del New York Times hanno mostrato al mondo, oppure in location che assomigliano più a istituzioni carcerarie per minori che a centri per l’assistenza e il reinserimento, questi orfani di Stato sono il vergognoso lascito di una policy che l’amministrazione Trump ha implementato senza nessun vero annuncio e nessuna nuova norma, sfruttando le maglie larghe delle norme e del consenso, piegando il diritto all’arroganza del Potere e cercando di dissuadere nel modo più brutale e disumano i nuovi ingressi clandestini.
Il lavoro di Errol Morris è un grande documentario d’inchiesta, che coinvolge alcuni dei funzionari pubblici che hanno subito o alimentato tali politiche, i giornalisti che ne sono stati testimoni, recuperando le comunicazioni ufficiali, le immagini di repertorio e montandole assieme a brani di fiction riprese sul percorso di chi ogni notte cerca di attraversare il muro.
Come sempre asciutto e documentato, analitico e alla fine implacabile nella sua amarezza, Morris mette in fila le parole e le immagini, in una logica implacabile e a tema.
Separated non sarebbe stato possibile senza l’attività dei whistleblower e dei civil servant, dei funzionari che si sono opposti e hanno fatto resistenza (Elaine Duke, ex capo ad interim del Dipartimento della sicurezza interna, Jallyn Sualog, burocrate dell’Ufficio per il reinserimento dei rifugiati, Jonathan White, funzionario del Dipartimento della salute e dei servizi umani).
Ne escono ovviamente a pezzi coloro che hanno scelto in modo complice, convinto o servile si dire di sì: un manipolo di spietati arrivisti, su cui si erge Kirstjen Nielsen, segretario della Homeland Security, a cui la fedeltà cieca alle richieste presidenziali non ha portato molta fortuna.
Forse funzionano meno gli inserti cinematografici, come accade sovente nei suoi lavori, ma il suo rimane un lavoro necessario e politico, nel senso migliore del termine.
Secco e incalzante, Separated mostra una realtà indicibile, che la velocità vorace della cronaca ha presto dimenticato e che invece, come mostrano le immagini finali delle dichiarazioni recenti dell’eterno candidato Trump, è vicina a tornare.

