Cannes 2024. The Invasion

The Invasion **1/2

A dieci anni di distanza dal suo epocale Maidan, Sergei Loznitsa porta a Cannes un nuovo documentario che racconta la quotidianità di un Paese sotto attacco.

Trenta storie diverse, che i suoi operatori hanno raccolto in tutta l’Ucraina nel corso di due anni di riprese e che il regista ha assemblato a Kiev, in un lavoro di montaggio come al solito invisibile, lasciando alle immagini, ai corpi e ai luoghi la capacità di raccontare senza interferenze: niente voci off, niente cartelli, niente didascalie, nessun riferimento temporale, se non un evidente alternarsi delle stagioni.

Il film si apre con i rintocchi di una campana che annunciano un funerale, poi le bare vengono trasportate a Piazza Maidan mentre la macchina da presa inquadra a lungo un pugno chiuso con due garofani rossi. L’acqua potabile viene raccolta in taniche ad una fonte, mentre gli ucraini in fila maledicono l’invasore russo.

Assistiamo al matrimonio civile di un soldato, in divisa, quindi ad altri funerali, a libri mandati al macero e ad esercitazioni di civili in un campo militare di addestramento. Quindi ci spostiamo in ospedale in un reparto maternità, dove il figlio di uno dei soldati è appena nato.

E’ Natale e dei bambini accettano i regali di un Santa Claus improvvisato, mentre in palestre e piscine assistiamo alla riabilitazione di chi ha perso braccia e gambe nel conflitto.

Gli sminatori fanno brillare i campi, un ponte distrutto prelude a nuova macerie, quelle di una scuola, in cui è rimasto solo un cane lupo a fare da guardia.

I rumori di ordigni e di sirene in lontananza si rincorrono, in attesa della cerimonia ufficiale del giorno dell’indipendenza ucraina nel quale accanto ai discorsi rimangono i volti di chi ha sacrificato la propria vita al fronte.

Il film di loznitsa vuole essere una testimonianza a futura memoria del suo Paese negli anni della guerra. La vita continua, verrebbe da scrivere, ed è davvero così, perché The Invasion si concentra sulla popolazione civile, su coloro che non sono direttamente impegnati nel conflitto, ma ne subiscono le conseguenze, dirette e indirette.

Loznitsa non ha timore di impegnare tutto il tempo necessario a dare una dignità alle persone che la sua macchina da presa decide di inquadrare: una anziana signora che recupera i mattoni dalle macerie o una donna che piange il marito caduto, una celebrante di matrimoni, come una madre con il suo piccolo bambino.

L’ha pensato come una raccolta di sonetti, in cui “il cerchio della vita viene invaso dal respiro glaciale della morte”.

Eppure il suo film respira sempre allo stesso ritmo, si attende invano uno scarto, una sintesi, un squarcio della realtà, che non arriva mai, in un film che vuole essere resistenziale e che mette tutti sullo stesso piano, nell’idea democratica di un popolo che risponde unito e solidale all’invasione.

Le riprese sono cominciate a marzo 2022 e il lavoro di assemblaggio si è protratto a lungo fino al tardo autunno del 2023. Il film è privo di enfasi e cerca di evitare ogni retorica, incapace di usare il cinema per provocare emozioni inutili. Loznitsa ci chiede di guardare i volti, di osservare i corpi, di fare attenzione al paesaggio: tutto ciò che conta è già evidente.

Per il regista il successo della rivolta di Maidan e la fuga di Yanukovich è stato l’inizio vero di un conflitto scoppiato solo molti anni dopo. E quindi siamo di fronte ad una guerra molto più lunga di quella che immaginiamo, che ha avuto effetti devastanti sulla popolazione ucraina.

Loznitsa ha dedicato molta parte della sua attività di filmaker a raccontare il lungo crollo dell’Impero sovietico e tutte le guerre, i conflitti e le tragedie di questa eclissi lunga ormai un secolo. In fondo anche questa invasione è uno dei frutti più maturi di quel collasso e di quella devastazione.

Più esplicitamente che in passato Loznitsa ha inteso dedicare il suo lavoro al popolo ucraino: “Da ormai 10 anni l’Ucraina combatte contro un nemico pericoloso e subdolo. E questo è il popolo ucraino, il suo coraggio, la resilienza, l’eroismo, la solidarietà e il potere invincibile del loro spirito, che sostengono quella battaglia”.

 

 

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