How To Have Sex

How To Have Sex **

Il film d’esordio di Molly Manning Walker, presentato a Un certain regard a Cannes l’anno scorso è una cartina di tornasole dell’ossessione tutta contemporanea per i limiti del sesso, soprattutto nella generazione degli adolescenti ritratti nel film.

E’ anche uno di quei lavori che sembrano fatti apposta per dividere e confondere invece di chiarire i confini di una sessualità che dovrebbe essere sempre consapevole e consensuale.

Purtroppo la parte centrale di How To Have Sex appare troppo costruita a tavolino e giocata sull’ambiguità di quello che accede realmente alla protagonista, prima avvolto da un’ellissi e poi ricostruito in modo manipolatorio, attraverso una serie di flashback che cercano di spiegare il disagio e l’estraneità crescente della ragazza.

Ma forse è opportuno cominciare dall’inizio: How To Have Sex racconta di tre adolescenti inglesi – Tara, Em, Skye – in vacanza a Malia, Creta, in un villaggio in cui si passano le giornate a bere, ballare e prepararsi per notti ancora piene delle stesse cose e inevitabilmente di sesso fugace, liberatorio, poco consapevole.

Le tre fanno amicizia con i vicini di stanza, il biondo e ingenuo Badger, l’ambiguo e scostante Paddy e Paige, che è lesbica come Em.

L’obiettivo dichiarato della sfrontata Tara è perdere la verginità. E Malia sembra essere il posto migliore e peggiore al tempo stesso: una festa ininterrotta a cielo aperto, con pessima musica stordente, alcool a fiumi, droghe e ormoni in subbuglio, affrontata con vestiti di spandex che coprono solo lo stretto necessario.

Fra Tara e Skye ci sono complicità, solidarietà femminile, ma anche competizione per le attenzioni dei ragazzi, in particolare di Badger, che sembra flirtare con Tara, ma poi l’abbandona per fare il protagonista di una stupida animazione sul palco in una delle feste.

Ed è in questo spazio che si insinua Paddy, trasformando la Best Holiday Ever in un piccolo incubo per Tara. Possiamo intuire cosa sia successo tra i due ragazzi sulla spiaggia, ma il film ce lo nega. Divide i due personaggi e poi ci mostra la ragazza vagare affranta e turbata nella notte di Malia, finire in una villa di altri ragazzi e poi tornare alla sua camera solo il giorno dopo…

Il film di Molly Manning Walker nasce da un’esperienza personale scioccante e da un’osservazione dell’adolescenza piuttosto efficace, che in certi momenti richiama la desolazione malinconica di Aftersun.

L’estate che racconta è un momento di passaggio piuttosto importante: le tre ragazze attendo i risultati dei loro esami e stanno per decidere cosa fare della loro vita da adulte.

Il film si muove in uno spazio sensoriale sovreccitato con grande sincerità e spirito realistico soprattutto all’inizio, nel racconto delle giornate perdute e delle notti sempre troppo cariche di attese di queste improbabili studentesse in vacanza, cha passano da bevute esagerate ad hangover devastanti in un ciclo senza fine. Le tre protagoniste sono indovinate e hanno volti e corpi che trasudano verità, la macchina a mano le pedina, il montaggio elettrico ne asseconda il continuo movimento, i colori saturi della fotografia le accompagnano nelle notti illuminate.

Il problema è quando l’osservazione naturalistica di una serie di piccoli eventi insignificanti e comuni, immersi nella vitalità contagiosa e sconsiderata della giovinezza, si vuole trasformare in un apologo in cui ciascuno assume un preciso ruolo: la vittima designata, il perfido colpevole, l’amico inconsapevole, l’amica insensibile e traditrice.

Nel farlo poi Molly Manning Walker utilizza gli strumenti del cinema in modo troppo consapevole, rompendo il patto spettatoriale e manipolando la messa in scena realistica della prima parte, per creare in modo surrettizio dubbi e colpe in modo esemplare, imboccando il suo pubblico con una retorica che non vuole mostrare nulla, ma semplicemente dimostrare una tesi. O forse venire a patti con una ferita personale che ancora non si è rimarginata.

E qui forse è giusto fermarsi, perché talvolta il peso emotivo finisce per travolgere la lucidità dell’autore.  Per questo attendiamo il nuovo lavoro di Molly Manning Walker certamente con più interesse di questo suo esordio, che mostra un innegabile talento. 

Molto interessante anche Mia McKenna-Bruce nei panni della protagonista Tara: chissà che non la ritroveremo presto su set più importanti.

Resta il dubbio che questo film, molto ben accolto a Cannes e poi nelle sue uscite cinematografiche, riesca a parlare più chiaro alla generazione che rappresenta, ovvero il destinatario privilegiato delle sue riflessioni.

In Italia con Teodora e poi su Mubi.

 

 

 

 

 

 

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