Billions: la minaccia al cuore della nazione è l’ultima sfida per Rhodes e Axelrod

Billions – settima e ultima stagione ***

Quando tutto sembra perduto e la sconfitta appare tanto bruciante quanto irreversibile, Billions ci ricorda quanto illusoria sia la realtà, quanto le prospettive possano essere differenti e gli inciampi solo momentanei ed anzi necessari alla riuscita di un piano molto più complesso e raffinato.

Il twist finale è stato uno degli strumenti più efficaci usati dagli showrunner Brian Koppelman, David Levien e Andrew Ross Sorkin per ribaltare le attese e rimettere in discussione le posizioni e i vantaggi acquisiti nel corso delle stagioni, trasformate in grandi partite a scacchi tra personaggi bigger than life, il cui esito è rimasto incerto sino allo scacco.

Uscito di scena Bobby Axelrod, il finanziere senza scrupoli verso cui il procuratore del Distretto Sud di Manatthan, Chuck Rhodes, ha condotto la sua battaglia non solo professionale, ma anche personale, il suo posto è stato preso dal mellifluo Mike Prince, solo apparentemente illuminato e progressista, ma in realtà animato da un culto personale continuamente alimentato dai suoi successi fino a spingerlo a pensarsi infallibile e provvidenziale.

Nella sesta stagione Prince non si fa scrupolo di usare tutto il suo potere per far rimuovere Rhodes dal suo incarico di Attorney General, sottraendogli anche la sua collaboratrice più ambiziosa, Kate Sacker.

Mentre Rhodes nel tentativo di incastrare Prince è finito persino agli arresti e lavora a restaurare la sua popolarità e a recuperare il suo ruolo all’interno della procura, Prince si è deciso a fare il grande salto, candidandosi come indipendente alle elezioni presidenziali. L’appoggio di un potente lobbista democratico – che apprezza il suo decisionismo spregiudicato, anche rispetto all’uso delle armi nucleari – unito alle sue disponibilità economiche illimitate, lo spingono in testa alla corsa presidenziale.

Wendy Rhodes, l’ex moglie di Chuck che lavora come performance coach proprio per Prince, ha compreso però sino in fondo la pericolosità delle sue ambizioni e trama nell’ombra assieme al marito e ai fedelissimi di Bobby Axelrod – Wags e Taylor – per bloccare in qualche modo l’ascesa inarrestabile del candidato.

Il complotto interno alla MPC viene però scoperto dall’invasivo sistema di videosorveglianza introdotto da Prince e ogni tentativo di ostacolare l’ascesa del finanziere verso la Casa Bianca, sembra inefficace.

Nella stagione finale di Billions gli autori sembrano voler andare ancor più in profondità nell’analisi del sistema capitalistico americano, mostrando come l’ascesa di questi nuovi self made men dalla ricchezza infinita e dal potere sempre più esteso anche nell’influenza dell’opinione pubblica, minaccino di trascinare il Paese in un nuovo incubo trumpiano ancor più pericoloso e radicale.

In un’America divisa e logora, in cui nessuno si fida più degli altri e il sistema bipartisan sembra non riuscire più a funzionare, preda di ossessioni complottistiche, fake news, forze esplicitamente sovversive e abusi che forzano il dettato costituzionale fino a piegarlo ad esigenze di parte, ecco che la tentazione di affidarsi all’uomo della provvidenza, ad una sorta di semidio onnipotente alla Elon Musk può essere meno implausibile di quanto appaia.

E allora quella stessa spregiudicatezza finanziaria che la serie ha eletto a suo fulcro – facendone il campo di battaglia fra trader avidi e senza scrupoli e procuratori animati da ideali democratici e da ambizione, in pari misura – si trasferisce nell’assalto alla Casa Bianca.

Mike Prince è un personaggio costruito su un arco narrativo lungo tre stagioni: prima incarna l’alleato di Rhodes, il volto umano del capitalismo, attento alle istanze green e al politicamente corretto; poi si rivela assai più ambiguo e pericoloso di Axelrod, perché alla stessa avidità spregiudicata del primo unisce una ferocia ben nascosta; infine quando il velo cade e l’ambizione lo spinge verso il potere assoluto, si dimostra una minaccia imprevedibile per la democrazia da fermare ad ogni costo.

E così come accaduto già in passato, durante le sette stagioni di Billions, quando il pericolo è più grande, anche Rhodes e Axelrod possono sotterrare momentaneamente l’ascia di guerra.

Anche questa settima stagione è scritta con grande sapidità e con quella velocità da screwball comedy che è la cifra più originale del lavoro dei tre autori: i dialoghi brillantissimi, sempre tirati a lucido e immersi profondamente in quella che potremmo definire cultura pop. Non si contano le citazioni di libri, canzoni, film, eventi sportivi e campioni di generazioni diverse. Là dove ci aspetteremmo guru della matematica applicata e finanzieri d’assalto troviamo invece chef stellati e campioni di pallacanestro, come se il capitalismo più estremo e spregiudicato e il suo contraltare regolatorio e politico non fossero che elementi quintessenziali di quella stessa cultura americana che sul mito della seconda opportunità ha costruito la sua narrazione e le sue illusioni.

La scelta è singolare, ma molto significativa così come la sostanziale riabilitazione di Axelrod, avversario più leggibile ed esplicito, rispetto al mellifluo e ambiguo Prince, che sfrutta il sistema e le sue pieghe per plasmarlo alla sua volontà assoluta.

Lo stesso Chuck Rhodes resta curiosamente defilato, più stratega che prim’attore, in una stagione che sfrutta sapientemente la coralità dei suoi personaggi vecchi e nuovi, coinvolgendoli tutti e concedendo a ciascuno uno spazio narrativo non secondario. Il grande reset delle ultime puntate, lascia sul campo delusi e traditi: qualcuno sceglie di abbandonare la vita turbolenta della MPC, altri sono costretti a ricominciare da capo, qualcuno semplicemente non ha più nulla da dare o da dire, perché quella vita vissuta a 100 km all’ora non prevede mezze misure.

E mai come in questa settima stagione, per molti personaggi arriva il momento di ripensare se stessi e il proprio ruolo.

Nel finale, Can’t Find My Way Home dei Blind Faith accompagna l’uscita di scena di Chuck Rhodes e Bobby Axelrod, che si pensano come Winwood e Clapton, assieme solo per un fugace momento, ma la forza evocativa di quella sintesi pop viene attutita dalla scelta degli sceneggiatori di scrivere un commiato per tutti, chiudendo ogni linea narrativa in modo forse meno spettacolare, ma certamente molto affettuoso. 

Titolo originale: Billions
Durata media degli episodi: 55  minuti
Numero degli episodi: 12
Distribuzione originale e italiana: Showtime – Sky
Genere: Comedy

Consigliato: a coloro che diffidano dei grandi guru della finanza e delle loro buone intenzioni; a coloro amano New York e apprezzano la tradizione della grande commedia americana e a coloro che sanno riconoscere uno skyhook di Kareem Abdul-Jabbar o una citazione dal Padrino.

Visioni parallele: La grande scommessa di Adam McKay e il documentario Inside Job di Charles Ferguson

Un’immagine: lo skyline di Manatthan che costituisce la brevissima sigla della serie. La sua semplicità plastica e placida, nasconde forze incredibilmente potenti.

 

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