Venezia 2023. Woman of…

Woman of… ***

Nel piccolo paese di Tomaszów, Andrzej è un giovane tuttofare smilzo e biondo. Riformato dal servizio militare dopo che la commissione ha scoperto che aveva lo smalto viola sulle unghie dei piedi, durante le celebrazioni del I maggio 1985 conosce la crocerossina Izabelle e la sposa. Dall’unione all’inizio impetuosa e appassionata nasce Jasiek. Solo che poi il desiderio si raffredda, la libido svanisce e il testosterone prescritto ad Andrzej finisce ad un amico che gestisce una palestra.

Passano gli anni, crolla il Muro di Berlino e Solidarność conquista il potere, mentre il protagonista comprende di essere attratto dagli uomini e sotto gli abiti maschili indossa intimo femminile. Contestualmente tiene un diario segreto che consegnerà infine alla moglie molti anni dopo per tentare di venire a patti con se stesso e con l’identità femminile che sente propria.

Nel frattempo è nata una seconda bambina, che complica ulteriormente la convivenza di Andrzej e Iza, che vivono nella casa dei genitori, sempre più sconcertati dagli atteggiamenti e dall’aspetto del figlio.

“Quando mostriamo al mondo la nostra vera identità ci attaccano perchè ci accusano di essere falsi”. In questo paradosso Andrzej intraprende il percorso di transizione verso Aniela, che sarà tuttavia liberatorio e dolorosissimo allo stesso tempo: il divorzio necessario con la moglie, la perdita del posto di impiegato, lo stigma sociale che lo costringe a trovare riparo in un collegio di suore, perchè tutti gli alberghi lo respingono, infine la causa contro i genitori per la riassegnazione di genere che rompe definitivamente qualsiasi dimensione familiare residua.

Il film di Małgorzata Szumowska e Michal Englert è un’odissea che attraversa quarant’anni di storia polacca, riletta attraverso il prisma di un personaggio nato in un corpo sbagliato. Il suo lungo e faticoso percorso di accettazione, innanzitutto personale e poi familiare, viene punteggiato dall’evoluzione della società e della cultura polacca, un’evoluzione naturalmente non lineare e che ancora oggi è incapace di comprendere la complessità psicologica e fisica del percorso di Andrzej/Aniela.

Con una sensibilità rara, Kobieta z… ci accompagna passo dopo passo nella quotidianità della sua protagonista, prima costruita su un’apparenza continuamente messa in discussione e poi sempre più chiaramente verso una dimensione autentica, che tuttavia sembra artefatta.

Quando crolla la cortina di ferro, il film ci mostra due film proiettati a Tomaszów. Innanzitutto Pretty woman che segna l’irrompere della cultura americana nell’universo cupo della Polonia di Jaruzelski e con la sua dimensione fiabesca e fasulla, sembra tuttavia indicare una strada possibile anche per gli outsider: nell’immaginario del cinema hollywoodiano una seconda possibilità è concessa a tutti.

L’altro film di cui si vede il cartellone è La doppia vita di Veronica di Krzysztof Kieślowski, che Szumowska e Englert sembrano prendere a riferimento non solo nella sua dimensione metaforica di racconto di un’esistenza duplice, divisa in due, quando soprattutto nelle scelte formali e di messa in scena di questo Kobieta z…

Immerso nei colori e nelle atmosfere del cinema del maestro di Lodz, i due registi mostrano Aniela spesso al centro dell’inquadratura, sfuocando il contesto e valorizzandone il primo piano, con un’eleganza che colpisce e che testimonia in pieno le continue trasformazioni sul volto della protagonista: la lunghezza dei capelli, il primo accenno di trucco, l’età che le scava il volto, i vestiti femminili che prendono il posto di quelli maschili.

Kobieta z… è un film di rara sensibilità, che pur senza occultare il pregiudizio, l’incomprensione, la vergogna, accompagna la sua protagonista con una grazia che rende tollerabile anche per noi il dolore e il sacrificio.

Oltre dieci anni dopo l’epocale Laurence Anyways di Dolan un altro film racconta un percorso di transizione e travestitismo, con grande precisione drammatica e con una tenerezza che conquista e che lascia aperti tutti gli interrogativi, senza prendere scorciatoie.

Małgorzata Hajewska-Krzysztofik è Aniela da adulta e la sua è un’interpretazione tutta in levare, dimessa, spesso piena di vergogna e timore. Ma ancor più sensazionale è Joanna Kulig nel ruolo della moglie Iza, che passa dall’accettazione silenziosa, allo sconcerto, poi al rifiuto, alla rabbia e all’allontanamento, salvo poi tornare sui suoi passi, ricostruendo da capo il rapporto con Aniela secondo principi e modi nuovi, differenti.

Il finale ambientato in America ai giorni nostri è forse la parte meno convincente, l’unica in cui il contesto appare più forzato che realistico.

Tuttavia il film resta una testimonianza necessaria ed eloquente di un’anima divisa in due. Il fatto che questo film venga dalla Polonia oscurantista dei Kaczyński, ne fa un atto politico: “una metafora della transizione della Polonia, riflesso di una società che in passato si era unita per far crollare il regime comunista. Quella stessa società oggi favorisce la polarizzazione delle opinioni, ed è riluttante ad accettare convinzioni che in altre parti del mondo sono ormai da tempo diventate norme sociali”

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