Finalmente l’alba

Finalmente l’alba **

Lo spunto narrativo di questo nuovo film di Saverio Costanzo è il caso della giovane aspirante attrice Wilma Montesi, trovata senza vita la mattina del 9 aprile 1953 riversa sulla spiaggia di Torvaianica.

Un caso che sconvolse l’Italia del dopoguerra, per le sue implicazioni politiche, sociali e di costume, illuminando un demi-monde aristocratico e borghese vizioso e ambiguo.

Il caso è rimasto irrisolto, ma il film non ha il coraggio di raccontarlo direttamente, costruendo invece un racconto parallelo che si svolge la notte dopo il ritrovamento del corpo della ragazza e la cui protagonista è una giovane innamorata del cinema, che sembra condividere illusioni e ingenuità con Montesi.

Mimosa accompagna la sorella Elvira al provino per fare la comparsa nel peplum americano che si sta girando a Cinecittà. Quando la diva Josephine Esperanto la nota nei corridoi la vuole immediatamente sul set accanto a lei. E’ l’ultimo giorno di riprese, ma quando tutti sono andati via, Josephine trascina Mimosa in un lungo viaggio nella notte tra ristoranti, viaggi in auto, feste private, incontri pericolosi, amori impossibili e poi finalmente l’alba a sgombrare il campo da ogni equivoco.

Il film di Costanzo, che vanta un budget stratosferico di quasi trenta milioni di euro, ci riporta ai tempi della Hollywood sul Tevere, dipingendo un mondo notturno pieno di illusioni e di delusioni, attraverso gli occhi innocenti della sua protagonista, che lo attraversa come una novella Alice, oltre lo specchio.

Attori di Hollywood, produttori famosi, dive e artisti squattrinati, uomini potenti e innominabili, politici e imprenditori convergono tutti nella grande villa di Capocotta, dove tutto è possibile, anche passare per una poetessa svedese, senza aprire mai bocca e senza recitare un solo verso.

Finalmente l’alba è velleitario, irrisolto, generoso e sbagliato, grossolano nei toni, impreciso nelle scelte e incapace di chiudere, trascinandosi per quattro cinque finali che non riescono mai a soddisfare davvero.

La protagonista Rebecca Antonaci ha una certa innocenza che colpisce, in un racconto che dovrebbe essere di formazione, ma che si risolve nel solito sguardo furtivo e complice al mondo dei potenti, con una morale piccola piccola. Il resto del cast sembra muoversi secondo una serie infinita di stereotipi che strizzano inevitabilmente l’occhio a certi odiosi abusi di potere che sfruttano il corpo delle donne fino a consumarne lo spirito. Ma è tutto già visto e già detto (meglio). Lily James è veramente insopportabile, per non dire della immancabile Rohrwacher nel ruolo di Alida Valli (!!!), Joe Keery che viene da Stranger Things è una comparsa promossa al ruolo della star, così come Rachel Sennott, completamente fuori parte nel ruolo di una Eva che minaccia il primato della diva matura.

Costanzo vorrebbe far aleggiare lo spirito di Scola e di Pietrangeli sul suo film, ma il confronto è impari, la sceneggiatura sbanda da tutte le parti, i momenti simbolici sono grevi e ingiustificati e tutto sembra raffazzonato nonostante le risorse infinite a disposizione.

Modesto.

 

 

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