Bombshell – La voce dello scandalo. Recensione in anteprima!

Bombshell – La voce dello scandalo **1/2

Dopo una ventennale carriera nella commedia demenziale, con i clamorosi successi della serie di Austin Powers e Ti presento i miei, Jay Roach nell’ultimo lustro ha cercato con un certo successo di cambiare registro, abbandonando satira e parodia, per una serie di film più chiaramente politici, assecondando una passione che aveva riservato quasi esclusivamente ai suoi lavori televisivi.

L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo, lo sceneggiatore finito nella lista nera del maccartismo, per le sue simpatie comuniste, segnava questo scarto in maniera evidente, ma fin dai tempi di Recount del 2008, dedicato alle contestatissime elezioni presidenziali del 2000, Roach aveva mostrato un interesse non casuale per la politica e i giochi di potere. Per la tv aveva diretto Game Change sulla campagna presidenziale di John McCain, All the Way sulla presidenza di Lyndon Johnson, quindi la serie di fantapolitica The Brick.

Come produttore porta la sua firma anche The Silent Man, dedicato a Mark Felt, l’agente che divenne l’informatore chiave del Washington Post nello scandalo Watergate.

Il suo nuovo film, Bombshell, cerca di far luce sullo scandalo che travolse Fox News, durante le primarie repubblicane del 2016, che incoronarono Donald Trump, un anno prima che scoppiasse il caso di Harvey Weinstein e che il #metoo cambiasse radicalmente l’orientamento dell’opinione pubblica americana sulle molestie e i comportamenti inappropriati nei luoghi di lavoro.

Se l’indagine del New Yorker e del New York Times dell’ottobre 2017 ha avuto un’eco straordinaria in tutto il mondo, assai più limitata è stata l’eco fuori dagli Stati Uniti dello scandalo che ha travolto Roger Ailes, CEO e Presidente di Fox News, una vita come consulente per i presidenti Repubblicani, da Nixon a Bush padre, prima di creare per Rupert Murdoch quella formidabile e terribile macchina della propaganda conservatrice, chiamata Fox News.

Il film racconta le settimane che portarono alle dimissioni di Roger Ailes, travolto dalle accuse di Gretchen Carlson e di altre giornaliste e impiegate di Fox News.

Le protagoniste sono tre giornaliste: la Carlson appunto, ex Miss America nel 1989, quindi laureata a Stanford e uno dei volti simbolo della rete, che Ailes aveva tuttavia ridimensionato fino a licenziarla, per le sue posizioni blandamente femministe, in una televisione aliena ad ogni rivendicazione paritaria.

Quindi Megyn Kelly, l’astro nascente di Fox News, scelta per rappresentare la rete al dibattito delle primarie repubblicane e per la convention di Cleveland.

Infine la giovane e ambiziosa Kayla Pospisil, che lavorava nel team della Carlson, prima di essere promossa alla trasmissione di Bill O’Reilly, il commentatore di punta di Fox News.

Tutte e tre, in momenti diversi, sperimenteranno le prove di lealtà richieste da Ailes per fare carriera, ritrovandosi tuttavia sole all’interno di un ambiente di lavoro nel quale la cultura delle molestie era tragicamente radicata e implicita.

Il film di Roach, scritto da Charles Randolph, già premio Oscar per La grande scommessa, è indubbiamente efficace, costruito attorno a tre protagoniste che improvvisamente si trovano a dover fare i conti con se stesse, con i limiti della propria fedeltà alla rete e alla propria carriera.

Se la Kidman, nel ruolo della Carlson, rimane un po’ in secondo piano, soprattutto la Theron in quello della Kelly segue un percorso trasformativo molto interessante, passando attraverso gli attacchi sessisti di Trump, fino a prendere coscienza di un pattern comportamentale eternamente ripetuto dal vecchio boss della tv.

Altrettanto interessante la parabola della Pospisil, interpretata da una Margot Robbie assolutamente credibile nel trasformare l’entusiasmo e l’ambizione iniziali, nell’abisso dell’imbarazzo e della vergogna.

Tuttavia il film di Roach ha un enorme problema di fondo. Ovvero descrive una realtà, quella di Fox News, detestabile, retrograda, talmente conservatrice, sessista e misogina, che non si prova molta pietà per chi in quell’ambiente ha vissuto, prosperato, fatto carriera, accettando compromessi indicibili e mettendo la sordina per troppo tempo ad ogni solidarietà professionale e umana.

Non a caso l’unico personaggio realmente interessante del film è la redattrice interpretata da Kate McKinnon, segretamente lesbica e democratica, costretta a lavorare in una realtà che detesta e che è diventata una sorta di prigione per lei: una volta che si entra a Fox News non si può uscirne, dice ad un certo punto uno dei personaggi. E’ come una sorta di marchio d’infamia che ti rimane addosso.

Non è un caso che sia la Carlson, sia la Kelly, nonostante il loro ruolo nello scandalo Ailes, siano attualmente senza una trasmissione televisiva.

Il film di Roach evita fortunatamente i toni moralisti e le generalizzazioni da caccia alle streghe, restando ancorato ai fatti, alle accuse delle vittime, mostrando con intelligenza l’omertà e le coperture che hanno occultato per anni i metodi ignobili di Ailes.

Tuttavia non si riesce mai a parteggiare fino in fondo per le tre giornaliste di Fox News e il film rimane in un limbo di buone intenzioni.

Irrisolto.

In Italia probabilmente arriverà solo dal 7 maggio 2020.

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