Star Wars – Il risveglio della forza

Questa recensione è priva di spoiler. In ogni caso, se volete evitare qualsiasi informazione o suggestione, prima di vedere il film, vi consigliamo di leggerla solo in un secondo momento.

Star Wars – Il risveglio della forza **1/2

Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana…

L’incipit è sempre lo stesso, anche se George Lucas è ‘uscito dal gruppo‘ e J.J.Abrams ha ereditato dalla Disney le chiavi dell’Impero.

Dopo la sciagurata avventura dei prequel, Star Wars ricomincia quindi dai fondamentali: dal deserto innanzitutto – non più quello di Tatooine, ma quello del pianeta Jakku – dai personaggi in carne ed ossa, dal look old style della galassia, dalle spade laser e dal viaggio dell’eroe, che qui ha il volto di una donna, la giovanissima Rey, e di un ex strormtrooper imperiale, ribellatosi al suo destino, Finn.

Secondo Mark Hamill:“Everything’s changed, but nothing’s changed. That’s the way you want it to be, really”. Il Principe di Salina non avrebbe saputo dirlo meglio.

La scelta stessa di affidare il comando a J.J.Abrams, ovvero l’archivista-filologo della nostra infanzia, il nerd cresciuto con i film della Lucasfilm e della Amblin, era parsa, sin dall’inizio, assai significativa.

L’idea-guida di Kathleen Kennedy e della Disney era quella di fare tabula rasa con i Jar Jar Binks, con i midichlorian, con gli Anakin innamorati, con quegli orrendi effetti speciali in computer grafica e con lo stesso cinema digitale.

Questo è Star Wars: fantascienza, ma di tanto tempo fa. Più precisamente, degli anni ’70.

E allora ritornano i grandi set d’azione e il tono scanzonato dei protagonisti, i ritmi da sophisticated comedy e l’ironia dei comprimari, il richiamo al cinema di genere e al mito fondativo arturiano, il cast storico e tanta nostalgia: per il cinema di quegli anni certo, ma anche per noi stessi, bambini ingenui e felici, capaci ancora di scoprire la meraviglia in una grande sala buia, illuminata da un proiettore.

E’ una madeleine proustiana questo Star Wars – Il risveglio della forza.

Il gusto e la misura di Abrams sono, come sempre, encomiabili e la sceneggiatura, scritta con Lawrence Kasdan e con Michael Arndt, gioca fino in fondo con il proprio mito e sembra voler ricordare a tutti, i motivi che hanno fatto di Guerre stellari, la saga cinematografica più popolare di sempre.

Il risveglio della forza è ufficialmente un sequel, ma, nello spirito, è anche assieme un remake e un reboot della serie classica, in cui la necessità di scrivere una pagina nuova e il rispetto deferente verso il mito cercano un equilibrio fecondo.

Ma non c’è solo una scaltra evocazione del passato in questo nuovo capitolo: con un sapiente gioco di scrittura, Abrams ritorna in qualche modo sugli stessi temi che animavano Fringe, Lost, Super 8 o lo stesso Star Trek: l’ossessione del tempo e la capacità mitopoietica sono sempre stati al centro del suo universo narrativo.

Ed è proprio la linearità del tempo e della storia che Abrams continua a mettere in discussione, attraverso la forza emotiva delle immagini, capaci svelarne invece la circolarità imperfetta, le linee di frattura, gli eterni ritorni.

Inevitabile poi per Abrams il richiamo alla poetica spielberghiana dell’inclusione dei diversi, dell’innocenza tradita e delle responsabilità dei padri: Star Wars è una saga familiare, prima di tutto.

Luke Skywalker è sparito. 

I ribelli della Repubblica stanno continuando la loro battaglia con le truppe imperiali, che si sono raccolte nel frattempo sotto il comando del Primo Ordine, guidato dal Leader Supremo Snoke, che ha nel Generale Hux e nel misterioso Kylo Ren i suoi uomini sul campo.

Poe Dameron, il miglior pilota della resistenza viene inviato sul pianeta di Jakku per recuperare una mappa, che potrebbe portare a Luke, ma le truppe guidate da Kylo Ren lo intercettano e lo catturano.

La mappa è al sicuro in un droide BB8, che è rimasto su Jakku e che finisce nelle mani di una giovane esploratrice, Rey, che vive raccogliendo pezzi dalle carcasse delle vecchie astronavi imperiali affondate nel deserto.

Uno degli assaltatori imperiali, Finn, si ribella al proprio destino di morte e libera Poe per sfuggire al Primo Ordine.

I due fanno rotta su Jakku per recuperare il droide e riportarlo alla resistenza, braccati dalle truppe imperiali. Rey, BB8 e Finn finiranno per fuggire a bordo di una vecchia nave corelliana, che ha fatto la rotta di Kessel in meno di 12 parsec…

La parola definitiva l’avranno forse i fans della saga, adoranti e critici in egual misura, ma questo Episodio VII in ogni caso cancella d’un colpo tutti gli errori degli insopportabili prequel, ricollegandosi al mito originario con fin troppa fedeltà: dai veicoli alle navi spaziali, dalle maschere alla geografia dei pianeti, tutto ricorda l’universo artigianale della trilogia originaria. Persino i due personaggi interamente digitali, Maz Kanata e il Leader Supremo Snoke, hanno una fisicità ed un’espressività antica.

Le imprese di Luke e Han sono ormai leggenda nella galassia, ma sono echi del passato, mentre la potenza del Primo Ordine è sempre più presente e minacciosa.

C’è bisogno di nuovi eroi e la scelta di J.J.Abrams questa volta è caduta su un assaltatore goffo e impaurito e su un’orfana, tanto coraggiosa quanto inesperta.

A loro spetta la lightsaber di Luke che, come una sorta di spada nella roccia, si concede solo a chi è degno di possederla.

E’ curioso come la storia di questo settimo episodio giochi con il mito dentro e fuori lo schermo. I nuovi protagonisti conoscono la leggenda di Luke e Leia, dei jedi e del Millennium Falcon: non solo Kylo Ren che custodisce la maschera di Vader come una reliquia, ma anche Rey e Finn conoscono i racconti sulla Resistenza e l’Impero.

Il film funziona benissimo nella prima parte, quella che introduce tutti i nuovi personaggi, un po’ meno quando il passato torna a farsi avanti prepotentemente: nei duetti tra i redivivi Han e Leia e nello scontro finale, che ripete le stesse dinamiche già esplorate in Guerre Stellari e ne Il ritorno dello Jedi.

Il film è molto divertente, pieno di battute che richiamano la storia nobile della saga, ma non è privo di grandi scene drammatiche, decisive per il futuro della serie e anche piuttosto coraggiose.

Per la prima volta nella serie c’è del sangue a macchiare il candore delle uniformi imperiali: è uno dei momenti più significativi e simbolici di questo settimo capitolo, che segna il destino di Finn e cambia per sempre quello della saga.

E che per la prima volta regala un volto umano e una coscienza ad un esercito, sinora completamente privo di identità.

Anche Kylo Ren sanguina: l’umanesimo forte di Abrams innerva ogni personaggio e segna una distanza evidente con le convenzioni del passato.

Le rivelazioni, che gli autori hanno cercato di mantenere segrete il più possibile, sostengono tutta la seconda metà del racconto, suscitando, com’è giusto che sia, più domande che risposte.

Qualche lungaggine nella parte centrale avrebbe potuto essere eliminata, ma nel complesso Il risveglio della Forza non è che un nuovo inizio per la saga più famosa della storia del cinema, che prelude a seguiti probabilmente ancor più interessanti, un po’ come è avvenuto già con Batman Begins di Nolan, Spider-man di Raimi o lo stesso Casino Royale.

I nuovi protagonisti sono miracolosamente indovinati: Daisy Ridley è portentosa a dir poco, soprattutto per una debuttante quasi assoluta, John Boyega è altrettanto convincente e a sua presenza fisica è uno dei punti di forza del racconto, Adam Driver è un Kylo Ren tormentato e irascibile, consumato dall’ambizione e dal confronto con il mito.

Un po’ in disparte, in questo settimo capitolo, rimane Oscar Isaac, ma il suo talento è noto. Le prossime avventure lo vedranno probabilmente più coinvolto.

Una nota a parte merita il droide BB8, che ricorda la memorabile espressività di WALL E: i bambini ne andranno matti.

La fotografia del sudafricano Daniel Mindel è impeccabile e il montaggio di Mary Jo Markey e Maryann Brandon richiama elegantemente con alcune bellissime dissolvenze a iride, le ‘tendine‘ utilizzate da Marcia Lucas nel capostipite.

J.J.Abrams e Kasdan, con l’aiuto di Arndt, hanno costruito una nuova storia d’origine, cercando un tono a mezza strada tra la solarità di Una nuova speranza e le ombre de L’impero colpisce ancora, tra l’omaggio dichiarato e la necessità di ricominciare da zero, trovando così una misura capace di sostenere perfettamente il peso dei prossimi film della saga.

Il modo con cui hanno infine ricostruito la centralità spirituale e immanente della Forza è commovente.

I tre sceneggiatori hanno chiuso questo settimo capitolo, lasciando aperte molte linee narrative, che Rian Johnson, chiamato a scrivere e dirigere Episodio VIII, potrà sfruttare al meglio, ridefinendo il carattere dei personaggi, arricchendo la loro storia e le loro motivazioni e pescando ancora nel passato.

In tutta onestà, da Il risveglio della forza non potevamo attenderci di più. Dopo la rovinosa deviazione dei prequel, la direzione di marcia è di nuovo quella giusta: il futuro è ancora tutto da scrivere, ma le premesse sono incoraggianti.

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