Quando il nuovo film di Jia Zhangke era stato presentato a Cannes, lo scorso mese di maggio, si era detto che questa volta Il tocco del peccato sarebbe stato quasi certamente distribuito nella mainland, anche grazie alla partecipazione di alcune aziende nazionali delle province di Shanxi e Shanghai nella produzione.
Invece la censura, che pure aveva visionato il copione e richiesto alcuni cambiamenti, prima di dare il suo benestare alla proiezione di Cannes, ha bloccato il film, che nessuno ha ancora visto in Cina.
Jia Zhangke è da sempre una spina nel fianco del regime, mettendo in scena le contraddizioni della grande macchina cinese ed il vuoto che si cela dietro quel modello di sviluppo.
Il tocco del peccato racconta quattro storie ambientate in quattro diverse province, accomunate dalla corruzione, dalla violenza, dalla vendetta e dal sopruso del potere.
Qualcuno riteneva che la Cina avesse ormai gli anticorpi sufficienti, per accettare anche la critica di uno dei suoi più grandi autori.
Non è così: Jia Zhangke è venerato dai cinefili di Cannes e Venezia e del mondo intero, ma non dai suoi connazionali.
Il film avrebbe dovuto essere nelle sale cinesi, a partire dal 9 novembre, ma non è stato così.
Il Bureau della Propaganda del Partito Comunista Cinese ha intimato ai giornalisti di non parlarne e non riferirne.
La sua assenza diplomatica a Taipei, alla serata di consegna dei Golden Horse Awards – dove pure Il tocco del peccato era candidato a 6 premi, compresi miglior film e regia, e dove si è imposto per montaggio e colonna sonora – è solo l’ultimo segnale della pericolosa convivenza con il regime.