Cannes 2024. Armand

Armand **1/2

Armand e Jon: sei anni, cugini, compagni di classe a scuola.

Una mattina il primo minaccia il secondo con parole da adulto, in quello che potrebbe anche essere un incidente di natura sessuale, oltrepassando i limiti di quanto è ammissibile in un contesto scolastico.

Questo almeno è quello che riferiscono la maestra Sunna e i genitori, nessuno dei quali però ha visto realmente quello che è accaduto nel bagno dei bambini.

La scuola convoca subito una riunione pomeridiana con i genitori dei due ragazzi: la madre di Armand è Elisabeth, una nota attrice, rimasta vedova di recente per la morte – forse accidentale, forse per suicidio – del marito Thomas, che era il fratello della madre di Jon.

Quando Elisabeth arriva nella classe in cui l’attendono la maestra Sunna e i genitori dell’altro bambino, non sa nulla di quanto accaduto e non ha potuto nemmeno parlare con Armand.

Inizia così una lunga giornata passata nell’aula e nei corridoi della scuola elementare, in quello che appare un processo sempre più assurdo, cruento, incomprensibile, che lascia aperte tutte le questioni e espone la miseria dei genitori, le ripicche e le vendette familiari, l’incapacità delle istituzioni scolastiche di gestire situazioni di questo tipo.

Il film d’esordio di Halfdan Ullmann Tøndel, nipote di Ingmar Bergman, è un lavoro complesso, sfuggente, d’impianto teatrale e nel rispetto delle tre unità di spazio, tempo e azione.

Se da un lato infatti si tratta fondamentalmente di un ritratto di Elisabeth, nel tentativo di esporne le durezze e le fragilità, le nevrosi e l’ironia, la capacità manipolatoria e la fascinazione che ogni attrice finisce per usare anche nella vita, in un riuscito scavo psicologico, dall’altro il film vuole essere anche un pamphlet che ci ammonisce dall’utilizzare i più piccoli come armi per risolvere questioni d’adulti.

Preservandone l’innocenza, ma anche pesando il valore delle loro parole, delle suggestioni indotte, delle sfumature impossibili e dell’influenza che i cattivi comportamenti degli adulti hanno a livello emulativo su di loro.

Infine Armand è un dramma scolastico che vuole testimoniare non solo la centralità di quello spazio all’interno delle dinamiche familiari ed educative, ma anche i suoi limiti, le sue forzature, le rigidità. E il rischio che una calunnia si diffonda così velocemente da bruciare ogni credibilità e ogni possibilità di recupero, perché talvolta dietro la manifestata esigenza di tutelare i propri figli si nasconde il pregiudizio e l’invidia di classe.

Tante cose racchiude Armand, forse troppe per un film che, come molte opere prime è un lavoro bulimico in cui il desiderio di dire tutto, va a discapito della chiarezza.

E come interpretare i momenti in cui Elisabeth balla con uno degli inservienti o viene assediata dagli altri genitori, che sembrano volere un pezzo di lei?

Renate Reinsve, premiata a Cannes per La persona peggiore del mondo, ha una presenza magnetica, trascinante, enigmatica. Ullmann Tøndel sfrutta la sua fisicità per creare immediatamente una distanza, ma la sua bravura nel interpretare registri così diversi di uno spettro emotivo ampio come quello richiesto da Elisabeth è notevole. La scena la donna, dopo che l’incidente sembra ricomposto, ha un attacco incontrollabile e lunghissimo di riso e poi di pianto è un exploit davvero impressionante.

Quello che manca in Armand sono i due bambini, che non vedremo mai: forse perché questo è un film che parla degli adulti e delle loro debolezze. L’incidente è solo un pretesto, la miccia per far divampare un fuoco che brucerà tutti.

E tu, cosa ne pensi?

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.