Sopravvissuto – The Martian

Sopravvissuto -The-Martian

Sopravvissuto – The Martian **1/2

Nella lunga carriera dell’infaticabile Ridley Scott, i punti di fuga, le ripartenze, gli approdi definitivi e le cadute rovinose sono stati equamente distribuiti nel corso del tempo.

La sua è una parabola artistica non lineare: i tre straordinari capolavori d’esordio, tra grande letteratura e fantascienza, suggestioni noir e horror, con un occhio al maestro Stanley Kubrick ed un altro alla New Hollywood, sono stati spesso un segno infranto, incapace di generare una filmografia coerente.

Con una bulimia evidente nell’attraversare generi e forme del racconto, Scott si è poi limitato molto spesso a fare il metteur en scene, il regista puro, il direttore d’orchestra, rigoroso interprete di un testo filmico, scritto e ideato da altri.

The Martian è la summa di questa sua tendenza alla regia invisibile, se non fosse per quel buco nello stomaco che muove il racconto e che rimanda esplicitamente allo squarcio dello xenomorfo sulla Nostromo.

Tratto dal romanzo di Andy Weir e scritto da uno dei migliori sceneggiatori in circolazione, Drew Goddard (Buffy, Lost, Alias per la tv e poi Cloverfield, Quella casa nel bosco, World War Z), il film è un trionfo dello spirito scientifico e della capacità di resistenza.

Abbandonato su Marte, dai compagni della missione Ares III, nel corso di una tempesta di sabbia, perchè colpito da un’antenna satellitare e creduto morto, Mark Watney invece si risveglia la mattina successiva ferito, ma ancora vivo.

Abbandonato sul pianeta rosso, Mark senza mai perdersi d’animo, comincia a valutare le sue possibilità di sopravvivenza all’interno della base.

Conta le razioni di cibo, le divide e classifica, rimette in sesto i pannelli solari ed il rover che gli consente di muoversi.

Ben presto però si accorge che i quattro anni che lo separano dall’arrivo su Marte della missione Ares IV, sono troppi per le sue scorte. Occorre quindi colonizzare il pianeta: il botanico Mark trova il modo per produrre acqua, quindi nella terra rossa trasportata all’interno del campo base, comincia a coltivare le patate, sua principale fonte di sostentamento.

Sulla Terra intanto gli hanno già fatto il funerale con tutti gli onori, quando dal confronto di due foto satellitari, si accorgono che qualcosa è cambiato al campo base.

Ma come comunicare con il sopravvissuto, visto che l’antenna è distrutta? E cosa dire alla missione Ares III, che sta faticosamente affrontando il viaggio di ritorno, con l’angoscia di aver lasciato indietro un uomo?

Al quartier generale della NASA, politica, comunicazioni e scienza devono cercare di collaborare in qualche modo.

Mark nel frattempo trova il modo per parlare con la Terra…

Come hanno scritto in molti, questo The Martian è la vera rivincita dei nerds: il biologo Mark è costretto a far ricorso a tutte le sue conoscenze e tutti i suoi studi, per sopravvivere su un pianeta ostile alla vita.

Con spirito cartesiano ed enorme pazienza riesce a far fronte agli imprevisti, ai fallimenti, alle avversità continue, senza mai perdersi d’animo.

Così come il Redford, disperso in mezzo all’oceano di All is lost, anche qui il protagonista è spinto a risolvere i problemi che gli si pongono davanti, con una razionalità di solito aliena allo spirito superomistico dei blockbuster americani.

Ma non c’è silenzio nel film di Scott: Mark, anche da solo, continua a parlare, registrare messaggi e video, ballare la discomusic, trovata sul computer abbandonato del comandante della missione.

Certo The Martian non aggiunge nulla dal punto di vista cinematografico, a quanto non avesse già mostrato Gravity, nè riesce a replicare quella tensione angosciosa, che caratterizzava il film di Cuaron.

Scott rinuncia a molti dei suoi tratti distintivi: gli otturatori veloci con le focali corte, l’uso dello zoom, il montaggio concitato, per un racconto lineare, iperclassico, sufficientemente lontano dalla retorica patriottica.

Matt Damon è davvero convincente nel ruolo del secchione simpatico, che non si perde d’animo, la sua umanità e la sua ironia scaldano il film e lasciano sullo sfondo i numerosissimi comprimari, dai compagni di missione Jessica Chastain, Michael Pena e Kate Mara, agli ingegneri della NASA, Jeff Daniels, Chiwetel Ejiofor e Mackenzie Davis.

Inevitabile la strizzata d’occhio ai cinesi, partner ineludibili dei nuovi blockbuster, pensati per sfondare anche nel mercato asiatico, dove il box office vive un’espansione clamorosa.

Mai così indovinata Starman di Bowie, suonata pressochè per intero, in uno dei momenti più emblematici del film, accompagnato altrove da una colonna sonora discreta, intervallata dalle note della disco anni ’70, unico conforto musicale delle lunghe giornate su Marte.

The Martian non è il film per cui Scott verrà ricordato, ma certamente segna una via nuova al cinema spettacolare hollywoodiano, ne mitiga gli eccessi conservatori, con un tono kennediano, ottimista, nel quale il trionfo della volontà lascia spazio a quello della conoscenza e lo spirito di sopravvivenza sul pianeta ostile è il riflesso inevitabile di quello necessario anche sulla nostra vecchia Terra.

The Martian 3

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