Wicked – Parte 2

Wicked – Parte 2 **

La seconda parte del dittico dedicato al musical di Winnie Holzman e Stephen Schwartz, tratto dal romanzo revisionista di Gregory Maguire sui personaggi creati da L. Frank Baum e portati sullo schermo da Victor Fleming e dalla MGM ne Il mago di Oz, accentua la dimensione politica del racconto, mettendoci di fronte al consueto dualismo tra riforma e rivoluzione.

E’ del tutto evidente che Oz regni su Emerald City come un dittatore illuminato, ma non meno brutale e manipolatore di quanto scoperto dalla verde Elphaba alla fine del primo capitolo: tiene gli animali in prigione e anche le scimmie volanti che lo proteggono sono destinate a una gabbia umiliante; fa costruire una strada di mattoni dorati che conduca alla città schiavizzando i lavoratori; inganna il suo popolo con bugie e paure inventate. Madame Morrible intanto amministra la sua propaganda di regime, costruendo l’immagine artefatta della Buona, Glinda, in realtà priva di alcun potere magico, contrapponendola alla malvagia Strega dell’Ovest, che ha scelto l’esilio lontano da tutti, consapevole di dover interpretare quel ruolo che il destino ha scelto per lei.

Mentre Elphaba ha spirito rivoluzionario e vorrebbe abbattere finalmente il Regno fasullo di Oz, Glinda è mossa – forse anche per il ruolo che ricopre – da un’idea diversa, più classicamente riformista, un po’ inconsapevole e un po’ complice delle macchinazioni del mago e della sua assistente.

Nessa, la sorella di Elphaba è diventata governatrice, ma non riesce a conquistare il cuore di Boq, il mastichino segretamente innamorato di Glinda.

Quest’ultima invece si prepara a sposare il nobile Fiyero, anche lui travolto dal ruolo che il copione del regno gli ha assegnato.

Nel frattempo arriva in città una giovane ragazzina del Kansas…

Il film si svolge sostanzialmente in parallelo alla storia di Dorothy, ribaltandone completamente il punto di vista e rappresentando per molti personaggi – il leone codardo, l’uomo di latta, lo spaventapasseri – una sorta di racconto d’origini.

La regia di Jon M.Chu tuttavia si affida alle sue protagoniste e ai numeri musicali senza mai trovare la magia che il racconto vorrebbe evocare. Anche gli ovvi momenti in cui dovrebbe confrontarsi con il mito del 1939 vengono risolti in modo sbrigativo, come in un fan service un po’ obbligato.

La stessa parte musicale è per lo più ordinaria e non ha numeri notevoli come Defying Gravity che chiudeva la prima parte.

Sono piuttosto i due pezzi scritti ex novo a brillare, No Place Like Home e The Girl in the Bubble assieme al duetto di For Good.

Resta potente l’idea di vent’anni fa di ribaltare la prospettiva fiabesca originale, mostrando la stessa storia da una prospettiva completamente diversa, se non fosse che Disney ha poi applicato quel principio a tutti i suoi adattamenti live action. E’ pur vero che Wicked nel romanzo e poi nel musical del 2003 era avanti a tutti, ma la sua versione cinematografica arriva troppo tardi e non impressiona più nessuno.

Non aiuta di certo in questa seconda parte il fatto che Elphaba sia interpretata da Erivo con la medesima espressione corrucciata e desolata per tutte le due ore, capro espiatorio decisa ad accettare il proprio destino – ma non fino in fondo – come accade anche al Cavaliere Oscuro di Nolan, con ben altro travaglio interiore: “They need someone to be wicked so that you can be good”.

La bugia è stata così ben raccontata e così a lungo che la verità non ha spazio e legittimità. Alla fine la rivoluzione di Elphaba soccombe volontariamente per consentire al riformismo di Glinda di trovare il modo di affermarsi.

Nel duetto con Ariana Grande/Glinda, Erivo rimane sempre un passo indietro, rompendo quella dinamica felice che risolveva la prima parte.

Il film si prende poi terribilmente sul serio, gioca male anche la dimensione sentimentale con Fiyero/Jonathan Bailey ridotto al solito personaggio maschile stereotipato e insulso, utilizzato solo per creare un conflitto momentaneo tra le due protagoniste.

Complessivamente questa seconda parte ha meno mordente e spreca le buone premesse dell’incipit, rivelandosi non sufficientemente profonda per sostenere la metafora socio-politica e assai poco spettacolare ed efficace nei momenti musicali che dovrebbero sostenerla.

Una delusione.

Il successo americano è tuttavia assicurato. Più difficile che sia bissato altrove, come dimostrano gli incassi della prima parte, per il 62% raccolti negli USA.

2 pensieri riguardo “Wicked – Parte 2”

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