Chad Powers: per tornare a vincere serve una faccia nuova

Chad Powers ***

Perdere la palla a pochi passi dal touchdown durante la finale del campionato NFL e causare così una catastrofe sportiva di proporzioni immani: è quanto accade al povero Russ Holliday, il quotato quarterback di Oregon protagonista di Chad Powers, serie Disney+ in sei episodi. Russ, licenziato anche a seguito del gesto increscioso e per nulla woke che segue alla sconfitta, sarà costretto a cambiare identità per tentare di rientrare (faticosamente) nel giro del football agonistico. Otto anni dopo Russ diventerà, appunto, Chad.

Russ/Chad è interpretato da Glen Powell (Top Gun: Maverick, Hit Man – Killer per caso, Twisters), convincente nel caratterizzare il suo personaggio, soprattutto nella versione “sfigata”. La particolarità dell’attrice Perry Mattfeld (Shameless, In The Dark), che nella finzione veste i panni della protagonista femminile Ricky Hudson, è quella di essere sposata con un vero quarterback, Mark Sanchez. Di origini messicane come la moglie Mattfeld, già star dei New York Jets e poi commentatore della rete FOX, Sanchez di recente è stato arrestato per aggressione. È noto che l’NFL pullula di brutte storie (le vicende di OJ Simpson e Aaron Hernandez su tutte). Gloria, soldi, fama, machismo, razzismo, pressioni dei media: Chad Powers riflette e trasforma in comicità gli assurdi eccessi dell’America dello sport.

Come si diventa un altro? A volte basta un’intuizione. Mike, il padre di Russ, crea maschere prostetiche per il cinema (“Ho lavorato sul set di Armageddon”). Chad è il frutto di un trucco estetico che coincide con un necessario cambio d’identità. La spassosissima scena del provino con i South Georgia Catfish per ottenere il ruolo di quarterback segna la nascita del personaggio.

La trasformazione passa dalla voce (vale la pena vedere la serie in lingua originale), da una parrucca posticcia e da un’improbabile dentatura. Parola dopo parola viene a configurarsi un identikit da disadattato. Chad dice di essere nato da genitori sbarcati a… Ellis Island. Un padre anzianissimo lo avrebbe cresciuto in un ambiente selvaggio, senza un’istruzione regolare. Chad non ha documenti e riguardo all’età indefinibile cita gli anni persi dall’umanità a causa del coronavirus. Ricky, la consulente della squadra specialista in tattiche offensive, sovente retrocessa a segretaria della componente maschile dei Catfish, registra le risposte di Chad con crescente disagio.

Durante il lungo periodo di pausa forzata Russ si è nutrito di propaganda negazionista. Il complottismo coatto si evince da molti dettagli, compresa la maglietta indossata dal protagonista e dedicata al presunto ufo crash di Roswell, con tanto di frase foxmulderiana, l’immortale The Truth is Out There. Forse Bin Laden è ancora vivo e i cervi che pascolano sui prati immacolati della Georgia University gli ricordano gli sviluppi di Chernobyl, dove sono tornati gli animali selvatici nonostante la contaminazione radioattiva.

Chad Powers è stata ideata dallo stesso Glen Powell e da Michael Waldron (lo sceneggiatore di Doctor Strange nel Multiverso della Follia), espandendo, fino a renderlo autonomo, un personaggio fittizio già presente in Eli’s Place, una docuserie creata dal quarterback Eli Manning per il canale ESPN, centrata sull’ecosistema massmediatico del football college. Nel complesso, Chad Powers risulta meno universale rispetto a Ted Lasso, la pietra di paragone per eccellenza di tutte le serie sullo sport dell’ultimo decennio.

Alcuni dettagli richiamano, parodisticamente, una certa America profonda, ormai maggioritaria, ancorata all’ideologia sballata e rancorosa della manosphere. Il nome Chad richiama infatti un paradigma della sottocultura incel, la tipizzazione del ragazzo bello e irresistibile, con i tratti fisiognomici perfetti, che solo grazie al proprio corredo biologico attira donne di pari grado estetico. Anche il cognome è emblematico. Powers evoca nel nostro immaginario il controspione per eccellenza, interpretato negli anni Novanta dal comico canadese Mike Myers.

“Quando cerco il mio vero nome online, trovo solo minacce di morte e gif di American Sniper”. “Sei introvabile sul web, come le e-mail di Hillary”. Chad Powers è ricca di citazioni esplicite, di film, serie tv e personaggi sportivi, sebbene alcune risultino un po’ complicate da interpretare per il pubblico non americano.

La comicità non scade mai nella volgarità. Chad accetta di sembrare una sorta di Forrest Gump del football, un bambino mai cresciuto costretto a inventare storie per garantirsi un passato. Per forza di cose, la ricostruzione è inverosimile, surreale e folle. Chi mai crederebbe al racconto sugli stadi vuoti per colpa degli assalti dei lupi predatori, a parte gli imbarazzanti allenatori dei South Georgia Catfish?

Il ritorno all’agonismo di Chad presenta alcune difficoltà, a cominciare delle gerarchie interne alla squadra. Davanti a lui c’è il quarterback titolare. L’allenatore Jake Hudson inquadra Chad come l’uomo “con il braccio di un lanciagranate jugoslavo”, ma gli preferisce Gerry. Sarà Ricky, che oltre a essere la viceallenatrice è anche la figlia quasi in incognito di Jake, a premere perché Chad vada in campo. Accade durante la prima giornata di campionato, complice uno sgambetto malizioso della mascotte Danny. Bastano due lanci al millimetro per innalzare Chad da panchinaro a eroe.

“È la mia specialità. Io perdo. Perdo e crollo emotivamente e dalle fauci della sconfitta colleziono altre sconfitte”, dice di sé Ricky Hudson. Il rapporto tra lei e il padre è spinoso e irrisolto. Probabilmente gli aspetti strettamente familiari, incluse le dinamiche conflittuali tra Russ e Mike Holliday, avrebbero meritato una maggiore attenzione da parte degli autori.

L’essere donna in un ambiente sportivo declinato al maschile ha molti svantaggi. Ricky, ultima per considerazione tra i coach a disposizione della squadra, non fa eccezione. In compenso, nel rispetto di un topos narrativo abusato, si configura un’alleanza tra losers. Ricky confida a Chad di aver sbattuto contro un ostacolo nella sua carriera di atleta, in senso letterale, perdendo l’appuntamento con le Olimpiadi a causa del grave infortunio.

Il nemico principale del truccatissimo Chad si chiama acqua, la kryptonite che rischia di squagliare il volto di Chad rivelando il Russ nascosto là sotto (possiamo tranquillamente omettere la motivazione addotta per non lavarsi con i compagni di squadra dopo ogni allenamento). Le insidie sono ovunque. Alla vigilia del campionato Jake Hudson organizza una festa a casa sua con un fine preciso: fare spogliatoio. Peccato che la villa abbia una piscina. Chad dimostrerà di essersi integrato e, soprattutto, riuscirà a schivare i gavettoni?

Se Powell domina la scena, l’ottima Mattfeld si fa notare per l’umanità trasmessa al suo personaggio. Oltre a loro due, nel cast troviamo Colton Ryan (Gerry), Clayne Crawford (Scott), Frankie Rodriguez (Danny/Whiskers), Wynn Everett (Tricia), Toby Huss (Mike) e Steve Zahn (Jake), il quale merita una menzione per aver splendidamente interpretato Mark Mossbacher, fragile padre di famiglia, nella prima stagione di The White Lotus. Danny, l’uomo-mascotte che si aspetta da Chad una qualche ricompensa, resta un comprimario debole. Tricia è una presidente più insulsa che spietata. Calcare la mano sul mondo della finanza (Tricia è a capo di un fondo speculativo) non sarebbe stata una cattiva idea.

Il personaggio interpretato da Powell si presta a una riflessione. Si è già sottolineato che il vecchio asso, per smaltire le tossine della cocente delusione patita otto anni prima e rinascere a nuova vita deve vestire i panni del declassato, del marginale, dello stupido. Russ diventa così Chad, una specie di picchiatello della palla ovale. Correre, evidentemente, è una metafora e la meta è solo lo spettro illusorio di un successo che si fa tangibile solo quando svanisce. Russ tocca l’apoteosi della notorietà fallendo.

Non serve aver visto Black Mirror (citiamo una serie-modello anche noi) per sapere che nelle echo chambers l’odio si amplifica a dismisura, fino a tramutarsi in una sentenza inappellabile. La spinta di Russ trasmessa in mondovisione, quel gesto orrendo verso una persona fragile, indifesa, che pure lo aveva elogiato dopo l’errore commesso nella ricordata finale di NFL, più che una pietra d’inciampo rappresenta per lui la colpa originaria e al contempo un crimine indelebile. Sul suo petto si appuntano, come infinite lettere scarlatte digitali, i post degli haters. Mentre Russ, il campionissimo, è soppesato in termini di social scoring, Chad, il cretino, riesce a sfuggire a tutto questo. Ma fino a quando si potrà salvare dall’invadenza della rete? D’altronde, la tesi dell’idiozia quale via di redenzione e di re-integrazione nel tessuto sociale gode di illustri precedenti, basti ricordare la provocazione dogmatica di Lars Von Trier.

Secondo Tricia tutti i media sono in mano a Soros e il Russ che ancora cova in Chad annuisce. C’è tanta follia americana nella serie. È l’intera “infosfera” a stelle e strisce, con le sue stravaganze e tipicità, a essere messa in questione, tra interviste da confezionare (un copione impossibile da rispettare per Chad) e succulenti prime time da conquistare. Si può immaginare che il pubblico non avvezzo al mondo del football professionistico incontri qualche difficoltà nel comprendere i riferimenti e le battute più “calate” nel contesto USA.

Tuttavia il messaggio di fondo, l’eterno elogio del riscatto, arriva a noi forte e chiaro superando ogni tipo di barriera, per così dire, culturale. Ironicamente, la possibilità di rivincita sulla società passa dalla destrutturazione dell’eroe sportivo nelle sue componenti di fama, gloria, bellezza, ricchezza e nella regressione consapevole verso uno stato di innocenza fasullo.

La favola del finto tonto è il solito maquillage narrativo utilizzato per conquistare lo spettatore giocando sugli equivoci. Scott, l’allenatore dei quarterback, insinua che Chad sia mentalmente ritardato. Attenzione, però, alla variabile sentimentale. Forse il Russ dentro di lui, attraverso Chad, si sta semplicemente innamorando della figlia del coach Hudson… come in una canzone di Taylor Swift (la brillante intuizione è di Danny).

Sconfitta genera sconfitta. Da qualche parte c’è un dio che si accanisce nei suoi confronti: Russ ne è convinto. Poi, una donna di cui non riveleremo l’identità, lo invita a non abbattersi perché, dice, anche lui merita di essere felice. Accidenti! È un’affermazione che riecheggia il celebre diritto, pursuit of happiness, esplicitato nella tradizione giuridica e politica americana a partire dal preambolo della Dichiarazione d’indipendenza del 1776. Allora vai, Chad, corri verso la meta. Stavolta, però, tieni stretta la palla.

Titolo originale: Chad Powers

Numero di episodi: 6

Durata: 25-40 minuti l’uno

Distribuzione: Disney+

Uscita in Italia: 30 settembre – 28 ottobre 2025

Genere: Comedy

Consigliato a chi: non vuole sentirsi chiamare “tesoro”, ha un autografo di cui non ricorda l’autore, non ha mai fatto la pipi nel bicchiere.

Sconsigliato a chi: non sopporta le attese al pronto soccorso, ha l’ossessione di tappare i buchi, non indosserebbe una maschera da cane.

Visioni e letture parallele:

  • America’s Team, la docuserie sui mitici Dallas Cowboys di Jerry Jones, è disponibile su Netflix.

  • The Blind Side, il film citato nel quarto episodio per il quale Sandra Bullock ha vinto l’Oscar alla migliore attrice protagonista, è disponibile su varie piattaforme.

  • Probabilmente uno dei migliori libri mai scritti sul football americanoFriday Night Lights. Una città, una squadra, un sogno di H. G. Bissinger, 66thand2nd editore, 2025.

Una canzone su cui piangere: Bridge over troubled water.

Un personaggio da ammirare: Benjamin Franklin.

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