Untamed: un thriller dall’ambientazione suggestiva, ma con un’investigazione troppo prevedibile

Untamed **1/2

Lucy, una giovane donna cade da una roccia all’interno del Parco Nazionale di Yosemite, in California. L’agente speciale Kyle Turner (Eric Bana), del National Park service, si convince che quello che in apparenza potrebbe sembrare un suicidio in realtà nasconda qualcosa di diverso. Resistendo alle pressioni delle autorità che vorrebbero chiudere quanto prima le indagini, Kyle Inizia quindi ad indagare, con il supporto di Naya Vasquez, una ranger appena entrata in servizio, ma con trascorsi nella polizia investigativa di L.A.. Tra i due, dopo qualche incomprensione iniziale, si instaura un rapporto di fiducia e di collaborazione, prezioso perché consente a Naya di imparare a conoscere il parco e le sue complesse dinamiche e a Kyle di avere una compagna di lavoro affidabile con cui confrontarsi. Con gli anni, dopo la morte del figlio Caleb e la separazione dalla moglie Jill, Kyle è infatti diventato sempre più solo, incapace di intrecciare rapporti duraturi con chi gli sta a fianco, a parte i compagni di una vita, quelli con cui bastano poche parole per intendersi: un indiano americano che lavora nella manutenzione del Parco e il capo dei ranger, Paul. L’indagine non si mostrerà semplice, soprattutto perché smuoverà il passato di Kyle, riportandolo ad investigare su di un vecchio caso di molti anni prima.

Untamed (Lett. ‘che non si riesce ad addomesticare’) è fin dal titolo una serie che si pone in continuità con gli antieroi che popolano le nostre produzioni televisive: Kyle è infatti un poliziotto testardo e asociale, con un lato buio importante che ne eclissa le numerose qualità professionali.

La sua oscurità, che lo porta ad abbracciare una bottiglia dopo l’altra e a vivere tra gli scatoloni con i ricordi del passato, ha un’origine ben definita e cioè la morte del figlio Caleb, con cui Kyle continua a parlare quotidianamente. Il rapporto con Caleb è così intenso da sembrare reale, anche agli occhi dello spettatore che non coglie immediatamente come i dialoghi tra i due siano solo nella mente dell’uomo. Il parco è il collante di questo dialogo immaginario; i luoghi dove padre e figlio sono stati felici rappresentano per Kyle un doloroso mondo parallelo, presente e al contempo sospeso nel tempo. Solo alla fine del racconto egli riuscirà a staccarsi da questa prigione psicologica, portando il ricordo del figlio sempre con sé, ma fuori dai confini dello Yosemite in cui Kyle si è sostanzialmente autorecluso per conservare la memoria di Caleb. La scelta di indugiare sul dramma familiare, visto con gli occhi del protagonista, ma anche con quelli dell’ex moglie Jill, caratterizza la narrazione e le conferisce un sapore particolare. I due temi principali sono infatti quelli della morte e delle relazioni familiari: non solo la vita privata di Kyle, ma anche quella di Naya e di Paul vengono ad intrecciarsi ripetutamente con le investigazioni e trovano una conclusione solo nell’episodio finale. In questi rapporti familiari tesi e carichi di problematicità sono i bambini a trovarsi maggiormente esposti, come dimostra proprio la drammatica vicenda di Lucy che viene progressivamente a galla. La descrizione del rito funebre organizzato per lei dai nativi non è solo un modo per concludere la vicenda con un tocco naive, è piuttosto una scelta coerente con un racconto che fa i conti con il valore della morte (e quindi della vita), a differenza delle molte serie tv crime in cui il passato delle vittime viene esplorato solo per il proseguimento delle indagini.

Il paesaggio del parco accompagna costantemente la narrazione: a tratti lirico e maestoso, in altri oscuro e inquietante, sempre affascinante e in grado di dare allo spettatore una sensazione di bellezza e di grandezza che fa da sfondo a tutta la vicenda. Untamed si riferisce al protagonista o alla natura del parco di Yosemite? L’ambiguità è naturalmente voluta, ma certamente possiamo ritenere che il Parco sia qualcosa di più della mera ambientazione della vicenda: è a tutti gli effetti il co-protagonista. In questo rapporto liquido e mutevole tra natura e personaggi si sente un’eco, per quanto flebile, del capolavoro per la TV di David Lynch, Twin Peaks. Peraltro va detto che anche l’immagine di Lucy, esibita a più riprese da Kyle durante le indagini, rimanda a quella di Laura Palmer. Purtroppo però i rimandi e le analogie terminano qui.

Il tema drammatico richiede attori in grado di interpretare al meglio la psicologia dei personaggi ed in effetti tutto il cast si dimostra all’altezza del compito, in particolare Eric Bana è un protagonista credibile e coinvolgente, così come Sam Neill (Paul), Rosemarie DeWitt (Jill) e Lily Santiago (Naya) interpretano al meglio i rispettivi personaggi, la cui psicologia è definita in modo chiaro e credibile, anche se non viene mai approfondita come quella del protagonista. La molteplicità di trame non lo consente e così i drammi familiari di Naya e Paul restano solo in superficie e finiscono per confluire nel flusso narrativo senza un’identità coinvolgente.

In tutto questo abbiamo finora lasciato poco spazio alla parte crime vera e propria: e non è un caso. E’ questo l’elemento più debole del racconto, quello che per lunghi tratti sembra passare in secondo piano rispetto al dramma familiare e alle emozioni dei protagonisti.

Una debolezza che riguarda la sceneggiatura (prevedibile) così come la regia (dal ritmo troppo altalenante). La parte drammatica peraltro da sola non può farsi carico della storia, ma si limita ad integrarla e ad espanderla, finendo così per appesantire la detection e non certo per sostituirla. Peraltro l’investigazione viene condotta senza che ci sia un vero e proprio antagonista: il ruolo è ricoperto nelle prima parte da un misterioso assassino legato allo spaccio della droga e poi nella seconda da Shane Maguire (Wilson Bethel) di cui però sappiamo troppo poco e la cui sfera emotiva è presentata solo passando dallo sguardo di Kyle. Purtroppo questa debolezza vanifica quanto di buono mostrato dalla parte drammatica.

La serie, inizialmente prevista nell’arco di una sola stagione avrà un seguito: gli showrunner Mark L. Smith ed Elle Smith sono infatti già al lavoro per una seconda stagione, sempre basata sulla figura di Kyle.

TITOLO ORIGINALE: Untamed

DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 45 minuti

NUMERO DEGLI EPISODI: 7

DISTRIBUZIONE STREAMING: Netflix

GENERE: Crime Drama Action

CONSIGLIATO: a quanti amano i drammi immersi nella natura, carichi di emozioni e di introspezione più che l’azione adrenalinica e il ritmo serrato.

SCONSIGLIATO: inadatto a chi cerca un mistery accattivante e dallo sviluppo imprevedibile: la parte investigativa è piuttosto piatta e solo nel finale si cerca di sorprendere lo spettatore con una soluzione imprevista.

VISIONI PARALLELE: Twin Peaks per quanti vogliono riscoprire un capolavoro assoluto, una serie che ha fatto la storia della Tv.

UN’IMMAGINE: dal punto di vista naturalistico il racconto è ricco di immagini di assoluta bellezza. Nel finale la ranger Naya riesce a condurre il suo cavallo tra un branco di cervi fermi in una radura. Una scena che esprime in modo lirico la conquista del valore del rispetto per il parco e per i suoi abitanti.

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