Jurassic World – La rinascita

Jurassic World – La rinascita *1/2

Il settimo episodio della saga ispirata al romanzo di Michael Crichton è un’avventura senza legami forti con i film del passato, che introduce un cast interamente nuovo e si fonda su presupposti scientifici e narrativi suggestivi, che sembrano potersi applicare metaforicamente allo stesso destino della serie lanciata da Steven Spielberg nel 1993.

Si immagina infatti che i dinosauri, costretti alla convivenza con l’uomo alla fine del capitolo precedente, non riescano ad adattarsi alle condizioni terresti se non nella fascia equatoriale. L’entusiasmo verso queste creature scema quasi del tutto, i musei che ospitano i reperti chiudono, gli spettacoli di cui erano protagonisti assomigliano a stanchi circhi fuori tempo massimo.

Il paleontologo Henry Loomis, che ai dinosauri ha dedicato i suoi studi, è diventato il consulente di un’azienda farmaceutica, che spera di prevenire i problemi cardiaci dell’uomo studiando il dna delle tre più grandi creature ricreate dall’uomo, capaci di vivere ben oltre il secolo.

Assieme agli ex navy seals ora mercenari Zora Bennett e Duncan Kincaid e all’emissario della casa farmaceutica, Martin Krebs, Loomis salpa per un’isola proibita e abbandonata, in cui un tempo si svolgevano esperimenti genetici sulle creature, per raccogliere i campioni necessari a mettere in produzione il farmaco miracoloso.

Sulla rotta verso l’isola si imbattono in una famiglia di velisti – padre, due figlie e il fidanzato di quella più grande – a cui un enorme cetaceo preistorico ha rovesciato la barca.

Sull’isola i due gruppi si separeranno ricongiungendosi solo alla fine, non senza perdite dolorose.

Il nuovo film, scritto da David Koepp, lo sceneggiatore a cui Spielberg e Crichton affidarono i primi due capitoli di Jurassic Park, ha l’unico pregio di essere un’avventura autosufficiente, non l’ennesimo reboot su cui costruire altri lunghi archi narrativi.

Nessuno dei personaggi superstiti della prima e della seconda trilogia compare in questo film che ha un titolo francamente fuorviante: non c’è davvero alcuna Rinascita né nell’interesse verso i dinosauri all’interno del mondo di Jurassic World né forse nel nostro.

Nella trilogia degli anni ’90 e poi in quella degli anni ’10, il successo clamoroso del primo episodio aveva trascinato i due successivi, nonostante il calo significativo nella qualità e nell’interesse del pubblico.

Gareth Edwards (Monsters, Rogue One), chiamato a dirigere questa settima avventura all’ultimo momento sostituendo David Leitch, sembra non provarci nemmeno, confezionando un film che non ha l’ambizione e neppure le vibrazioni horror dei precedenti, preferendo rifarsi in maniera esplicita al solito immaginario dei film Amblin degli anni ’80.

Jurassic World – La rinascita è costruito attraverso una serie di cliché che continuamente richiamano l’universo di riferimento e le stesse dinamiche dei primi film della serie: il senso dello stupore del professore aggregato alla spedizione, il villain delle multinazionali vestito di bianco, il senso di camraderie tra Zora e Duncan e soprattutto il ruolo della famiglia dei velisti, vero contraltare narrativo all’interno del film. Questi ultimi non sono solo personaggi ordinari e inconsapevoli costretti ad affrontare un pericolo straordinario, ma anche una famiglia sui generis, in cui lo scontro tra adulti e adolescenti, si manifesta continuamente e in cui la più piccola del gruppo consente di abbracciare il pubblico più giovane, a cui strizza continuamente l’occhio grazie al rapporto con un cucciolo di triceratopo, che assomiglia al suo Grogu personale, al suo Stitch.

In un film tutto costruito e cesellato a tavolino da Koepp e in cui Edwards sembra tanto svogliato da mostrare sino in fondo di essere solo un regista d’occasione, paradossalmente sono proprio i dinosauri ad essere deludenti. Letali, ma non troppo, enormi, ma senza lo stupore originario.

Per lo scontro finale, probabilmente a corto di idee, hanno poi pensato di disegnarne uno che sembra un enorme xenomorfo.

In fondo anche questa scelta è una metafora perfetta per un film che non ha sola idea originale, che non si vergogna di rubare personaggi e situazioni da immaginari altrui, interni ed esterni alla serie, allestendo uno spettacolo modesto, derivativo, decisamente stanco.

E quando Edwards stesso ricicla nel prefinale la scena della stazione di servizio del suo Monsters, tutto sembra perdere sapore.

La parola passa ora alla sala. Alla fine saranno gli spettatori a decidere se questo Jurassic World – La rinascita è la coda malinconica di una saga gloriosa, come ci appare, o un imprevedibile nuovo inizio.

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