Your Friends & Neighbors **1/2
“In America più grande equivale a migliore” (Roy Lichtenstein).
Nel quinto episodio di Your Friends & Neighbors Elena Benavides contesta al suo partner di rapine Andrew Cooper (detto “Coop”) di non saper far altro che una cosa. Essere ricco.
Premessa. Coop è un broker di hedge-fund caduto in disgrazia. Una sera è abbordato da una collega in un bar. La “clausola di non fraternizzazione aziendale” è una sentenza inesorabile e l’avventura passeggera gli costa il posto. Senza un reddito certo, il colletto bianco si scopre nudo. La faticosa scalata sociale è il preludio di una rapidissima discesa. Coop deve fare fronte a una mole incredibile di spese, a partire dall’assegno di mantenimento versato a Mel, l’ex moglie, con l’iceberg dei debiti da saldare all’orizzonte. Particolare importante: Coop non dice a nessuno di essere stato licenziato. Il silenzio rinvia al segreto, il segreto alla vergogna. Il declassamento sociale non era contemplato. Eppure, la soluzione è a portata di mano. Rubare per restare a galla. E chi può essere derubato, se non i vicini di casa?
Elena e Coop sono quindi una strana coppia di ladri. Elena, una giovane donna di servizio immigrata, spolvera ogni giorno l’enorme e lussuosa villa che un tempo era di Coop, il regno di un uomo bianco americano che, ormai, è andato in frantumi. Coop ha divorziato dopo aver scoperto il tradimento della moglie Mel con il suo caro amico Nick, già star dell’NBA e ora proprietario di una palestra extralusso. Bello, ricco e possibile, Coop ha una relazione abbastanza regolare con Sam, moglie (separata e quasi divorziata) di un orrendo ristoratore troppo interessato alle sue giovanissime cameriere.
L’idea del furto, alla base del racconto, è il vero differenziale di una serie simpatica ma per altri versi scontata. Unitamente, occorre aggiungere, alla presenza sempre magnetica di Jon Hamm, chiamato a rinnovare il personaggio di Jon Draper (Mad Men) adeguandolo alla nuova America dilaniata tra cultura woke e machismo capitalista. Un personaggio del genere non poteva che essere costruito attorno a Hamm, in grado di dimostrarsi, ancora una volta, un attore eccezionale.
Vedere la destrezza con cui Coop si introduce nelle residenze ultrachic dei suoi vicini è un’esperienza di visione deliziosa. I compagni di golf, feste e bevute di Coop sono persone talmente certe della propria inviolabilità da non chiudere a chiave la porta d’ingresso. Vivono nel quartiere inespugnabile di Westmont Village, archetipo di ogni cittadella fortificata a misura di ricchi sfacciati. È piacevole seguire Coop mentre rovista nei cassetti dove sono riposti (e dimenticati) orologi da polso da centinaia di migliaia di dollari. O mentre svuota cantine che ospitano inarrivabili vini francesi. Si potrebbe definire un Robin Hood anarco-individualista, il nostro Coop. Ruba per sé, ammiccando a tutti. L’empatia suscitata nello spettatore è quasi istantanea.
Si, la ricchezza, almeno per qualcuno, è una professione a sé. Non conta semplicemente guadagnare. Il guadagno ha senso se legato allo status, alla posizione, al mantenimento di una specifica casella all’interno di un sistema esclusivo. Come dice Elena, molti pagherebbero per avere i problemi che ha Coop.
Non c’è personaggio in YF&N che non sia affamato. L’excursus biografico iniziale di Coop sulle case, disposte in ordine di grandezza crescente a seconda del progressivo avanzamento di carriera, è un buon bignami in materia. Il suo commercialista, Barney Choi (interpretato da Hoon Lee), è lapidario. Secondo lui l’ottimismo è l’unica opzione. Coop deve lottare per riavere il posto. I suoi consigli non sono esenti dal sospetto del tornaconto personale. In fondo, l’amico broker gli deve un mucchio di soldi. Choi sta ristrutturando la sua villa. La moglie desidera un parco. Poi capita… di trovare un enorme masso in cortile. Costo stimato per rimuoverlo, duecentomila dollari. Sono problemi fuori scala per i comuni mortali.
Il genere maschile ne esce a pezzi. Nick Brandes (Mark Tallman) giocava a basket con invidiabile successo. Tre volte convocato per l’All Star Game e una partecipazione alle Olimpiadi. Poi ha portato via la moglie a Coop, il suo migliore amico, insieme alla villa, provvidenzialmente accessoriata con megabacheca per esibire gli annessi trofei, senza dimenticare il campo da gioco nel seminterrato. Nick’s Long Ass Gym, il nuovo business di un uomo già ricchissimo, è il rifugio per gente innamorata dei propri muscoli. Ma la stupidità raggiunge i vertici grazie al sanitario di lusso più evoluto al mondo, un water da 26mila dollari (in YF&N tutto è prezzato!) dotato di casse bluetooth, di cui Nick si innamora fino a diventarne brand ambassador…
E la famiglia? Coop pensa ancora a Mel. Forse Mel (Amanda Peet) pensa ancora a lui. La festa organizzata da Nick per il suo compleanno finisce male. Mel, che accusava il coniuge trascurarla, è una psicoterapeuta intimorita dal proprio disagio e incapace dire la verità su sé stessa, incarnando così la cecità dei personaggi di fronte al virus dilagante di Westmont Village e luoghi simili: la noia. I residenti di queste zone aliene sono uomini e donne vuote, senza reali desideri. D’altronde, è possibile ipotizzare un mondo diverso da questo? La serie suggerisce di no. Il microcosmo dorato è destinato a implodere solo dall’interno. La ricchezza consuma chi ce l’ha. Il furto, allora, è l’infrazione di un ordine.
Tori e Hunter (Isabel Gravitt e Donovan Colan), i due figli adolescenti degli ex coniugi Cooper, brillano per stereotipi. Lui è uno studente molto svogliato, di default sballato, tanto da pensare che oggi gli sceneggiatori fatichino a non legare simbioticamente un rich kid a qualche droga sintetica (nella fattispecie medicinali per contrastare il deficit di attenzione). Hunter, batterista promettente, durante un concerto si blocca, imitando in qualche modo l’episodio di afasia della madre. L’errore nel sistema è evidenziato da questi shock improvvisi. Più spigliata la figlia Tori, in piena sintonia sessuale con il suo imbelle fidanzatino Jake e felicissima di conquistare l’unico posto disponibile nella prestigiosa squadra di tennis a spese di un’altra ragazza che, incidentalmente, è una delle sue migliori amiche. Si impara da piccoli a essere squali.
Coop ha una sorella, Ali (interpretata dalla cantante di musical Lena Hall), divorziata dal marito dopo appena un anno di matrimonio. La “casinista” Ali si esibisce accompagnata dalla sua chitarra in locali di periferia. Incarna uno spirito libero, in aperto contrasto con le convenzioni del luogo. Il suo personaggio potrebbe intendersi, anche, come la parte complementare e inespressa di Coop. A testimoniare il suo scarso feeling con le regole di bon ton sociale, la vediamo strimpellare la chitarra sull’immacolato prato del suo ex, spandendo nell’aria le note di Fake Plastic Trees, un inno evergreen del disagio esistenziale (purtroppo il fratello confonde i Radiohead con gli Smashing Pumpkins). Tra le scelte azzeccate di YF&N c’è la musica, spesso disallineata rispetto al contesto storico. Ali va a vivere da Coop e simpatizza con il nipote Hunter. Due svitati, due alleati.
Il mondo dipinto in YF&N è notevolmente misogino. Nel terzo episodio si assiste a una divisione quasi talebana tra maschi e femmine, i primi invitati da Nick alla festa per soli mariti, le seconde impegnate in un corso di autodifesa. La considerazione media della donna, moglie o amante che sia, non si allontana molto dal concetto di preda. Una seconda ovvia divisione è tra servitori e serviti. Esiste un “network delle domestiche”, tutte latino-americane, che funziona da rete parallela di scambio di informazioni. Chi viene servito, a malapena si accorge di certe dinamiche. Coop lo scopre grazie a Elena.
La voce di Coop interviene spesso dall’esterno. É un narratore che racconta di sé, da un punto di vista diverso. Altre volte, commenta i furti e in particolare gli oggetti rubati, descritti nella loro ontologia più profonda. Si, perché un Patek Phillipe Nautilus, che si contraddistingue per la cassa in oro bianco a 18 carati, è “qualcosa che si tramanda di padre in figlio e non si può possedere mai completamente”. La filosofia del capitalismo è espressa con chiarezza da Jack Bailey, il suo boss, quando dice che niente è tuo se non riesci a tenerlo. La volatilità del possesso va di pari passo con la vacuità del lusso. Chi mai si immergerebbe fino a 30 metri di profondità con un orologio da centomila dollari? Tuttavia la previsione di Coop sulla naturale distrazione dei ricchi nei confronti di oggetti desueti (ormai si legge l’ora sul cellulare!) si dimostra errata. Un proprietario si accorge del furto e sporge denuncia alla polizia.
Ironia e autoironia. Il tono della serie non è mai drammatico, nemmeno quando il racconto vira al noir. Coop, piuttosto, stempera i fatti e si strugge in un’amara malinconia. La presenza del morto, che poi scopriremo essere Paul Levitt, il marito di Sam, è evidente fin dall’inizio, ma la narrazione ellittica prende alla larga l’elemento del crimine.
Coop, o meglio Jon Hamm, è il centro di tutto. Attorno a lui si muovono personaggi monodimensionali, frenati e un po’ sbiaditi. La critica vale per entrambi i generi, ma il rimpianto per un possibile maggiore coinvolgimento va soprattutto alle figure femminili, chiamate a gestire un potenziale di seduzione in un ecosistema di maschi alfa, tendenzialmente ignoranti e ottusi. Nonostante la bravura delle rispettive attrici (Amanda Peet, Aimee Carrero e Olivia Moon, oltre alla citata Lena Hall), Mel, Elena, Sam e Ali faticano a vivere di vita propria.
YF&N è quindi l’ennesima serie dedicata all’uomo bianco adulto ricco americano e alla sua fatale decostruzione. I titoli di testa sono programmatici in tal senso. Bicchieri, collane, piscine, calici, WC hi-tech e orologi, l’intero campionario di oggetti degni di essere collezionati in una vita al top, esplodono in mille pezzi. Senza che possano più essere ricomposti. Coop continua a guidare la sua Maserati, difettata dopo un banale tamponamento. Nulla cambia mentre tutto crolla. Il valore delle cose è ormai scollato dal loro uso effettivo. La finanza ha inglobato il senso ultimo di ogni singolo elemento che un tempo avremmo definito reale. Prendiamo l’arte.
Un’opera di Roy Lichtenstein del periodo dell’espressionismo astratto, un autore i cui quadri, dice Coop, sembrano quelli di un artista che stava provando i pennelli, è l’obiettivo dell’impresa più difficile. Perfino i ricettatori (strepitosa nel suo cinismo la signora Lu) vacillano davanti a qualcosa di unico. Unico? Tutto è rimpiazzabile con una copia. Tutto è investimento. Tutto, per il laido gallerista Tomasson, è merda, ovvero denaro. Allora il punto di congiunzione, non ce ne voglia Duchamp se lo citiamo indirettamente, è presto trovato. In un mondo di ricchi ingrassati dalla finanza, cioè dal virtuale per eccellenza, arte e cessi sono la stessa cosa.
Un motivo per guardare la serie? I monologhi di Coop. La scrittura di Jonathan Tropper (Banshee), unita al carisma attoriale di Jon Hamm, sono il meglio che YF&N possa offrire. Quanta verità, nel sarcasmo di un uomo, seduto a terra, nel cuore della notte, nella casa di qualcun altro, che si accorge di allontanarsi dalla propria vita senza andare da nessuna parte…
Titolo originale: Your Friends & Neighbors
Numero di episodi: 9
Durata: 50 minuti l’uno
Distribuzione: AppleTv+
Uscita in Italia: 11 aprile – 30 maggio 2025
Genere: Crime Drama, Black Comedy
Consigliato a chi: si accerta sempre di aver chiuso il bagagliaio dell’auto, non resiste al desiderio di mangiare la marmellata, adora guardare da solo i vecchi film di Hollywood.
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