Marcel et Monsieur Pagnol – A Magnificent Life **
La nuova animazione firmata da Sylvain Chomet dopo l’intermezzo di Attila Marcel, ricomincia nella stessa Francia degli anni ’50 raccontata ne L’illusionista ormai quindici anni fa.
Tratto da Confidenze, memoir postumo del commediografo, sceneggiatore e regista francese Marcel Pagnol, ne racconta a ritroso la lunga carriera, dall’infanzia marsigliese, all’incarico come professore d’inglese e quindi il trasferimento a Parigi nel primi anni ’20. Qui, mentre la prima moglie lo abbandona, incapace di assecondare il suo desiderio di scrivere, il successo diventa una conquista faticosa e progressiva, dalle prime commedie teatrali al cinema sonoro, che alla fine del decennio Pagnol scopre a Londra e se ne innamora, prima sotto l’egida della Paramount e di Alexander Korda, quindi in prima persona nei suoi studi nel Sud della Francia, attivi fino all’occupazione tedesca e poi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, con i film girati per Fernandel.
Rossellini stesso riconobbe in Patrizia di Pagnol, il primo segno del Neorealismo cinematografico.
A partire dagli anni ’50 Pagnol si dedica alla scrittura con i romanzi Jean de Florette e Manon des sources
Nel 1957 Hélène Lazareff, che dirige la rivista Elle gli chiede di scrivere un romanzo da pubblicare a puntate sui numeri natalizi della rivista. Pagnol accetta e da quello spunto nasce la storia che Chomet mette in scena, fingendo che il giovanissimo Marcel continui a seguire le imprese del se stesso adulto, continuando a mantenere quella stessa semplicità e quello stesso spirito dei suoi anni d’infanzia.
Il problema di Marcel et Monsieur Pagnol è che Chomet rinuncia del tutto alla formidabile inventiva dei suoi lavori precedenti, che comprendono la notevolissima animazione che apre Joker: Folie à Deux, impaginando un lavoro didascalico, che pare un bigino tratto da wikipedia del lavoro di Pagnol, una carrellata lunga 30 anni, che rimane in superficie e lascia piuttosto freddi.
Se sotto il profilo stilistico il tratto e gli elementi del lavoro di Chomet sono immediatamente riconoscibili, questa volta appaiono piuttosto risaputi, senza riuscire a coltivare quello spazio dello stupore e dell’emozione, che ha sempre rappresentato la sua cifra autentica.
Neppure l’idea dell’ater-ego bambino di Pagnol funziona davvero, mai davvero coltivata, che rimane spesso un divertissement marginale.
Il film è destinato agli appassionati del lavoro di Pagnol, certamente più noto in Francia che nel resto del mondo, ma anche loro non troveranno grandi motivi di soddisfazione nel vedere rappresentato lo scrittore in un lavoro affettuoso e partecipe, ma privo di autentica ispirazione.
