Charles (Ted Danson) è un benestante professore universitario in pensione che, dopo la perdita della moglie, per il morbo di Alzheimer, trascorre solo le sue giornate, seguendo abitudini consolidate nel tentativo di superare (o forse piuttosto di dimenticare) il tragico lutto. Spinto dalla figlia Emily (Mary Elizabeth Ellis) a cercare un’attività, per sottrarsi all’inedia delle giornate uguali a se stesse, Charles risponde a un annuncio di Julie (Lilah Richcreek Estrada), titolare di un’agenzia investigativa e inizia così un’improbabile attività di spionaggio all’interno della Pacific View, una casa di riposo di San Francisco. Il suo compito è scoprire chi sia il responsabile del furto di una preziosa collana, rubata a una delle ospiti della struttura. Guardato inizialmente con sospetto dalla direttrice, la scrupolosa e attivissima Didi (Stephanie Beatriz), ben presto Charles si guadagna la fiducia e il rispetto di tutti, integrandosi nelle molteplici attività della struttura e creando un rapporto di amicizia con alcuni ospiti, tra cui il vecchio Calbert (Stephan McKinley Henderson) appassionato di burraco. Il suo incarico passa così in secondo piano, almeno finché Julie non lo richiama all’ordine…
Ispirata dal documentario cileno del 2020 El Agente Topo, diretto da Maite Alberdi, che racconta la storia di un infiltrato in una casa di cura per indagare su presunti maltrattamenti subiti dagli ospiti, A Man On The Inside presenta uno specifico tratto comedy che la rende una visione leggera e piacevole, anche se i temi trattati (senilità, solitudine, rapporti familiari, malattie) non sono dei più semplici.
Charles condivide con il protagonista del documentario cileno, Sergio, uno sguardo acuto e puro: entrambi sono capaci di stringere rapporti umani veri, al di là dell’obiettivo iniziale. Tra un momento comico e l’altro, lo show affronta come detto temi delicati, come l’importanza delle relazioni per gli anziani, la gestione della malattia, il rischio di Burnout legato alle professioni di assistenza e dei caregiver, l’elaborazione del lutto, ma anche, grazie alla famiglia di Emily, la figlia di Charles, la complessità del rapporto tra genitori e figli adolescenti e, più in generale, tra genitori e figli. Qualcuno potrebbe criticare la levità con cui questi temi sono esposti, con uno stile che ricorda le commedie classiche hollywoodiane, ma il racconto non sminuisce i temi e non prescinde da una descrizione psicologica comunque attenta e curata. Lo vediamo in Charles ed Emily, ma anche in un personaggio come Didi, sospesa tra gli adempimenti amministrativi e la cura degli ospiti. Il suo profilo è descritto in modo accurato e offre allo spettatore una molteplicità di spunti negoziali, in particolare per chi lavora nel settore dei servizi sanitari, ma non solo: Didi è simile a tante donne che vivono la loro carriera non per un arrivismo fine a se stesso o per un successo meramente economico, ma per una verace passione per il proprio lavoro che cercano sempre di svolgere in modo ottimale. La Pacific View è una casa di cura modello, con uno staff efficiente, gestito in modo impeccabile. Didi ha la capacità di farsi carico delle problematiche della struttura e delle persone, siano esse dipendenti o ospiti: si interessa di tutti e non esita a superare gli ostacoli imposti dalla burocrazia, anche a proprie spese.
Lo show ci permette, come detto, di esplorare anche un ampio ventaglio di temi legati ai rapporti familiari. Tra i momenti più riusciti ci sono proprio quelli in cui compaiono i tre figli di Emily, brevi spaccati realistici dei rapporti odierni tra genitori e figli adolescenti. Le relazioni tra Charles ed Emily, ma in generale tra gli ospiti della struttura e i loro figli sono peraltro significative di numerose problematiche (distanza, impegni lavorativi, difficoltà comunicative) che non sempre affiorano a consapevolezza.
La serie è stata ideata da Michael Schur, autore conosciuto e apprezzato: ha partecipato, tra le altre produzioni, anche al monumentale The Office, ma certamente ha raggiunto la fama con The Good Place (2016-2020) in cui peraltro ha lavorato proprio con Ted Danson. Per questa serie ha scelto un format di 8 episodi della durata di mezz’ora l’uno, seguendo uno schema consolidato nel genere comedy e che garantisce grande visibilità. Uno dei pregi principali è proprio la fluidità della visione, favorita da un tessuto narrativo guidato dalle scelte tipiche della commedia degli equivoci: stacchi musicali extradiegetici ripetuti per introdurre i momenti salienti; cambi di scena dopo gag e momenti umoristici; twist non solo imprevedibili, ma anche improbabili (nel senso che sovvertono le aspettative dello spettatore); protagonisti con personalità eccentriche e bizzarre. Lo spettatore è sempre guidato nella visione da inquadrature d’ambientazione che localizzano l’azione: come detto l’obiettivo è rendere la fruizione immediata e senza asperità.
Tutto il cast si dimostra affidabile e affiatato, con una doverosa citazione per Ted Danson che torna al suo primo amore televisivo, il genere comedy, accantonato per qualche tempo per interpretare D.B. Russell, il capo della divisione scientifica di CSI. Ted aveva già collaborato con Schur, così come altri attori: ad esempio Stephanie Beatriz già detective Diaz in Brooklyn-Nine-Nine). Il cast è del resto composto da attori conosciuti dal pubblico, come Veronica Cartwright nei panni di Beverly Banki, Sally Sruthers nei panni di Virginia o John Getz nei panni di Elliott.
Lo streamer ha rinnovato lo show per una seconda stagione che potremo vedere già nella seconda metà del 2025. La tempistica ridotta intende infatti sfruttare al meglio il buon successo di pubblico ottenuto con questa prima stagione.
TITOLO ORIGINALE: A MAN ON THE INSIDE
DURATA MEDIA DEGLI EPISODI: 35 minuti
NUMERO DEGLI EPISODI: 8
DISTRIBUZIONE STREAMING: Netflix
GENERE: Spy, Comedy, Crime
CONSIGLIATO: a quanti cercano una commedia godibile, ma non banale, che affronti temi delicati con intelligenza e garbo.
SCONSIGLIATO: a quanti si aspettano un prodotto originale: la serie si muove, sia a livello tecnico che narrativo, nei binari della commedia classica, senza cercare soluzioni innovative o sperimentazioni tecniche.
VISIONI PARALLELE: restando in tema anziani e gestione della scomparsa di una persona cara, la serie può essere affiancata ad altre produzioni di successo come After Life (2019-2022) e Il Metodo Kominsky (2018-2021). La differenza però è nella leggerezza con cui Michael Schur descrive questi temi. Possiamo poi ricordare il già citato documentario El Agente Topo, diretto da Maite Alberdi, in particolare per le analogie tra i due protagonisti, non solo a livello di missione (infiltrarsi in una struttura per anziani), ma anche a livello caratteriale.
UN’IMMAGINE: la comunicazione è per molti aspetti il tema trasversale che attraversa tutta la serie. E’ un aspetto cruciale per il benessere degli anziani, ma anche per il rapporto tra genitori e figli e pure tra i collaboratori della struttura e la loro manager Didi. Se la comunicazione in generale non è facile, quando si tratta delle proprie emozioni è piuttosto simile ad una montagna da scalare, come ci ricorda il marito di Emily, parlando con la moglie al telefono: “Sai in questo non è bravo nessuno. E’ impossibile. O sei una persona che ci prova o sei una persona che evita la cosa. E tu sei una persona che ci prova. Ed è fantastico”.

