L’anno nuovo che non arriva

L’anno nuovo che non arriva ***

La Romania del dicembre 1989, con il Muro appena caduto a Berlino, è un Paese sull’orlo di una crisi di nervi: il regime sanguinoso di Ceausescu vive la sua Weimar e il giorno 17 le manifestazioni di Timisoara, in un Paese stremato e impoverito, vengono sedate dalla polizia nel sangue.

Nei giorni che precedono il Natale, mentre in tv si prepara il programma che andrà in onda a capodanno, il regime organizza per il giorno 21 una contromanifestazione di supporto al dittatore.

I personaggi del film di Bogdan Mureşanu sono tutti testimoni di quei giorni febbrili, che portano al processo e all’impiccagione pubblica di Ceausescu e della moglie Elena il giorno di Natale.

Un regista televisivo è costretto a sostituire la subrette che è fuggita all’estero. La scelta cade su un’attrice teatrale che le somiglia, ma che ha un odio profondo per il dittatore e non vuole diventare il volto terminale di un regime al collasso.

Nel frattempo, il figlio del regista, studente dissidente,  è in viaggio assieme ad un amico verso il confine, per immergersi nel Danubio e fuggire all’estero. 

La madre di un funzionario della polizia politica si rifiuta di abbandonare la sua grande casa che sta per essere demolita.

Un operaio che la sta aiutando nel trasloco, scopre che la lettera che ha inviato il figlioletto a Babbo Gelo, contiene auguri di morte a Zio Nicolae. Il suo tentativo di bloccarla è inutile, ma dei petardi che si ritroverà in tasca il giorno della fasulla manifestazione di sostegno al dittatore, provocheranno quel caos che la diretta televisiva immortalerà attraverso il volto impotente e confuso di Ceausescu.

Il film è un ritratto a più voci di uomini e donne comuni, in uno dei momenti più tragici della storia del loro Paese.  Mureşanu intreccia i loro destini personali a quelli più grandi, facendone strumento involontario di una rivolta che spazzerà in poche ore un regime durato 25 anni.

L’anno nuovo che non arriva è indubbiamente un lavoro a tesi, didascalico, un po’ old style nel suo racconto corale, ma rimane certamente efficace, quando si comprende che la trama e l’ordito del tessuto narrativo concorrono a costruire quella debacle pubblica che sarà la classica goccia in un vaso già colmo.

Mungiu, Mihaileanu, Puiu, Porumboiu, Netzer quindi Jude, Nanau, Parvu, e ora Muresanu hanno tutti raccontato in un modo o nell’altro gli anni della dittatura, sovente in modo indiretto, mostrandone derive e conseguenze, psicologie e condizionamenti che ancora influenzano comportamenti e rapporti sociali.

L’ispirazione questa volta viene da un corto del 2018, The Christmas Gift, già premiato con l’European Film Award e la candidatura agli Oscar.

L’anno nuovo che non arriva si muove in modo pertinente tra commedia e dramma, senza smussare nulla, anzi mostrando uno spettro molto ampio e realistico di reazioni e soprattutto la paura e il terrore, compagne di viaggio di chiunque viva sotto il martello di un regime.

Siamo al crepuscolo della dittatura, eppure nessuno dei personaggi sembra essersene accorto, ancora schiacciati sotto il pugno duro della repressione di Stato: Muresanu mescola satira e denuncia sociale, con le note del grande romanzo, in cui umanità dei vinti si ribalta in un coro imprevedibilmente liberatorio.

Eppure basta poco – il tempo di un Bolero – perché il castello di complicità, delazioni, silenzi e collusioni crolli definitivamente di fronte al ridicolo e all’impotenza di un potere ormai consunto.

Da non perdere.

 

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