Cannes 2024. Marcello mio

Marcello mio *

C’è sempre in un festival il film perfetto per raccogliere ogni stroncatura, la maglia nera delle classifiche internazionali, il lavoro così sconclusionato che ci si chiede cosa vi abbiano visto i selezionatori, per inserirlo nel contesto competitivo e spietato del concorso ufficiale.

Quel film a Cannes 2024 è Marcello mio di Christophe Honoré, un disastro epico, tanto più grande perché costringe Chiara Mastroianni ad un confronto edipico con l’immagine del padre Marcello, non meno che con la madre Catherine Deneuve, ancora presentissima e centrale nella sua vita come in questo film.

L’idea surreale è che Chiara si svegli una mattina e veda nella specchio il volto del padre e non il suo. Ossessionata dalla somiglianza e in un periodo di incertezze personali e professionali, dopo un provino sul set del nuovo film di Nicole Garcia, con Fabrice Luchini, decide di vestire i panni del padre, con la parrucca, l’abito scuro, gli occhiali neri e il cappello di 8 e 1/2.

Parla italiano, si fa chiamare Marcello, se ne va in giro per Parigi vestita così: Deneuve si preoccupa, Biolay la ospita sul palco di un suo concerto, Melvil Poupaud la prende di petto. Gli unici ad assecondare la sua follia sono Luchini, che ha il rimpianto di non aver mai conosciuto Mastroianni e un soldato inglese, incontrato una notte su un ponte sul punto di gettarsi, con cui condivide lunghe notti insonni.

Alla fine il gruppo arriverà a Roma e poi a Formia, sulle orme di Marcello, dopo un’apparizione disastrosa in un programma televisivo.

Il film di Honoré è talmente disastroso e coinvolge attori a cui vogliamo così bene e stimiamo che è inutile esagerare nella stroncatura. Vi basti sapere che un costante e crescente imbarazzo accompagna le due ore a cui Honoré ha costretto un cast formidabile, per inseguire un’ideuzza completamente sciagurata che sta fra l’autofiction e la seduta di analisi.

Orrore nell’orrore il lungo frammento televisivo con Stefania Sandrelli.

Finiamola qui.

 

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