The Girl With The Needle

The Girl With The Needle **

A distanza di quasi dieci anni da The Here After, che nel 2015 aveva debuttato alla Quinzaine, il quarantenne svedese Magnus von Horn torna a Cannes, questa volta nel concorso principale, con questo austero The Girl With The Needle, ambientato nella Copenhagen del primo Novecento e ispirato ad uno dei casi giudiziari più sconvolgenti della storia di quel Paese.

Il punto di vista di von Horn è intelligentemente laterale e arriva a raccontare l’indicibile criminale, attraverso gli occhi di una delle sue vittime inconsapevoli.

Karoline è una donna sola: il marito è disperso sul fronte della Grande Guerra e i pochi soldi guadagnati cucendo le divise militari nella manifattura del Sig. Kitzler non sono sufficienti per il suo modesto alloggio. E’ così costretta a accettare condizioni di vita ancora meno dignitose, sistemandosi in un vecchio pollaio risistemato alla buona.

Tuttavia Karoline attira le attenzioni del padrone, Jensen, che la mette incinta e promette di sposarla. Solo che il marito di Karoline si ripresenta finita la guerra col volto mostruosamente deturpato e l’animo non meno scosso, mentre la Baronessa Kitzler fa recedere il figlio dalle sue promesse sconsiderate.

Karoline perde il posto di lavoro e quasi ogni speranza. Tentando di provocarsi un aborto con un lungo maglio in un bagno pubblico, viene aiutata dalla Sig.ra Dagmar che gestisce un delicatessen in città e si offre di risolvere i suoi problemi, dando in affido il suo bambino quando nascerà.

Solo che i propositi della melliflua Sig.ra Dagmar sono molto diversi e Karoline se ne accorgerà quando comincerà a collaborare con lei, in un’impresa clandestina a cui partecipa anche la piccola Erena, forse una delle bambine un tempo consegnate nel magazzino del delicatessen.

Il film di von Horn è immerso in un severo bianco e nero che sembra evocare Murnau e quello spirito contemporaneo alla storia raccontata in questo The Girl With The Needle.

Il tragico destino dei bambini affidati alla Sig.ra Dagmar rimane a lungo sullo sfondo, una bugia pietosa detta a madri incapaci di prendersene cura, abbandonate, tradite, umiliate come Karoline, che pure sognano per i loro figli una famiglia normale, un futuro possibile.

La verità sarà molto più amara, per Karoline e per le altre. Peccato che il film sia troppo sbilanciato e mostri un campionario pressochè infinito di sciagure che affliggono la vita della nostra protagonista, a cui non sembra mai riuscire nulla. Nonostante la determinazione, la compassione, lo spirito indomito, il destino sembra sempre voltarle le spalle e metterla nella situazione peggiore possibile, sino a farla diventare complice delle scelte mostruose della Sig.ra Dagmar, obnubilata dalla morfina, unica sua vera compagna di vita.

E’ un film di donne sole, umiliate, vilipese proprio nel momento in cui donano la vita, ma il film non vuole neppure essere predicatorio o politico, in senso stretto, quanto piuttosto raccontare con le forme del romanzo popolare una storia di sopravvivenza alla vita stessa.

La ‘creatrice di angeli’, colei che millanta di gestisce una rete di adozioni clandestine con l’intento di aiutare le donne povere ad affrontare gravidanze indesiderate, è solo un altro incidente di percorso per Karoline che alla fine sceglierà di essere madre in modo diverso, prendendosi cura, sfidando l’orrore e ritrovando un’altra testimone innocente della crudeltà della Dagmar.

Il film ha uno sguardo sociale sulla storia che racconta, non ha i modi del noir, nè sembra interessato a penetrare l’oscurità del Male, quanto piuttosto a dipingere uno sfondo con il maggior dettaglio possibile, ricostruendo il contesto all’interno del quale le storie di Erena, di Karoline e di Dagmar hanno potuto incrociarsi.

In tutto questo la cura fin eccessiva della messa in scena e il nitore della fotografia di Michal Dymek, come l’interpretazione di perenne mestizia della protagonista Vic Carmen Sonne, rischiano di lasciare più di qualche ombra di manierismo.

Debole.

In Italia su MUBI. Nominato agli Oscar per il miglior film internazionale.

E tu, cosa ne pensi?

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.