Dici Australia e pensi all’Ayers Rock, al selvaggio outback, all’oceano e alle spiagge infinite, alle esplorazioni di Bruce Chatwin, agli aborigeni, al boomerang e al suono del didgeridoo, ai simpatici koala e, ovviamente, ai canguri. Ci ripensi e aggiungi qualche elemento meno scontato, l’amore e la morte uniti in matrimonio nelle canzoni di Nick Cave, gli arcobaleni trasformati in poesia da Les Murray, i cavalli e gli ippodromi glorificati nei romanzi sperimentali di Gerald Murnane. Arrivi al capitolo cinema e associ l’Australia a Peter Weir, che con Picnic ad Hanging Rock ha pizzicato le corde del mistero. Continente selvaggio e ingovernabile, ideale tabula rasa della civiltà (non a caso culla dell’epopea post-apocalittica di Mad Max), l’Australia è stata brutalmente raccontata da film poco noti alle nostre latitudini, come Ghosts… of the Civil Dead, opera d’esordio di John Hillcoat, fino ad alcune pellicole cult degli anni Settanta, in particolare Walkabout di Nicolas Roeg e Wake in Fright di Ted Kotcheff, dove il crudo realismo (con sequenze vietatissime agli amici degli animali), il vagabondaggio onirico, l’estetica del sublime e il perturbante erotico si fondono, per dare vita a un’originale esplorazione psicogeografica di un mondo diverso, grezzo, alieno, spesso indecifrabile.
Perché questa introduzione? Perché Boy Swallows Universe, serie Netflix in sette episodi ambientata in un sobborgo di Brisbane in pieni anni Ottanta, risente di questa inquietudine, verrebbe da dire endemica, del continente australiano. Almeno in parte. Il finale tradisce un ottimismo comunque non fuori luogo. La morale si può riassumere nel classico incoraggiamento lanciato agli adolescenti. Nonostante le avversità, puoi farcela. E di avversità il protagonista Eli Bell ne deve superare molte.
Ragazzo divora universo è tratta dall’omonimo romanzo semi-biografico di Trent Dalton. La vocazione al racconto coming-of-age, cioè di formazione, traspare fin dall’inizio. Cosa c’è di più avvincente e trasformante, per un tredicenne, della prima, prematura, lezione di guida? Esaltante è anche la frase del suo improvvisato istruttore, Slim Halliday, amico di famiglia e storico babysitter di Eli e di suo fratello Gus: stare dalla parte della legge è come guidare, basta non accelerare. L’invidiabile talento filosofico di Slim si palesa nella produzione, sempre al momento opportuno, di massime degne della saggezza di un antico imperatore. Anni prima Slim è evaso di prigione (una fuga leggendaria!) e continua a professarsi innocente. Eli gli crede. Non può essere stato lui ad aver assassinato a sangue freddo un povero tassista.
La famiglia Bell è atipica, distorta, disfunzionale, eppure aperta alla possibilità di essere felici, singolarmente ed insieme, se non nel presente (spesso amaro), certamente in un momento futuro. Questo assioma, l’ipotesi della felicità a prescindere da tutto, regge la serie e, in qualche modo, la illumina.
Lyle, il patrigno di Eli e di Gus, lavora in una fabbrica di arti. Tutti sanno che un tempo spacciava droga. Frances, la madre, è un’ex tossicodipendente. Nel primo episodio Eli sospetta che Lyle abbia ripreso la vecchia attività e sua madre, persona vulnerabile da difendere, sia ricaduta nel vizio (un flashback ci mostra la disintossicazione forzata di Frances, chiusa in una stanza per giorni). Una sera il patrigno esce di casa con un frigorifero portatile in mano. Eli lo segue. Lyle ha un appuntamento con Bich Dang, proprietaria di un ristorante e importatrice di sostanze stupefacenti.
Nella serie risalta la connotazione etnica delle bande che si contendono le piazze del rifornimento e dello spaccio. Darra non è un luogo immaginario ma è un quartiere reale della periferia di Brisbane caratterizzato un’alta concentrazione di immigrati provenienti dall’est asiatico, in particolare di origine vietnamita. Darren, il figlio di Bich che se ne va in giro con una spada da samurai, intercetta Eli mentre sbircia dall’esterno il salotto di casa. Rischia di essere la premessa di una tragedia e invece no, il clima resta disteso. Per il giovane Eli è il preludio della presa di coscienza della propria fragilità. Deluso dal comportamento di Lyle, scoppia in un pianto liberatorio. Sorprendentemente, sulla via del ritorno il rude patrigno non se la prende con lui, anzi comprende la catarsi, nel suo senso profondo: piangi perché sei un bravo ragazzo.
Gus è una figura decisiva. Dall’età di sette anni il fratello maggiore di Eli ha smesso di parlare e comunica attraverso due modalità: la scrittura e il disegno. Con le dita, Gus scrive parole, rapidi messaggi vergati nell’aria. I suoi disegni sono immaginifici e cupi. Il tema di un’automobile, in volo attorno alla Terra, è ricorrente (potrebbe rivelarsi un sogno, una visione, o forse perfino un ricordo). Eli è convinto che Gus sia in grado di prevedere il futuro, perché spesso le frasi sono enigmatiche e, in certi casi, si sono avverate. Eli avverte di essere il destinatario di oscure missive.
La tua fine è uno scricciolo azzurro resta impressa nella sua memoria. Un’altra, quella che dà il titolo al libro e alla serie, recita Boy Swallows Universe, Ragazzo Divora Universo. Cosa significano? Ad ingarbugliare la matassa, ci si mette anche un telefono rosso nascosto nel sotterraneo di casa. Gus sembra sapere l’attimo preciso in cui squillerà. Nessuno, però, conosce l’identità dell’uomo che chiama. Una voce adulta, all’apparenza familiare, semina appunti allusivi ed elusivi e instilla ulteriori dubbi nei due fratelli. C’è qualcosa di strano là fuori. O forse qualcuno che aspetta solo di colpire.
Questo qualcuno è Ivan Kroll, spietato esecutore delle volontà criminali dei capi del narcotraffico. Si ha l’impressione che gli autori di Ragazzo Divora Universo, tra i quali spicca lo sceneggiatore John Collee (Master and Commander, Happy Feet), abbiano giocato con l’iconografia e in generale con l’estetica dei film di culto degli anni Ottanta. Così Ivan Kroll, a cavallo della sua moto, sembra un parente prossimo di Terminator. Il secondo episodio lo vede protagonista della scena più cruenta dell’intera serie. Al termine di una serata all’insegna della violenza (il patrigno Lyle, tradito dal suo migliore amico, viene rapito dagli scagnozzi di Kroll), Eli perde un dito. Contestualmente, il fratello Gus ritrova la voce. Lo spoiler è perdonabile: ogni episodio, oltre a essere illustrato da un disegno di Gus, è intitolato in maniera didascalica e anticipa un evento traumatico o un fatto saliente, comunque un rito di passaggio verso l’età adulta.
Quasi mai gli “adulti” di Ragazzo Divora Universo sono anche “maturi”. A partire dal terzo episodio, con la scomparsa di Kyle, del quale sarà ritrovata solo… una gamba, ritorna in auge il padre biologico dei fratelli Bell. Robert si è autorecluso perché agorafobico e trascorre le giornate bevendo. Il suo appartamento trabocca di libri malamente impilati in colonne, sempre sul punto di crollare su sé stesse. Intanto Frances, che non ha voluto dire la verità su quella notte maledetta, è in galera (geniale la trovata del viaggio di andata e ritorno di Eli nel carcere femminile, una specie di magia… alla Houdini). Anche Eli ha mentito. Alla polizia, ha riferito di aver perso il dito a causa di un tragico gioco. Con il fratello avrebbero tentato di “affettare” una statuetta di Darth Vader. Guerre Stellari, Il mio amico Arnold, Lo Squalo, ET, Ritorno al futuro… In maniera esplicita, e più spesso in filigrana, ci vengono riproposte le figure dell’immaginario di una generazione.
Il boss dell’azienda di protesi si chiama Tytus Broz, un richiamo al Presidente della defunta Jugoslavia, una nazione smembrata, andata in pezzi, archetipo geopolitico di tutte le disintegrazioni . Alla base dell’interesse di Tytus per il corpo umano vi è una tragedia personale: la figlia nacque deforme, priva degli arti superiori. Nella serie, la perdita reale di parti di sé (il dito, la voce, la gamba) funge da metafora per uno smarrimento più vasto. In un mondo corrotto dalla droga ci si affida anche al più esile filo di tenerezza e di speranza: uscita di galera, Frances va a vivere con Teddy Callis, da sempre interessato a lei. Teddy, quasi certamente, è l’uomo che consegnò Lyle a Kroll.
I personaggi risultano bloccati ai margini della felicità e il puro istinto di sopravvivenza ne determina le scelte. Amore, soldi, prigione, peccato e vendetta sono le cinque T tatuate sul braccio dei membri della gang di Darren Dang. La gang sostituisce la famiglia di origine, il codice d’onore diventa legge: sono le regole della strada. Eli e Gus combattono per strappare la madre a un futuro apparentemente già scritto, infine riuscendoci, e per affermare il proprio diritto ad esistere. Gus si affeziona a una ragazza colpita da distrofia muscolare. L’unico vero amico di Eli è un carcerato, Alex Bermuda, con il quale intrattiene una corrispondenza paradossalmente ricca di spunti educativi. I confini tra carcere e vita sono incerti. A prescindere dalle sbarre, vige solo la legge del più forte. Lo sperimenta anche Eli, ragazzo bullizzato, a scuola.
L’elemento fantastico squarcia la realtà e svela dettagli da incubo. I sogni vigili sintetizzano paure retroattive e ansia per il futuro, un puro distillato di angosce adolescenziali. Viviamo sempre la stessa vita, siamo morti e poi ritornati, dice Gus a Eli. L’elemento crime (pur con qualche eccesso caricaturale) indirizza la serie verso scenari horror. L’ironia di alcune situazioni contribuisce ad ingentilire il clima generale. Ragazzo Divora Universo è una serie-frankenstein, un ircocervo di istanze differenti. Un terzo aspetto, la verità, incarnata dalla giornalista Caitlyn Spies, acquista importanza soprattutto negli ultimi due episodi. “Siamo la luce del sole”, dice Caitlyn al suo nuovo collega Eli Bell, che intanto è cresciuto. L’amore illumina le zone d’ombra e il romanzo di Eli chiude il cerchio. La sceneggiatura riesce a far quadrare i conti e a rendere la serie un impasto misteriosamente gradevole.
Di buon impatto è la colonna sonora, che unisce glorie rock australiane note (INXS, Men at Work, Midnight Oil, The Church) e meno note (Air Supply, Divinyls, Australian Crawl) ad artisti del calibro di Supertramp, The Stranglers, Townes Van Zandt, Joe Jackson e soprattutto Rolling Stones, con l’immortale Ruby Tuesday a fungere da madeleine di un passato da riguadagnare.
La serie si regge su un cast convincente. Travis Fimmel (Vikings, Raised by Wolves), Phoebe Tonkin (H2O, The Vampire Diaries), Sophie Wilde (attrice prossimamente al fianco di Nicole Kidman nel thriller Babygirl), Simon Baker (Patrick Jane in The Mentalist) interpretano rispettivamente Lyle, Frances, Caitlyn e Robert. Le autentiche star di Ragazzo Divora Universo sono però i due giovani attori esordienti, Felix Cameron e Lee Tiger Halley, cioè Eli e Gus dei primi cinque episodi. Il tema principale, la lotta per la sopravvivenza in un quadro socialmente problematico, è un topos degli schemi narrativi che potrà risultare abusato. Tuttavia, lampi di originalità autoriale sollevano la storia dal suo fondo di banalità. L’immaginazione può venire in soccorso. O forse è sufficiente accettare la realtà, guardandosi semplicemente attorno. Non è impossibile credere in un mondo in cui, per citare lo scrittore Eli Bell, tutte le cose assurde si rivelano vere.
Titolo originale: Boy Swallows Universe
Numero di episodi: 7
Durata: 50 – 75 minuti l’uno
Distribuzione: Netflix
Uscita in Italia: 11 gennaio 2024
Genere: Crime, Drama, Comedy, Coming-of-Age
Consigliato a chi: sa come usare un’ascia di guerra maori, getterebbe volentieri la televisione dalla finestra, non appenderebbe mai alla parete il servizio buono.
Sconsigliato a chi: ha indossato la cravatta sbagliata ad un colloquio di lavoro, sottovaluta la creatività del proprio fruttivendolo, ha difficoltà nel decifrare gli acronimi.
Visioni e letture parallele:
- Su un fratello e una sorella legati da un segreto: Il patto del silenzio (2021) di Laura Wendel, disponibile su Raiplay.
- Sul ricordo di un tempo che non tornerà più: Aftersun (2022) di Charlotte Wells, disponibile su Mubi.
- Sull’Australia, il suo spazio e il suo tempo senza memoria: Orme di Robyn Davidson, Feltrinelli (2018).
- Sulla geografia come paesaggio interiore: Le pianure di Gerald Murnare, Safarà (2019).
Un oggetto: il mitico Atari.
Un poeta: Omar Khayyâm.


A me invece l’Australia fa pensare a questa splendida serie tv: https://wwayne.wordpress.com/2023/05/01/una-ragazza-deliziosa-2/. L’hai vista?