Assassinio a Venezia

Assassinio a Venezia **1/2

La terza avventura del Poirot di Kenneth Branagh si prende molte più libertà delle precedenti, scegliendo innanzitutto di adattare un libro minore, il tardo Hallowe’en Party, scritto dalla Christie nel 1969, il penultimo con il famoso detective belga come protagonista.

Branagh e Michael Green decidono di sfruttarne giusto il canovaccio, traslando l’ambientazione nella Venezia del secondo Dopoguerra, dove Poirot si è rifugiato sfiduciata dall’umanità e deciso a rifiutare qualunque nuovo caso, protetto dall’ex poliziotto Vitale Portfoglio .

Qui lo raggiunge l’amica scrittrice Ariadne Oliver, che lo convince a partecipare alla festa di Halloween nel palazzo stregato posseduto dell’ex cantante lirica Rowena Drake.

Dopo la festa Rowena, Ariadne e gli altri invitati si sottopongono ad una seduta spiritica guidata dalla celebre medium ed ex infermiera di guerra Joyce Reynolds. La cantante spera di poter evocare lo spirito della figlia Alicia, suicidatasi dopo aver rotto il suo fidanzamento con lo chef Maxime Gerard ed essersi ammalata gravemente. Ariadne ha convinto Poirot a partecipare perchè spera che l’acume razionale dell’investigatore smascheri gli inganni della Reynolds, in modo da trarne uno spunto narrativo per il suo prossimo giallo.

Alla seduta partecipa l’assistenze di Rowena, Olga Seminoff, il dottore di Alicia, Leslie Ferrier, scosso dalle turbe che lo assalgono sempre più spesso dopo aver contribuito alla liberazione del campo di Bergen-Belsen.

Poirot smaschera i fratelli Holland, profughi ungheresi che aiutano di nascosto la medium, ma quando tutto sembra chiaro ecco che anche il famoso investigatore sembra vedere ombre e fantasmi, finisce quasi annegato in uno dei giochi per bambini della festa, prima che Joyce Reynolds precipiti da un balcone del palazzo finendo impalata su una statua.

La marea obbliga tutti a restare nel palazzo per una notte che farà nuove vittime e consentirà a Poirot di scoprire misteri, ricatti e vendette…

Branagh probabilmente più libero rispetto ai due celebri adattamenti precedenti, che pure erano stati portati sul grande schermo 50 anni fa, con cast prestigiosi e un discreto successo, questa volta decide di mettere da parte gli elementi più tipicamente di detection, per coinvolgere Poirot in una sorta di incubo ad occhi aperti, lungo una notte intera, mettendo in discussione le sue doti e il suo equilibrio psicologico.

Il film è costruito analogamente attraverso una teoria di inquadrature oblique, sghembe, spesso dall’alto secondo linee prospettiche che tradiscono i sensi e confondono lo spettatore.

Il cast questa vota è meno prestigioso che in passato e Branagh coinvolge anche la coppia di Belfast, padre e figlio, assieme ad una Kelly Reilly, decisamente fuori parte e a Michelle Yeoh che appare quasi solo per un lungo cameo. Detestabile, come sempre, Tina Fay, che appare petulante e impicicona oltre ogni limite sopportabile, non solo per necessità di scrittura, ma perchè ogni volta che appare vien voglia di dirle dalla platea: “spostati e fammi vedere il film”.

Ciononostante Branagh governa meglio i suoi attori, introduce tutte le modifiche opportune nel testo originale, concede a ciascuno lo spazio per raccontare la sua storia e gestisce con una certa eleganza il trasferimento dell’azione a Venezia in un contesto peraltro quasi tutto d’interni, ma utilizzando con grande sapienza gli spazi esageratamente ampi e assieme angusti dell’antico palazzo.

In questa che appare più come una ghost story che un whodunit alla Christie, Branagh si trova decisamente più a suo agio, facendo finalmente suo il personaggio e rompendo la meccanicità dell’intreccio in favore di una dimensione meno teatrale e più umana.

Quel Poirot che alla fine ricomincia ad accettare nuovi incarichi sembra quasi lo stesso Branagh, pacificato con il suo ruolo di adattatore delle storie della Christie, almeno in questa nuova chiave.

2 pensieri riguardo “Assassinio a Venezia”

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