L’ordine del tempo

L’ordine del tempo *1/2

Adattando per il grande schermo il saggio omonimo del fisico Carlo Rovelli, dedicato al concetto di tempo, Liliana Cavani firma il suo nuovo lungometraggio, a distanza di oltre vent’anni da Il gioco di Ripley.

Il film si apre con una discussione tra madre e figlia sul modo in cui i greci dibattevano del tempo (chronos: il tempo cronologico; aiòn: il tempo trascendentale; kairòs: il tempo indeterminato; eniautos: l’anno solare).

Poi il film raccoglie i suoi personaggi in una bella casa borghese in riva al mare in cui professori universitari, avvocati, avidi finanzieri, dottori, avvocati e giornalisti del Guardian si trovano a doversi confrontare con i fantasmi del loro passato e con le incertezze del loro presente, mentre un meteorite chiamato Anaconda minaccia di schiantarsi sulla Terra, provocando un disastro simile a quello che ha portato all’estinzione dei dinosauri.

Il bel gruppo di attori coinvolti, sembra tuttavia impegnato nella solita ronde di desideri e frustrazioni alla Ozpetek, in modo molto stanco e altrettanto prevedibile.

Cosa c’entri il lavoro di Rovelli con questo film è difficile da dirsi. Il senso di mestizia e di imbarazzo generale viene appena mitigato dalla verve comica un po’ cialtrona del personaggio di Gassman, ma non basta a salvarci da un tedio invincibile che il contesto così smaccatamente radical-chic non fa che rendere insopportabile.

Il dialogo tra scienza e fede, tra umanesimo e ricerca spesso al centro della riflessione della regista nei suoi film degli anni ’60 e ’70 emerge in un paio di scene con la clarissa interpretata da Angela Molina, che tuttavia sembrano davvero inserite a bella posta, del tutto slegate dal resto.

Scritto con Paolo Costella di Perfetti sconosciuti, il film si muove impalpabile e evanescente. Peccato festeggiare un Leone d’Oro alla carriera con il meno significativo dei film di Liliana Cavani.

 

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