Vi sono autori in grado di anticipare il futuro e uno di questi è David Cronenberg. Nel 1988 il regista canadese girò Dead Ringers, distribuito in Italia con il titolo Inseparabili. In Dead Ringers Beverly e Elliot Mantle, interpretati da un memorabile Jeremy Irons, sono due fratelli gemelli omozigoti, esteriormente indistinguibili. I Mantle, ginecologi di grande talento, infrangono tutte le regole della deontologia professionale. Vanno a letto con le pazienti, si scambiano in sala operatoria senza che nessuno se ne accorga, abusano di alcol e droghe. La simmetria perfetta va in frantumi a causa di Claire Niveau, un’attrice di cui Beverly si innamora. La presenza di Claire, affetta da una rara patologia (utero triforcuto), fa di Beverly un’entità distinta dal gemello Elliot. Il trauma genera ossessione. Beverly, il più fragile tra i due, inventa una strumentazione chirurgica all’avanguardia (agghiaccianti opere d’arte in metallo fuso) per curare le donne mutanti come Claire. Il tentativo di ripristinare l’ordine finirà in tragedia.
Il futuro intuito da Cronenberg, in Dead Ringers e in molti altri lavori (compresa la revisione di Crimes of the Future), è quello della manipolazione consapevole del corpo umano, della tecnologia intrusiva e dell’integrazione crescente tra carne e macchina. A trentacinque anni di distanza, la drammaturga Alice Birch, già sceneggiatrice di Normal People, è riuscita nell’impresa di ricreare Dead Ringers evitando la pedissequea imitazione dell’originale. I nomi non cambiano ma Beverly e Elliot, stavolta, sono donne. Rachel Weisz sfodera un’intepretazione convinta e sinistramente compiaciuta del personaggio. In occasione della presentazione di Dead Ringers a Canneseries, l’attrice britannica ha lodato la scrittura psicologicamente stratificata e profonda di Alice Birch. L’integrazione tra i due piani, sceneggiatura e resa attoriale, nonostante una narrazione a tratti disarmonica, è il punto di forza della serie.
Nel primo episodio Elliot Mantle esprime con chiarezza la volontà di cambiare il mondo in modo permanente, significativo e reale. Elliot e sua sorella gemella Beverly in quel momento sono a cena con Rebecca Parker, magnate dell’industria farmaceutica. Siamo geniali, aggiunge la dottoressa. Un finanziamento privato potrebbe consentire loro di aprire un nuovo centro per migliorare le tecniche del parto. Di più: per rendere il parto un evento personalizzabile, ritagliato sulle esigenze individuali della donna.
La gravidanza non è una malattia è il mantra delle gemelle Mantle. Ne discende che la partoriente non è un soggetto minato da una patologia, non è una paziente da curare. Diversamente, la donna è un’utente da servire cui vanno consigliate le migliori strategie e soluzioni per portare a termine, con successo, il progetto di vita portato in grembo. Ogni donna dovrebbe essere messa in condizione di affrontare con la massima serenità le varie fasi della gestazione, dall’inseminazione alla nascita. Un ostacolo posto dalla natura o dalla sfortuna (ad esempio un feto in posizione podarica) è solo una deviazione tecnicamente correggibile. Le scene iniziali di Dead Ringers indugiano proprio sulle aberrazioni detestate dalle gemelle Mantle: sangue, sofferenza e lutto. Una donna muore quattro ore dopo il parto, un’altra dà alla luce un bambino morto.
Alice Birch, saggiamente, non vira verso il body horror tipico di Cronenberg e all’apologia della mutazione preferisce l’espressionismo brutale delle situazioni concrete. Il ventre squarciato della donna, i cordoni ombelicali. i liquidi interni, gli schizzi di sangue sono elementi di un’evidenza materica e cromatica a tratti difficilmente sostenibile. I camici color cremisi, tanto simili a tuniche sacerdotali, ripresi dal film, esibiscono il colore della follia. La carne lacerata è messa a contrasto con la levigatezza architettonica dei templi sanitari, a ricordarci cosa siamo. Non certo primariamente numeri o algoritmi, bensì corpi.
Secondo me, il corpo è il fattore dell’esistenza umana, dichiarava Cronenberg in una conversazione avuta nel 2008 con Mario Sesti, poi pubblicata su Micromega 6/2010. Ed è facile perdere di vista questo fatto, proseguiva, perché vi sono numerose forze della cultura e della società che tentano di sviare l’attenzione da questa realtà, ovviamente intendo la religione, molta arte, il lavoro e le interazioni sociali. La tecnologia svolge un’operazione di mistificazione non dissimile, se è vero, come sosteneva il matematico Norbert Wiener, che una delle sue caratteristiche (a differenza della scienza) è la capacità di sostituire la realtà con una sua rappresentazione. L’immagine dei due feti gemelli generati e cresciuti in laboratorio, un dono di Elliot a Beverly, è il punto di convergenza figurativo di questa tesi: gli uteri artificiali sono l’espressione del potere tecnologico ed economico più avanzato ed al contempo un altare, un’icona da venerare, una promessa di emancipazione radicale dal corpo altrui. Il centro di ricerca Mantle-Parker non fa evolvere il parto, al contrario sottrae la gestazione al dominio della donna per farne un’opera d’arte, una simulazione.
Il focus della serie stringe sull’enigma dell’identità, in particolare sul rapporto tra Elliot e Beverly, divergenti nella follia che le accomuna. La prima, caratterizzata da capelli sciolti, appare fin da subito ambiziosa, vorace e spregiudicata. La seconda, dai capelli raccolti, si dimostra moderatamente consapevole del suo ruolo di medico, empatica e altruista. Beverly vorrebbe estendere a tutte le donne le possibilità offerte dalla tecnica. Elliot non ci pensa affatto. O meglio, ritiene che il programma personalizzato sia da portare avanti costi quel che costi.
Rebecca Parker, la finanziatrice del centro che porterà anche il suo illustre cognome, è identificata come una delle colpevoli dell’epidemia di oppiodi in America. Me ne sbatto dell’etica, faremo soldi a palate, risponde a chi le obietta che il progetto di assistenza alle donne non sarà mai universale, bensì appannaggio di pochi. Personaggio mefistofelico, ripugnante e tuttavia tremendamente vero, Rebecca è forse il miglior esempio di come Alice Birch abbia saputo innovare la trama adeguandola al paradigma ideologico del nostro tempo.
È giusto ricordare che già l’originale Dead Ringers era una libera elaborazione di Twins, un romanzo del 1977 di Bari Wood e Jack Geasland, a sua volta basato su un reale fatto di cronaca, due famosi ginecologi deceduti a seguito di overdose nel loro lussuoso appartamento di NYC e ritrovati in avanzato stato di decomposizione. Il finale del film di Cronenberg si poggiava su questa iconografia del degrado, pur prendendo le distanze dalla trasposizione letteraria.
Il surreale meeting di famiglia al quale partecipano le gemelle Mantle nel secondo episodio, tra megaquadri raffiguranti vagine e sofisticatissimi piatti green serviti a tavola, accessibili soltanto ai ricchi, è un campionario di tecnoreligione millenarista. Biohacking, trapanazione dei crani (i riti del neolitico anticipano di qualche secolo l’innesto dei chip nel cervello) e realtà virtuale applicata alla robotica: Cronenberg ancora c’è. Si potrebbe affermare che la profezia filosofica del Maestro si traduce ormai nel verbo della prossima, destabilizzante normalità del Transumanesimo, in cui il principio cardine della Common Law, there is no property in the human body, è portato alle estreme conseguenze.
Elliot, incontenibile, promette alla tavolata raccolta attorno a Rebecca la cancellazione della menopausa. Beverly è in disaccordo: siete le peggiori persone immaginabili, grida in faccia ai miliardari. A fine pranzo il gruppetto è allietato da un coretto di bambini che intona The Scientist dei Coldplay. Chi conosce il testo coglierà la sottile ironia. Beverly, per non rompere l’unità, cede al sogno della sorella. Avranno i soldi e potranno sperimentare tecniche di procreazione e programmi personalizzati, dall’embrione fino alla morte.
Le gemelle Mantle, si sarà capito, sono strette l’una all’altra da un legame morboso. Elliot è insaziabile: di cibo, di droghe, di sesso. Si ingozza di hot dog. Tritura pillole che poi sniffa. Abborda sconosciuti nei bar. Sul lavoro, a modo suo, è scrupolosa: impone ai mariti delle pazienti di esibire… la propria virilità, mentre le mogli, ignare, si preparano alla visita. Beverly, che come dice il collega Tom è la gemella con sentimenti umani, vorrebbe un figlio e si sottopone a ripetuti tentativi di inseminazione artificiale, sempre infruttuosi.
Elliot, complice l’assoluta somiglianza, procura a Beverly le sue partner, che altrimenti le sfuggirebbero per timidezza. Accade con l’ultima paziente, Geneviève Cotard, attrice divenuta famosa grazie a Rabid, una serie Prime Video… di fantasia, un riferimento metacinematografico alla filmografia di Cronenberg. Non l’unico. Il nome di battesimo della Cotard rimanda a Geneviève Bujold, l’attrice che nel film del 1988 interpretava Claire Niveau. Beverly si innamora di lei. Non riesce a non pensare a lei. Progetta una vita con lei. Elliot percepisce il pericolo del distacco e si ingelosisce. Beverly accumula segreti. Non siamo mai state in due città diverse. Finché Beverly rimane incinta con la tecnica dell’inseminazione intrauterina. Elliot tenta di ripristinare la corrispondenza perduta imbarcandosi in una relazione, precaria e improbabile, con un politico ultraconservatore casualmente incrociato in chiesa, un luogo di confessione. Anche Beverly ha il suo: un gruppo di sostegno per il lutto, dove finge (o forse ci crede davvero?) che la gemella sia morta annegata.
La parola che manca sulle labbra delle Mantle è maternità. Nel linguaggio manca, cioè, la grammatica relazionale, il rapporto madre-figlio inteso in termini di amore, di cura, di famiglia. Una dimensione a loro forse sconosciuta. La ricongiunzione tra le gemelle e gli anziani genitori, nel quarto episodio, è disastrosa. Ci trattano come dei pazienti, dice il padre. Tu sarai una pessima madre, è la sentenza che si sente rovesciare addosso la povera Beverly. Finestre temporali aprono squarci inquietanti sull’infanzia di Beverly e Elliot.
Il quinto episodio, girato da Karyn Kusama (Jennifer’s Body, Destroyer), il più denso di temi e significati, rappresenta il momento di svolta della serie. Le gemelle Mantle si recano a Montgomery, Alabama, per l’inaugurazione di un secondo centro. Silas Jordan, un giornalista vincitore del premio Pulitzer, alcolizzato e da mesi in crisi di ispirazione, le accompagna. Jennifer Parker gli ha commissionato un articolo su un parto quadrigemellare, l’evento da porre a fondazione di una nuova era. La scena in aereo in cui Beverly e Elliot, sedute fianco a fianco, addentano una mela (con annesso carico simbolico), costituisce, di per sé, la prova della maniacale attenzione riservata da Rachel Weisz nella definizione del suo personaggio.
L’Alabama è uno stato molto conservatore. Inoltre, un abitante su quattro è di origini afroamericane. A chi si rivolgono le attenzioni della clinica Mantle-Parker? Alla prole delle ricche bianche, mentre le nere stanno a guardare? E se Elliot, incalza Silas, con l’avallo della tecnica, è riuscita a far nascere un bambino dopo 24 settimane di gestazione, se quindi non esiste alcun parto prematuro che sia troppo rischioso, allora ha ancora senso parlare di diritto all’aborto? Queste domande emergono a cena, perché in Dead Ringers il cibo rispecchia la parola. I pranzi hanno una grande importanza e finiscono sempre male.
Nel cuore della notte Beverly ha un’allucinazione, da mettere in relazione (tutto è doppio!) con il sogno a occhi aperti di Elliot nel terzo episodio, culminato nella defenestrazione di una senzatetto, realtà sognata ma non per questo meno reale. In una stanza che ricorda le atmosfere aliene di Under The Skin di Jonathan Glazer (2014), Beverly vede Anarcha. Nell’Ottocento il medico bianco J Marion Sims, poi definito il padre della moderna ginecologia, sperimentò su di lei, una schiava nera di 17 anni affetta da rachitismo, dolorosissime tecniche chirurgiche senza anestesia. È un fatto storicamente accertato, eppure di Anarcha, del suo dolore di donna e di madre, non sappiamo nulla. Nessuno può rivivere il suo trauma.
Il giorno dopo, il parto quadrigemellare non va come dovrebbe. Number one, number two, number three. Purtroppo non si arriva al quattro. La tetraktys, il triangolo equilatero di lato 4, nel pitagorismo era radice e fonte della natura eterna. Suggestioni volute o casuali? Di certo, la rottura dell’equilibrio prelude alla fine. Beverly riconquista la parte mancante di sé tradendo l’altra metà. Sorellina, sorellina, sorellina…
Oltre a Rachel Weisz, il cast è composto da Jennifer Ehle (Rebecca), Britne Oldford (Geneviève), Michael Chemus (Tom), Emily Meade (Susan) e Poppy Liu (Greta). Quest’ultima compare nella doppia veste di domestica, ovviamente di entrambe, e artista-performer. È l’unica, nel suo quasi mutismo, a dare forma e forse un senso agli avvenimenti. Il suo ballare sola, sulle note di Love Will Tear Us Apart dei Joy Division, è scena fenomenale. A proposito di musica, le canzoni scelte sono importanti, ma i testi perfino di più.
Mai divise, mai libere, mai nate. La separazione può avere conseguenze terribili, dice Beverly a Elliot alla vigilia del parto. Sono terrorizzata, risponde Elliot. Il terrore di morire? No, il terrore di cominciare a vivere.
Titolo originale: Dead Ringers
Numero di episodi: 6
Durata: circa un’ora l’uno
Distribuzione: Prime Video
Uscita in Italia: 21 aprile 2023
Genere: Psychological thriller
Consigliato a chi: adora gli armadi ordinati, non ha problemi nell’affettare il pollo, è un esperto di turpiloquio.
Sconsigliato a chi: detesta le macchie sulla camicia, si è pentito di aver chiesto un autografo, da bambino voleva fare il commercialista.
Letture e visioni parallele:
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Avere figli è un dono o una maledizione? Romana Petri, Mostruosa maternità, Perrone editore, 2022.
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Un grembo in prestito, una falsa coppia, un amore vero: Sole di Carlo Sironi, disponibile su Raiplay.
Parola d’ordine: swap / scambiamoci.

