Mereghetti su Twilight Saga: Breaking Dawn – parte 1

Vi abbiamo raccontato le nostre sensazioni alla prima di questo quarto capitolo della saga di Twilight, ora riportiamo quelle di Paolo Mereghetti, che si è occupato del film nella sua consueta rubrica sul Corriere della Sera, cercando di superare il giudizio di valore sul film, alla ricerca delle radici di un successo che non accenna a diminuire, nonostante gli esiti infausti di questi sequel.

[…] il dato certo è la costanza dell’unica sceneggiatrice Melissa Rosenberg, responsabile di tutti e cinque gli adattamenti (dai quattro romanzi di Stephanie Meyer: l’ultimo – marketing oblige – ha prodotto due film). E allora meglio partire dalla sceneggiatura, cioè dalla persistenza di alcuni temi e di alcune atmosfere per capire più che il valore del film (scarsissimo), le ragioni dei suoi molti fan.

[…] Quello che è curioso è il «vissuto» di queste esperienze (matrimonio, sessualità e poi gravidanza), la sensazione che trasmettono allo spettatore e che i due protagonisti si sforzano di incarnare al loro meglio.

Che l’amore di Bella per Edward non escluda quello per Jacob (Taylor Lautner), l’amico licantropo, rientra nella scomparsa di ogni senso di esclusività (e di «proprietà») tra i giovani ma anche nella confusione dei sentimenti e dei sessi, visto che il palestrato Jacob conferma anche qui la sua incerta identità sessuale. Più curiosa la descrizione della sessualità nella prima notte di nozze, «soddisfacente» per lei ma molto tormentata e problematica per lui, che distrugge con la sua forza vampiresca il baldacchino del letto ma che ammette esplicitamente di non essere assolutamente «soddisfatto» di sé. Come se la sessualità maschile fosse più complessa e contorta di quella femminile.

[…] L’alto nodo è l’ambiguità con cui è descritta la gravidanza (cioè la maternità). […] È facile leggere nel comportamento della protagonista una evidente presa di posizione antiabortista, ma è altrettanto evidente che il periodo della gravidanza non è quel pieno di felicità che vorrebbe una certa vulgata.

Resta il fatto, aspettando il prossimo e conclusivo film (il cui tono si intuisce dall’ultimissima inquadratura), che l’analisi sociologica può spiegare il successo della saga presso un pubblico post adolescenziale, alle prese con la scomparsa di vecchi codici di comportamento (sessuali e non solo) e la latitanza dei nuovi, ma non può rivalutare una messa in scena assolutamente elementare e scolastica, fatta di palpiti e languori recitati con molta poca convinzione. A volte anche piuttosto stiracchiata e (involontariamente?) ridanciana.

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