Le Roi Soleil – No One Will Know **1/2
L’opera seconda di Vincent Maël Cardona, dopo l’esordio del 2021 premiato col César per Les Magnétiques (Magnetic Beats), è un thriller claustrofobico ambientato nel corso di una lunga giornata all’interno di un bar di Versailles, il Roi Soleil.
Il prologo e l’epilogo sono girati invece nella reggia di Luigi XIV: da qui scappa scalzo e senza pantaloni, nel corso di una festa, un giovane arrogante che lavora nella finanza e che la sicurezza trova nella stanza off-limits del Re.
E’ solo uno dei personaggi che si ritrovano all’alba nel bar gestito da un cinese e da una giovane che studentessa di filosofia, che si mantiene con quel lavoretto da cameriera: c’è un giovane medico, forse a fine turno, due poliziotti Livio e Reda, un giovane rissoso, un anziano avventore che si è fermato per conoscere i numeri della lotteria nazionale.
Quando l’anziano si accorge di aver vinto quasi 300 milioni euro, le cose precipitano velocemente. Il giovane ruba la pistola a uno dei poliziotti e si fa consegnare il biglietto vincente: Livio lo affronta, partono diversi colpi e l’anziano rimane steso per terra, mentre il dottore ha una brutta ferita alla gamba.
I poliziotti rinchiudono nella cantina del locale il giovane criminale e il broker mezzo nudo che vorrebbe scappare subito, per cercare di mettere ordine nei fatti e costruire una versione che salvi Livio da possibili responsabilità. Nel frattempo i sopravvissuti si chiedono cosa fare col biglietto vincente.
Il film di Cardona racconta la storia da punti di vista sempre diversi e avanza e indietreggia mettendo in scena il suo stesso meccanismo narrativo: gioca a carte sempre più scoperte, mentre all’interno del bar le cose si fanno sempre più complicate, perché la soluzione ottimale immaginata da Reda all’inizio, sembra avere qualche falla, ciascuno comincia a giocare una partita personale, avidità e ingenuità si mettono in mezzo e le morti aumentano, costringendo chi rimane a ripensare a sempre nuovi racconti plausibili da offrire a chi interverrà. Nel frattempo passano i minuti e poi le ore. La proprietaria del bar si presenta a chiedere l’affitto e viene trascinata nel vortice delle menzogne e delle soluzioni impossibili.
Le Roi Soleil sembra un film degli anni ’90 per come gioca postmodernamente con le narrazioni e i punti di vista, continuando a confondere una verità irraggiungibile con una versione verosimile.
E’ interessante poi come tutto ruoti attorno al biglietto vincente, simulacro di una ricchezza imprevedibile e simbolo di un riscatto sociale da preservare ad ogni costo.
“L’opinione generale è che viviamo in un’epoca strana e travagliata, ma un’epoca infinitamente ricca di nuove possibilità. Ciò che colpisce è come le barriere morali e politiche che dovrebbero contenere il potere del denaro sembrino crollare una dopo l’altra, come se accettassimo di consegnarci al denaro. Il film spera di parlare di questo: personaggi che ci assomigliano, molto meno forti e con principi di quanto possano pensare. Combattono mentre si trovano faccia a faccia sia con il denaro che con la finzione e cercano di creare una storia prima di diventarne gradualmente vittime”.
Il racconto rispetta le unità di tempo, luogo e azione, aristotelicamente, ma forse esagera nel voler accumulare tracce e percorsi, giocando un po’ troppo con i suoi personaggi, spingendoli fino all’autodistruzione.
Cardona recupera due tradizioni di genere: l’avventura tutta in una notte e il delitto della camera chiusa, fondendoli in uno spunto che avrebbe potuto essere gestito con più velocità e meno detour.
Si tratta tuttavia di un’opera seconda spiazzante, che la cornice costruita da Cardona arricchisce di una dimensione più decisamente politica, che sembra evocare l’avidità e l’illusione dello Huston de Il tesoro della Sierra Madre, convocando il veneziano Casanova alla corte del Re Sole per farvi coincidere la nascita della moderna lotteria nazionale. Secondo Cardona: “la lotteria come fattore sociale mi ha sempre interessato. Viviamo in società in gran parte organizzate attorno al denaro, eppure la lotteria incarna il mito di mescolare il mazzo di carte. È la convinzione che sia possibile capovolgere il tavolo, sfuggire al determinismo spuntando numeri a caso. Ciò che mi interessa in tutto questo, e che per me costituisce un film, è esattamente questa nozione di fede. La mera esistenza della lotteria – con le sue promesse e il suo gruppo di fortunati vincitori – è sufficiente: ho il diritto di credere. Questa volontà di sospendere l’incredulità rende possibile la finzione. La questione se sia vera o falsa è meno importante di quella della plausibilità”.
