Love Lies Bleeding

Love Lies Bleeding **

New Mexico, 1989.

Nella palestra gestita senza passione da Louise arriva improvvisamente una muscolosissima straniera, Jackie, che si sta preparando per un concorso di body builder che si terrà a Las Vegas.

Tra le due donne la passione divampa immediatamente come un fuoco bruciante.  Gli steroidi che Lou conserva per i ragazzi della palestra servono a Jackie per accarezzare i suoi sogni di vittoria.

Ma si loro avanza l’ombra lunga della famiglia di Lou: il padre di lei gestisce un poligono presso cui Jackie fa da cameriera, ma in realtà ha in corso traffici di armi e altri affari sporchi con il Messico.

Quando il marito della sorella Beth, J.J., pesta a sangue la moglie fino a costringerla sfigurata in un letto d’ospedale, Lou sembra meditare vendetta e Jackie la mette in pratica nel modo più brutale.

La catena della violenza e morte sembra destinata a travolgere tutti.

Il nuovo film di Rose Glass, dopo l’originale esordio con Santa Maud, è un thriller notturno e malato, ambientato in un’america di confine ancora immersa nelle luci al neon degli anni ’80.

Le parole d’ordine di brutale determinismo che compaiono sulle pareti della palestra sembrano plagiare la mente di Jacki non meno degli steroidi che assume fino ad esserne allucinata dipendente. Realtà e sogno diventano indistinguibili, contagiando anche il cupo realismo del film che ha una deviazione finale nel fantastico decisamente poco riuscita.

Fortemente voluto da Kristen Stewart, il film scritto da Glass con Weronika Tofilska è uno strano meccanismo drammatico che sfiora l’horror e usa cliché di genere in modo piuttosto risaputo, immergendoli in una cornice che non sarebbe dispiaciuta ai fratelli Coen.

Febbrile e capace di repentini scoppi di violenza, Love Lies Bleeding rimastica un immaginario onirico che va dal De Palma di Carrie al Lynch degli anni ’80, in un tentativo spesso riuscito di lasciare i suoi personaggi in un limbo di percezioni alterate, desideri inespressi e sessualità incerta.

Il film però si avvolge su se stesso nell’ultimo atto, senza riuscire a trovare davvero un modo per salvare le sue protagoniste, senza pasticciare tutto e svoltare nel ridicolo involontario.

La parte relativa al contest di Las Vegas è tirata via e avrebbe potuto essere gestita con maggiore profondità, così come rimangono sullo sfondo le operazioni losche di Lou Sr. ed il ruolo avuto dalla figlia per lungo tempo, che occupa solo i sogni cremisi della ragazza.

Ed è un peccato perché la crudeltà selvaggia del finale avrebbe meritato un epilogo narrativo più secco e stringente.

Quello che resta è soprattutto la fisicità debordante dell’inedita Katie O’Brien: tutto il film ruota attorno al suo corpo desiderato e rigettato, mostruoso ed esagerato.

Nel complesso Love Lies Bleeding è più sfrangiato e frammentario di quanto avrebbe dovuto e la dimensione esplicitamente lesbica delle protagoniste non aggiunge nulla al contesto del film, che sbanda troppo vistosamente verso il grottesco.

Irrisolto.

 

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