Twisters

Twisters **

Sono passati quasi trent’anni dall’uscita di Twister, il film sulla caccia ai tornado, ideato e scritto da Michael Crichton, prodotto dalla Amblin di Spielberg con Universal e Warner e diretto da Jan De Bont, il direttore della fotografia dei primi film di Verhoeven, passato poi alla regia a Hollywood grazie all’exploit di Speed. Successo clamoroso al box office nel 1996, Twister non aveva mai avuto sequel almeno sino a quando Frank Marshall e John Kosinski hanno cominciato a pensare nel corso del 2020 ad una nuova avventura, che avrebbe dovuto avere come protagonista la figlia dei due meteorologi interpretati da Helen Hunt e Bill Paxton.

Il progetto, affidato a Mark L.Smith (The Hole, Revenant), passa poi attraverso diverse mani prima di finire in quelle dell’americano di origini coreane Lee Isaac Chung (Minari) che taglia tutti i legami con il film precedente, nell’ennesimo sequel che assume le vesti contemporaneamente di un remake.

Anche se le dinamiche sentimentali appaiono questa volta differenti, la sostanza narrativa del film rimane un diversivo tra una tempesta e l’altra.

Nel prologo la giovane dottoranda Kate Carter cerca di provare sul campo l’efficacia di un modello che dovrebbe consentire di svuotare la forza devastante di un tornado, assorbendo l’acqua presente al suo interno. Solo che lei e il suo team finiscono per affrontare un ciclone di forza spropositata: l’esperimento fallisce e il compagno di Kate, assieme ad altri due membri del suo gruppo vengono dilaniati dal turbine.

Cinque anni dopo Kate è a New York, si è rifatta una vita come meteorologo da scrivania, quando l’ultimo superstite del suo team originale la richiama sul campo in Oklahoma, per sperimentare un suo progetto di ricerca.

La caccia ai tornado però è una corrida in cui dilettanti allo sbaraglio e appassionati del pericolo giocano tutti una partita molto rischiosa.

Tra questi ultimi c’è il gruppo di Tyler Owens, famoso su YouTube come cacciatore di tempeste.

Come in ogni commedia romantica che si rispetti, la diffidenza iniziale con Kate si trasformerà a poco a poco in complicità, quando gli obiettivi dell’uno e dell’altra seguiranno lo stesso percorso.

Il film di Chung funziona solo quando i personaggi sono più vicini alla tempesta, quando lo scatenarsi degli effetti si fa testimonianza di un certo talento nella messa in scena catastrofica e di pura azione.

Memorabile l’arrivo del tornado al rodeo, con i personaggi che si rifugiano all’interno di una piscina vuota, ma ancor più brillante la lunga scena finale in cui un tram e un cinema in cui si proietta una retrospettiva dei Mostri Universal sembrano reinventare il cinema delle origini, in modo indubbiamente efficace e drammaticamente significativo.

Peccato che invece la storia romantica sprechi del tutto le potenzialità e l’appeal di un cast di giovani divi in ascesa come Daisy Edgar Jones e Glenn Powell, costretti ad un’interazione minima, del tutto asessuata come nel più bieco cinema neopuritano americano. Ancor meno efficaci i tanti comprimari, tra cui avrebbero dovuto spiccare Anthony Ramos (Hamilton, In the Heights, Transformers – Il risveglio), Sasha Lane (American Honey), il nuovo Superman David Corenswet e Katy O’Brian protagonista di Love Lies Bleeding e nel cast del prossimo Mission: Impossible.

Nonostante questo gruppo nutritissimo di giovani talenti, la sceneggiatura non riesce mai a regalare a nessuno una battuta vera, un’interazione non ordinaria, relegandoli tutti a contorno marginale.

Quello che conta, alla fine, sono le grandi scene d’inseguimento dei tornado, ma allora perché lasciare così tanto spazio alle vicende personali dei personaggi? Le questioni politiche ed ecologiche non trovano mai davvero spazio, se non per identificare un villain da lasciare sullo sfondo per far allineare i percorsi dei due protagonisti.

Si resta sempre in superficie, in un film che rimane piuttosto insapore: ci saremmo aspettati un esempio del più croccante cinema-cinema e ci ritroviamo invece con un nuovo sequel già lesso.

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