In un hospice per malati terminali, la giovane afroamericana Sam, condivide una sua poesia desolata con gli altri ospiti e l’infermiere che li segue. La sua unica vera compagnia nel suo viaggio verso la fine è un bellissimo gatto bianco, che tiene in braccio o al guinzaglio.
Nel pomeriggio è provista una visita in città, a New York, per uno spettacolo di marionette. Tuttavia qualcosa non quadra: aerei militari sorvolano lo skyline, ambulanze continue e un traffico che sembra superare quei 90 decibel che la città produce quotidianamente. Dal cielo comincia a cadere quella che sembra una pioggia di meteore. Sono in realtà i mostruosi e voraci esseri alieni che abbiamo già imparato a conoscere nel film di John Krasinski.
Cominciano così 24 ore in cui Sam, il suo gatto e il giovane inglese Eric, a New York per studiare giurisprudenza, cercano di salvarsi in silenzio.
Le creature che hanno invaso la terra infatti sono velocissime e brutali, ma sostanzialmente cieche. E’ il rumore che le attira e l’acqua le tiene lontane.
Il prequel o spin off, come sempre nel cinema del nuovo secolo è difficile identificare precisamente i confini degli episodi di un franchise, è stato scritto e diretto da Michael Sarnoski (Pig), a partire da un soggetto ideato con John Krasinski.
Il progetto era partito con Jeff Nichols nel novembre 2020, il quale, dopo aver completato la sceneggiatura, aveva abbandonato tutto un anno dopo. Krasinski ha scelto così Sarnoski per riscrivere da capo e dirigere il terzo episodio di questa storia.
Il film funziona discretamente soprattutto nei suoi estremi, all’inizio e alla fine, quando il racconto assume forza politica e metaforica.
La minaccia che piove dal cielo su una New York assolata evoca decisamente l’11 settembre così come la coltre di polvere che avvolge ogni cosa e imbianca il volto impaurito di Lupita Nyong’o. La parte centrale è più prevedibile, muovendosi all’interno dei confini di genere, senza la radicalità silenziosa dell’originale. Qui i personaggi parlano ancora, grazie alla pioggia che cade copiosa sulla città e gli spazi chiusi sembrano aiutare la loro fuga.
La sequenza più interessante è quella che parte in metropolitana e finisce all’interno di una chiesa in cui alcuni sopravvissuti pregano in silenzio.
Giorno 1 riacquista vigore nel finale, quando la coppia per caso formata da Sam e Eric cerca di ritrovare uno spazio di umanità attraverso i luoghi di un passato destinato a non tornare. Tutto è bruciato, perduto, abbandonato.
E allora non resta che raggiungere le barche sull’Hudson che stanno evacuando i superstiti.
Sarnoski e Krasinski intelligentemente accoppiano due personaggi lontanissimi per origini, cultura, storia personale e motivazioni ed è una delle poche note positive in un film che per il resto si muove nei cliché dell’horror catastrofico senza grande inventiva, riempiendo di jump scare un certo numero di scene per accontentare le necessità di copione.
Lupita Nyong’o è una scelta di casting piuttosto scontata e sarebbe opportuno per lei cominciare a scegliere i suoi ruoli in modo più inconsueto, perchè chiudersi perennemente in quello della vittima in fuga non la aiuterà.
Più indovinato invece Joseph Quinn, volto ancora inedito, nonostante fosse in Stranger Things 4, che sarà nel prossimo Gladiatore II e in Warfare di Garland.
Sprecato Djimon Hounsou in un ruolo che assomiglia ad un cameo, mentre alla fine il migliore sembra essere il gatto bianco, a cui il regista dedica più di un primo piano in modo francamente esagerato.
Come quasi tutti i prequel, anche questo Giorno 1 è sostanzialmente un prodotto inutile, che non aggiunge nulla e diluisce l’efficacia dell’intuizione originale.
Superfluo.

