Il ministero della guerra sporca – The Ministry of Ungentlemanly Warfare **1/2
Cos’è che non funziona nel nuovo film di Guy Ritchie, The Ministry of Ungentlemanly Warfare, tratto dal libro di Damien Lewis Churchill’s Secret Warriors: The Explosive True Story of the Special Forces Desperadoes of WWII?
Romanzo d’avventura ambientato sul fronte africano della Seconda Guerra Mondiale, ispirato ad eventi reali, interpretato da un gruppo di attori di presenza imponente e dall’affascinante messicana Eiza Gonzalez, di cui Ritchie si è cinematograficamente innamorato, il film non riesce mai davvero a creare un credibile ostacolo per i nostri eroi in missione segreta contro fascisti e nazisti per distruggere la nave italiana che consente di rifornire e riparare i temibili U-boot che presidiano l’oceano atlantico e impediscono alle truppe americane di arrivare in Europa.
Non c’è un solo momento in cui si possa dubitare che i nostri bastardi senza gloria ce la faranno. Sono talmente in gamba, sicuri di sè, competenti e letali, avvolti da un’aura di invincibilità assoluta che il film si risolve in un’avventura in cui è già tutto scritto: il coinvolgimento emotivo e l’immedesimazione sono ridotti a zero.
Sono personaggi straordinari in circostanze per loro complessivamente ordinarie. Il contrario di quanto dovrebbe accadere secondo ogni manuale di scrittura.
I protagonisti – questo manipolo di soldati inglesi alle dirette dipendenze del brigadiere Gubbis ovvero “M”, del suo aiutante Ian Fleming (vi ricorda qualcosa?) e con l’avallo del Primo Ministro Winston Churchill – sono talmente formidabili, coraggiosi e indisciplinati che l’impresa sconsiderata di affondare la nave Italiana Duchessa d’Aosta, di stanza nel porto africano di Fernando Po, nel Golfo della Guinea, sembra per loro equiparabile ad un’altra ordinaria giornata in ufficio.
Talmente semplice che nel viaggio si fermano anche in un’isola delle Canarie a liberare il capitano Geoffrey Appleyard, catturato dai nazisti in avanscoperta a Fernando Po.
Le scene d’azione sono impaginate con competenza, senza eccessi parossistici, l’equilibrio fra la dimensione avventurosa e quella esotica sono ben calibrate, così come l’alternanza fra la minuziosa preparazione dell’attacco e la sua messa in opera.
Solo che non c’è nulla che vada storto ed anzi l’unica a mettere i bastoni fra le ruote al nostro manipolo di coraggiosi è proprio la marina inglese, all’oscuro della loro missione. Non certo i nazisti da operetta impersonati dallo stesso Til Schweiger che aveva il ruolo di Hugo Stiglitz nel film di Tarantino o gli italiani, ancor più marginali.
Con psicologie così nette e villain così inconsistenti, resta solo la possibilità del doppio gioco in un film di guerra e di spie, ma Ritchie non si gioca neppure questa carta, lasciando che tutto si svolga secondo un copione troppo prevedibile.
Il film resta uno spettacolo gradevole, simpatico, dai toni leggeri che ricorda per certi versi Gli eroi di Hogan, ma è un po’ troppo poco, soprattutto perché le premesse lasciavano immaginare un film meno schematico e romanzesco sull’Operazione Postmaster.
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