Ripley: uno, nessuno e centomila

Ripley ***1/2

Quando lo incontriamo nell’inizio newyorkese, Tom Ripley è un uomo che vive ogni giornata come se fosse l’ultima. In una stanza in cui tutta la sua vita si consuma tra letto e scrivania, il protagonista passa le sua giornate imbastendo piccole truffe postali e telefoniche, falsificando lettere e documenti e spacciandosi per un chiropratico che attende il pagamento della sua ultima fattura: le piccole somme accumulate sono quelle che a mala pena gli consentano di sopravvivere.

Quando l’investigatore Alvin McCarron lo rintraccia in un bar, gli offre il bigliettino di un uomo d’affari, Herbert Greenleaf, il padre di uno dei suoi amici di scuola, che cambierà radicalmente la vita. Ma questo Tom non lo sa ancora e lo rifiuta. Quando però il suo piccolo gioco viene scoperto da un’impiegata di banca che solleva qualche dubbio sulla sua firma, opportunità e destino si fondono, spingendolo sino nell’Italia degli anni ’60, sotto il sole caldo della costiera, ad Atrani.

Qui si è rifugiato Richard, il figlio di Mr. Greenleaf, un altro personaggio che sembra vivere senza alcun desiderio se non quello dell’orizzonte tra cielo e terra che sfida ogni volta sulla sua barca a vela.

Il padre lo rivorrebbe a New York, ma Dickie, questo il soprannome del biondo antagonista, sfrutta un fondo fiduciario che gli consente agiatezze e mollezze impensabili: con una tela di Picasso appesa in soggiorno, cerca senza successo di imitarne lo stile, senza averne alcun talento.

Tom ha il compito di riportarlo indietro, ma ben presto, cogliendo la fiducia di Dickie con l’unico momento di sincerità di cui sarà capace in questa storia, ne studierà il carattere e i modi, fino a prenderne il posto a poco a poco.

Sempre ad Atrani vive Marge Sherwood, la ragazza di Dickie, un’altra giovane americana che sogna di diventare una scrittrice, raccontando il suo buen retiro italiano.

Il solo che sembra aver compreso subito il carattere insinuante e fasullo di Tom è Freddie Miles, l’unico degli amici di Dickie di cui facciamo la conoscenza, in un breve soggiorno a Napoli dei due personaggi. Ma Freddie è un tipo scostante, dall’incerta identità sessuale, una vittima perfetta, incapace di ostacolare l’ascesa di Dickie.

La serie, tratta dal primo romanzo di Patricia Highsmith dedicato alle avventure di Tom Ripley e già oggetto di due adattamenti cinematografici (Delitto in pieno sole del 1962 e Il talento di Mr.Ripley del 1999), è stata ideata, scritta e diretta da Steven Zaillian, uno dei più grandi sceneggiatori americani, premio Oscar per Schindler’s List, capace di mettere il suo nome accanto a Mission: Impossible, Gangs of New York, Moneyball, Amerigan Gangster, Millenium – Uomini che odiano le donne e The Irishman, tra i tanti.

Il progetto è nato addirittura prima della pandemia per Showtime e dopo molti rinvii è stato girato in Italia, fra la Costiera, Napoli, Palermo e Sanremo nel corso del 2021.

Nel 2023 Netflix l’ha infine acquistato, facendone uno dei pochi prodotti che danno senso ad una piattaforma che ha ormai perduto ogni simulacro di qualità.

Ripley è invece una serie che sembra arrivare direttamente da quel lungo momento di gloria che abbiamo identificato come peak television, che si apre con il debutto sulla HBO dei Sopranos nel 1999 e verosimilmente si chiude con Watchmen quasi venti anni dopo.

Zaillian, che pure usa la forma lunga della serialità per rallentare e stressare la forma narrativa del romanzo, cerca di non sprecare mai un’inquadratura, scegliendo un bianco e nero formidabile, netto, luminoso, servito sontuosamente da Robert Elswit (Magnolia, Il petroliere, Goodnight and Good Luck) che consente a tutte le ambiguità della storia di Ripley di emergere in modo sinistro.

L’Italia che fa da sfondo alle avventure di Ripley è un paese che appare immobile, attento a comprendere l’indecifrabilità del protagonista, la sua solitudine, i suoi stessi impercettibili mutamenti.

Basterebbe forse il solo terzo episodio, Sommerso, ambientato a Sanremo e in gran parte su una piccola barca presa a noleggio da Tom e Dickie a giustificare la visione degli altri: Zaillian sembra guardare molto più al lavoro di René Clément che non a quello di Anthony Minghella e immerge i suoi personaggi in atmosfere che hanno evidenti suggestioni hitchcockiane e che richiamano l’ambiguità e la sgradevolezza di L’altro uomoDelitto per delitto, il film che Hitchcock trasse proprio da uno dei primi romanzi di Patricia Highsmith.

Anche in quel caso il rapporto fra i due protagonisti, il patto infausto fra di loro e le conseguenze imprevedibili sostituiscono lo spazio della seduzione.

Al posto del desiderio che spesso muove i protagonisti dei film del maestro inglese abbiamo sentimenti più sfuggenti e indecifrabili: l’invidia sociale, l’ascesa e la stabilità economica, l’attrazione sessuale e una dimensione fortemente antisociale che emerge in modo prepotente nei momenti più neri della serie, come nel clamoroso omicidio di Freddie, che occupa interamente il quinto episodio girato a Roma, Lucio.

Zaillian accentua l’ambiguità sui motivi che spingono i personaggi e sullo stesso Ripley, che sembra più subire la spirale di una vita fatta di bugie che non guidare il proprio destino attraverso quest’ultima. E’ come se ogni sua menzogna lo spingesse a quella successiva, fino a quando l’inevitabile scoperta della verità non lo costringe a risolvere drasticamente gli inciampi sul suo cammino.

Andrew Scott (Fleabag, Estranei) interpreta un Tom privo di un qualsiasi fascino, la cui dimensione sessuale è costantemente messa ai margini: non è un caso se rispetto alla versione di Minghella scompaiono il flirt con Meredith Logue e quello con Peter Smith-Kingsley, introdotti dal film per esplicitare la natura seduttiva del personaggio.

In questo nuovo adattamento invece Ripley è sostanzialmente un piccolo truffatore che inciampa continuamente, proprio perchè è incapace di sedurre fino in fondo chi dovrebbe prestargli fede: non certo Richard, che dopo una prima apertura finisce per rigettarne l’amicizia, non Marge che lo vede subito come un ostacolo alla piena realizzazione della sua relazione con Dickie, ancor meno Freddie che immediatamente comprende la sua natura subdola e insincera.

E non parliamo poi dell’ispettore Pietro Ravini, interpretato magistralmente da Maurizio Lombardi, il cui intuito lo porta subito a diffidare di quello che lui crede essere Richard Greenleaf.

Il rapporto con la Signora Buffi, la portinaia del suo appartamento romano, è invece mediato dalla differenza sociale apparente e forse da un vago interesse sentimentale, mai davvero coltivato.

Non è un caso se a Venezia, alla festa di Pegeen Guggenheim, il losco Reeves Minot riconosca immediatamente Ripley come un suo simile e si offra di aiutarlo.

L’accostamento esplicito con Caravaggio non è tanto un’indicazione allo spettatore, quanto un sogno di Tom, che vorrebbe forse attribuire un senso più nobile ai suoi omicidi efferati.

Se pensiamo che il ruolo è appartenuto nella sua prima incarnazione cinematografica ad Alain Delon, i dubbi sull’efficacia nella scelta di Scott rimangono evidenti, ma forse vanno giustificati con l’idea di un protagonista che la serie mette in una luce decisamente anti-empatica rispetto al passato.

Chi non parteggerebbe per l’outsider che viene a rompere la tranquilla noia borghese in cui sono adagiati gli altri personaggi di questa storia? Zaillian la pensa diversamente e azzerando sin dall’inizio ogni simpatia con Ripley ne fa un sociopatico senza grande talento, un piccolo travet dell’inganno e della menzogna, un maldestro killer a sangue freddo.

Il suo è un villain senza qualità, il volto banale di un male occasionale, non premeditato, puramente egoistico: Ripley non ha altro obiettivo che salvare se stesso, rimanere a galla, sopravvivere ad una vita che non sa mai come prendere.

Anche la capacità di Zaillian di accentuare la sgradevolezza glaciale degli omicidi e soprattutto dei tentativi di occultarli va in quella direzione, nonostante lo straordinario formalismo della messa in scena e la cura nel montaggio, assolutamente inediti in una serie Netflix.

La scelta di negare il colore a questa storia ambientata nell’Italia dolce di Mina e del boom, consente di mostrare con ancora maggiore ferocia la densità nera del sangue, una macchia che come nel Macbeth nessun può più lavare.

Da non perdere.

Titolo originale: Ripley

Numero di episodi: 8

Durata: 44–76 minuti ciascuno

Distribuzione: Netflix

Uscita in Italia: 4 aprile 2024

Genere: Thriller

Visioni, ascolti e letture parallele:

  • Naturalmente il romanzo Il talento di Mr. Ripley di Patricia Highsmith ripubblicato in Italia da La nave di Teseo e gli altri quattro romanzi del ciclo di Ripley.

  • Il cinema ha ha frequentato tantissimo e in modo assiduo il mondo creato da Highsmith sin dal 1951: oltre ai film già citati nell’articolo, ricordiamo almeno L’amico americano di Wim Wenders con Ripley interpretato da Denis Hopper, Carol di Todd Haynes, Ripley’s Game di Liliana Cavani con John Malkovich nei panni del protagonista.

  • Il 45 giri di Mina de Il cielo in una stanza di Gino Paoli, che ritorna più volte nel film.

Un oggetto: il posacenere rettangolare di cristallo

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