Godzilla e Kong – Il nuovo impero *1/2
Il MonsterVerse della Warner prosegue in questo stanco e poco ispirato quinto episodio, dopo il primo incontro/scontro tra Godzilla e Kong.
La squadra è la stessa: Terry Rossio (Pirati dei Caraibi) al soggetto, Adam Wingard alla regia, Rebecca Hall nel ruolo della scienziata della Monarch, Brian Tyree Henry nel ruolo della spalla comica, Fala Chen a coprire il mercato cinese, in nome di una diversity, che in questo caso appare solo molto furba.
Tuttavia i produttori della Legendary devono aver compreso che non serviva investire in un cast minimamente d’appeal e credibile come nel passato: Millie Bobby Brown, Alexander Skarsgård, Eiza Gonzalez, Ken Watanabe, Sally Hawkins, Zhang Ziyi, Brie Larson, Tom Hiddleston, Juliette Binoche, Elizabeth Olsen, Bryan Cranston e Aaron Taylor-Johnson sono tutti apparsi nei quattro capitoli precedenti. Ma non in questo, in cui siamo al grado zero del casting.
Lo spettacolo è tutto nel vedere in azione i due mostri del titolo e gli altri Titani come Mothra, Scar King, Tiamat, Rodan, King Ghidora.
La presenza antropica è ridotta a puro mcguffin, strumento narrativo debole che serve appena a muovere l’azione, per mostrare il lavoro fatto dalla computer grafica.
Dopo la battaglia di Hong Kong che ha chiuso il film precedente, Godzilla si è sistemato sulla superficie terrestre, trovando confortevole cuccia nel Colosseo, mentre Kong è confinato nella Terra Cava, in modo di mezzo scoperto nelle profondità. Qui tuttavia passa le sue giornate senza uno scopo e in solitaria, perché sembra essere l’unico della sua specie.
La Dott.ssa Andrews della Monarch ha stabilito una serie di avamposti e monitora la situazione quando improvvisamente Godzilla dopo aver sconfitto l’ammonite gigante Scylla, che stava attaccando Roma, si rimette a caccia spostandosi verso il circolo polare artico.
Nel frattempo mentre Kong è costretto a tornare in superficie per farsi curare un canino, un nuovo predatore distrugge l’avamposto umano.
Scopriremo così che nelle viscere della terra prosperano gli indigeni Iwi, gli stessi che che abitavano Skull Island e che mantengono in equilibrio i due mondi, manipolando la forza di gravità. Jia, la figlia adottiva della dottoressa Andrews sarà la chiave per fermare Scar King, un altro feroce primate che governa il regno sotterraneo, grazie anche al potere che esercita su Shimo, un titano dei ghiacci.
Dopo aver distrutto mezza Europa i mostri si affronteranno in Egitto, mandando in frantumi la necropoli di Giza e congelando la spiaggia di Copacabana a Rio.
Il nuovo impero promesso dal film è il regno della stupidità, che anima un film sciagurato da quasi ogni punto di vista. Il racconto è persino troppo articolato per essere puro accessorio ai grandi quadri d’azione, gli attori sono figurine patetiche preda di forze molto più grandi, il gusto luddista nel radere letteralmente al suolo intere città, provocando stragi di uomini, ridotti a piccole formiche che fuggono impazzite, è quanto di più infantile si possa immaginare.
Resta un certo fascino negli scontri tra i titani, ma al quinto capitolo, ci sono venuti anche un po’ a noia e Wingard fa di tutto per evitare di coreografare una sola grande scena che si ricordi.
Nell’anno di Barbie, il raggio energetico di Godzilla diventa ovviamente rosa, mentre ad aiutare Kong c’è una piccola scimmietta: non c’è una sola cosa nel film che non sembri partorita dal più stupido degli uffici marketing.
Si rimpiange molto, vedendo questo deplorevole e arruffato guazzabuglio, la linearità semplice e l’umanità profonda di Godzilla Minus One, il piccolo film giapponese di Takashi Yamazaki, che dopo tanta inutile spettacolarità, riportava il kaiju alla sua dimensione più autentica, nel Giappone devastato dalla Seconda Guerra Mondiale.
La distanza tra i due lavori non potrebbe essere più profonda: non solo dal punto di vista narrativo e nel diverso peso che ha la presenza degli uomini all’interno della storia, ma proprio nel ruolo che Godzilla viene ad assumere. Non più spettacolo da mostrare in tutta la sua potenza distruttrice, ma simbolo da combattere per un popolo ancora piegato dall’umiliazione dell’atomica, che nel coraggio ritrovato trova il suo riscatto.
La dimensione morale e quella profondamente umanista che muovono lo spirito di Godzilla Minus One qui sono completamente assenti, sostituite dal vuoto pneumatico abbellito da qualche software-house ben remunerata.
Senz’anima e senza senso.
