Il nuovo film del regista inglese Willam Oldroyd (Lady Macbeth), è un thriller tutto atmosfere e tensione, che ha però un ultimo atto così disperatamente pasticciato e ottusamente esemplare, da superare ampiamente la soglia del ridicolo, affondandoci le due incolpevoli protagoniste.
Tratto dal romanzo di Ottessa Moshfegh, che ha contributo con Luke Goebel all’adattamento, Eileen si apre in una piccola cittadina del New England nei primi anni ’60.
Qui la giovane protagonista del titolo, orfana di madre, è costretta a vivere con il padre Jim, ex poliziotto, che passa le sue giornate a bere chiuso in casa e a minacciare i vicini con la su pistola. Eileen lavora nella prigione locale, con mansioni indefinite di segreteria.
Quando l’anziano psichiatra del carcere va in pensione, viene sostituito dalla giovane e avvenente Dott.ssa Rebecca Saint Joan, che si occupa inizialmente del detenuto Lee Polk, un adolescente che ha ucciso il padre a coltellate.
Rebecca sembra prendere Eileen sotto la sua ala, la invita a uscire, poi a casa sua per la vigilia di Natale.
Tuttavia questo interesse particolare non ha risvolti affettivi o sentimentali, ma assai più sinistri.
Oldroyd ricostruisce questo piccolo ritratto di frustrazioni provinciali con una mano sicura e finchè il film si muove sulle corde, peraltro risapute, del breve incontro con la donna erudita e di mondo, che viene da Harvard e beve martini, cambiando radicalmente le prospettive di vita di Eileen, la tensione soprattutto quella sessuale consente al suo lavoro di mantenere una feconda ambiguità.
Il modo con cui la protagonista ci viene presentata, anche attraverso i suoi desideri insoddisfatti, le sue ossessioni sul sesso e la violenza, le sue frustrazioni lavorative non è nuovo, ma coglie un elemento autentico, nel contesto in cui il film si posiziona.
Peccato che poi Oldroyd lo sprechi del tutto.
I problemi arrivano quando il racconto prende una piega completamente inattesa e sinistra, trasformando le due donne in angeli della vendetta, sequestratrici e torturatrici, in nome di una giustizia (?) che si fonda sull’intuito e sulle confessioni estorte con la pistola puntata.
L’inversione di rotta è così brusca e mal scritta che fa dimenticare per un attimo persino il moralismo d’accatto che dovrebbe giustificarla.
Il film poi finisce così, bruscamente, con un cadavere, una fuga senza senso, un nuovo tradimento e un implicito fervorino su quanto era difficile e frustrante vivere in questa provincia patriarcale negli anni ’60, senza passare alle vie di fatto più radicali.
Se il riferimento era a certi noir in cui il senso del destino e il romanticismo più languido giocano con il carattere dei personaggi, purtroppo Oldroyd ha mancato completamente l’obiettivo. Il suo film è solo mal scritto e senza equilibrio.
Si rimane allibiti di fronte all’ultima mezz’ora del film di Oldroyd e si dimenticano anche le discrete interpretazioni di Hathaway e McKenzie, in un ruolo per certi versi simile a quello interpretato in Ultima notte a Soho.
Sprecata anche la fotografia notturna e tutta di interni mal illuminati di Ari Wegner (Il potere del cane, Il prodigio), che usa il rosso e l’oro natalizi per immergere i personaggi in un incubo dai contorni indefiniti e dalle ombre sinistre.
Eileen ha debuttato Sundance l’anno scorso, è uscito a dicembre negli States, ma è ancora senza data in Italia.
Disastroso.

