Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco

Rebel Moon – Parte 1: Figlia del fuoco *1/2

Zack Snyder l’aveva pensato per la saga di Star Wars, ma poi ha prodotto Rebel Moon in autonomia per Netflix, con un budget di soli 166 milioni complessivi per le due parti di questo dittico stellare.

Figlia del fuoco si ispira chiaramente non solo e non tanto al primo film di George Lucas quanto a I Sette Samurai di Kurosawa, a sua volta ispiratore delle Guerre stellari, ambientate “tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana”.

La premessa che apre i film, recitata da un solenne Anthony Hopkins, ci racconta di un sanguinoso regicidio nella Galassia del Mondo Madre, che ha consentito di salire al potere il reggente Senatore Belisarius e i suoi ascari.

Nei pianeti marginali monta un sentimento di rivolta, presto sedato nel sangue dall’Ammiraglio Atticus Noble, braccio destro di Belisarius. Continuano tuttavia a sfuggirgli i fratelli Devra e Darrian Bloodaxe, a capo della banda dei ribelli.

Nel pacifico e fertile villaggio agricolo di Veldt si è nascosta Arthelais, salvata da bambina proprio dal perfido Belisarius allo sterminio della sua famiglia e diventata negli anni un soldato dell’esercito imperiale, addetta alla sicurezza della principessa Issa.

Su Veldt Arthelais si fa chiamare Kora e si occupa di arare e seminare la terra, ma quando Atticus Noble si presenta con i suoi uomini a reclamare il surplus di produzione del pianeta, combatte e poi fugge per cercare i fratelli Bloodaxe e chiedere aiuto ai rivoltosi.

Sulla strada raccoglierà un manipoli di ribelli ed emarginati pronti a sfidare il tiranno di Mondo Madre e l’ammiraglio Noble.

In questa prima avventura spaziale, ancor più retrofuturista della saga di Lucas, Snyder si limita sostanzialmente a porre le basi per lo scontro della seconda parte, in uscita il 19 aprile prossimo.

Il tono è quello ieratico e solenne che abbiamo imparato a conoscere, i dialoghi, scritti con Kurt Johnstad e Shay Hatten, non prevedono alcuna forma di umorismo e gli elementi di pura azione sono davvero pochissimi, limitati ad una sparatoria in un bar che sembra la brutta copia della cantina di Mos Eisley, al volo di un enorme corvo e allo scontro finale fra il bad batch e gli uomini di Noble.

Il copione inanella come da manuale l’incontro rituale con il nuovo personaggio che mostra il suo valore e le sue motivazioni, prima di unirsi al gruppo. La formazione progressiva della banda di ribelli è prevedibile almeno quanto la presenza di un traditore doppiogiochista.

In un film che sembra sempre la versione mal riuscita di modelli irraggiungibili, quello che lascia veramente interdetti è la povertà complessiva dell’operazione: scenografie e costumi sembrano recuperati alla Factory di Roger Corman, un guazzabuglio senza ordine nè stile, con le astronavi più brutte che si siano viste sullo schermo dagli anni ’80.

Gli attori sembrano tutte seconde o terze scelte, il droide ha una bella scena, ma poi sparisce, gli effetti digitali restano confusi e poco ispirati, un po’ come tutta l’operazione, che non sembra avere davvero alcuna urgenza narativa.

Si salvano le scene action, che pure Snyder si limita a riprende con il solito slow motion che vorrebbe enfatizzare il gesto e il movimento. Ma anche qui niente di nuovo sotto il sole. Anzi, siamo dalle parti dell’auto-citazione, se non dell’autoparodia.

Sofia Boutella come al solito ci mette almeno una presenza fisica non indifferente, eppure il suo sguardo arcigno non attira molte simpatie.

Lascia interdetti che Snyder ci metta oltre due ore a raccontare il primo atto di questa avventura, lasciando tutto in sospeso per altri cinque mesi.

Per un lavoro che vive su piattaforma e che non ha problemi di durata, francamente sarebbe stato più interessante proporre le due parti contemporaneamente. Il sospetto che i malcapitati spettatori di questa Figlia del Fuoco eviteranno di cliccare su La sfregiatrice il prossimo aprile è più che fondato.

Disastroso.

 

 

 

 

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