Wonka

Wonka **1/2

Paul King, il papà di Paddington aveva un compito impari: quello di riscrivere ancora una volta la storia dell’eccentrico Maître Chocolatier Willy Wonka, recuperando la magia di Dahl e distinguendosi dai due precedenti adattamenti di Mel Stuart per Gene Wilder del 1971 e di Tim Burton per Johnny Depp del 2005.

L’idea è quella di raccontare questa volta le origini del personaggio, cambiando radicalmente la prospettiva psicologica.

Quando lo incontriamo per la prima volta, il giovane orfano squattrinato Willy Wonka sta sbarcando da una nave che lo ha portato nella città dove si fabbricano i migliori cioccolatini del mondo: nella galleria del cioccolato si fronteggiano i negozi di Slugworth, Prodnose e Fickelgruber.

Senza un soldo, Wonka finisce preda della perfida Mrs. Scrubbit e del suo aiutante Bleacher, che con la scusa di ospitarlo gratuitamente per una notte, gli fanno firmare un contratto capestro, per lavorare a vita nella loro lavanderia sotterranea.

Qui Wonka conosce altri cinque malcapitati che condividono il suo stesso destino: la giovanissima Noodle, abbandonata da neonata nella lavanderia, il contabile Abacus Crunch che conosce i segreti dei tre avidi chocolatier ed è stato esiliato in quella sorta di prigione, l’ex centralinista Lottie, il comico Larry e infine Piper.

Assieme a loro Willy troverà il modo di evadere e di far assaggiare ai cittadini di ogni classe sociale le sue magiche creazioni.

Ma il cartello criminale di Slugworth, Prodnose e Fickelgruber, che ha a libro paga il capo della polizia, è deciso a non perdere il proprio potere, conquistato con la corruzione e la violenza: “Gli avidi vincono sempre sui bisognosi”.

Questo nuovo Wonka è una sorta di storia d’origine, che cerca una connessione spirituale soprattutto con il mondo di Dahl e con il film degli anni ’70, da cui recupera il carattere musical e alcune delle canzoni più celebri, da Pure Imagination a Oompa Loompa.

Paul King fa appello al potere evocativo della fantasia, ma non dimentica di fare del suo protagonista un outsider, che si batte contro la schiavitù del lavoro fordista e l’avidità di un capitalismo che teme la concorrenza e disprezza i poveri.

Pur in un film semplice e affettuoso, le stoccate ben assestate alla polizia corrotta e ingorda e alla chiesa complice e peccaminosa sono elementi che arricchisco la storia di Wonka e la meraviglia fiabesca in cui è immersa.

Il giovane chocolatier è una sorta di anarchico ingenuo che non sa leggere e finisce nei guai come un novello Pinocchio, ma che grazie all’aiuto di Noodle e al suo stesso talento riesce a creare delizie che fanno la sua fortuna.

Le sue alchimie sono quelle che gli ha insegnato la madre e che ha affinato girando il mondo, come uno spirito libero e senza desideri di conquista, facendosi sospingere dal desiderio e dalla curiosità.

Rovesciando il tema del confronto paterno che attraversava l’adattamento burtoniano, King invece imbastisce un dialogo a distanza con il fantasma materno, in una chiave nostalgica e sentimentale molto affettuosa.

La sua felicità è infantile, i suoi piaceri esagerati, il suo cioccolato liberatorio e positivo.

Chalamet ha lo sguardo ingenuo e leale che serve al personaggio, oltre a quella leggerezza che condivide con le praline create dal suo Willy.

Il cast dei comprimari è altrettanto indovinato, soprattutto perché la sceneggiatura tratteggia per ciascuno dei personaggi un ruolo rotondo, non puramente funzionale.

Hugh Grant in particolare è un oompa loompa provvidenziale che non teme il ridicolo, mentre ad Olivia Colman spetta il ruolo della carceriera innamorata.

Paul King costruisce una favola senza tempo che aggiorna quella originale in modo intelligente e sincero, eliminando forse gli elementi più ambigui del personaggio, per rivolgersi ad un pubblico prevalentemente di bambini.

In un Natale povero di proposte per i più piccoli, questo Wonka è un gustoso spettacolo pirotecnico e un piccolo, delizioso conte moral.

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