A distanza di vent’anni dall’ultimo suo film americano, Paycheck, tratto da Dick e interpretato da Ben Affleck, John Woo torna a dirigere negli Stati Uniti questo cupo e vendicativo Silent Night.
Dopo aver visto morire il suo bambino per un colpo vagante in una sparatoria fra trafficanti, il padre Brian si lancia istintivamente all’inseguimento dei responsabili: finirà male, con una ferita alla gola che lo lascia in fin di vita e lo priva della parola.
Il recuperò è fatto di rimorsi, solitudine e bottiglie d’alcool. La moglei finisce per lasciarlo, mentre Brian, dopo aver fatto visita al detective che segue il suo caso, decide di farsi giustizia da sè. Si esercita fisicamente ogni giorno per molti mesi, compra una pistola, va al poligono, raccoglie informazioni.
La notte di Natale è quella deputata alla sua vendetta suicida contro gli uomini del boss Playa, asserragliato in un edificio abbandonato.
Gonfio di retorica e col pedale del melodramma spinto a tavoletta, Woo non sembra avere davvero sotto controllo un film che ovviamente funziona bene solo quando l’azione scoppia in tutta la sua fragorosa e brutale coreografia.
Rispetto ai suoi esordi hongkonghesi e ai film della maturità americana, qui Woo limita al massimo slow motion e angoli di ripresa particolari, per privilegiare il corpo a corpo, le traiettorie dei colpi, l’accumularsi di una violenza insensata ed eccessiva.
Rispetto ai più classici revenge movie dell’uomo qualunque che hanno trovato nell’ultimo decennio Liam Neeson come interprete privilegiato, qui c’è molta più attenzione e cura nel mostrare il lento e faticoso percorso che porta l’innocuo Brian a diventare una sorta di macchina di morte.
Il film riempie i suoi lunghi silenzi con la fatica del protagonista, i suoi errori di mira, la sua scuola guida in piazzali abbandonati, la dedizione dei suoi esercizi fisici.
La missione finale arriva solo alla fine di un lungo addestramento, ma non è meno ributtante.
Il film, mettendo al centro la morte accidentale di un bambino, per mano di un gruppo di trafficanti latinoamericani che non hanno alcuna qualità, gioca le sue carte in modo troppo serioso e manipolatorio.
Buoni e cattivi separati da un fossato invalicabile, motivazioni mai messe in dubbio, giustizia biblica: l’ex seminarista John Woo spinge pesantemente il pedale del revanscismo, fino ai limiti del ridicolo involontario quando Brian immagina di vedere nella casa del jefe il volto del suo bambino.
Da un maestro del cinema d’azione cresciuto nel mito di Melville e dei suoi antieroi destinati alla sconfitta pretendiamo, anche nel finale di carriera, qualcosa di meno schematico e superficiale.
Per chi ha fatto della rappresentazione della volenza uno spettacolo postmoderno di corpi e sguardi in continuo movimento, questo Silent Night è un lavoro minore, ideologicamente ambiguo, manicheo, che non ha nulla dell’epica e della camraderie maschile dei suoi film migliori.
Da dimenticare.

