Fingernails – Una diagnosi d’amore ***
Qualche volta quando si è innamorati si sente la solitudine più di quando si è da soli.
Il secondo film del greco Christos Nikou, già assistente di Lanthimos per Dogtooth e poi regista in proprio con il notevole e inquietante Apples, presentato a Venezia nel 2020, è una commedia romantica ambientata in un futuro prossimo distopico in cui uno scienziato ha inventato un test che attraverso l’analisi delle unghie riesce a confermare se i partner di una coppia sono davvero innamorati l’uno dell’altra.
Anna e Ryan hanno fatto il test tre anni prima e l’hanno superato: solo il 13% delle coppie ci riesce.
Per aumentare le possibilità di successo, Duncan ha fondato il Love Training Institute che si occupa di preparare le coppie a migliorare il proprio rapporto, in vista del test.
All’insaputa di Ryan, Anna trova impiego presso l’istituto, cercando risposte ad una relazione che dopo diversi anni si è chiusa in una routine familiare piuttosto ordinaria.
Anna viene affiancata ad Amir uno dei formatori più esperti. Assieme guidano le coppie in una serie di esercizi che dovrebbero rafforzare la loro intesa: i partner sono chiamati a cantare canzoni d’amore in francese – la lingua più romantica – ad assistere a maratone dei film con Hugh Grant, oppure a guardarsi sott’acqua per un minuto trattenendo il fiato, oppure a buttarsi assieme col paracadute o ancora a riconoscere l’altro solo dall’odore, dopo essere stati bendati.
Nella sede dell’istituto si sente continuamente il rumore della pioggia che cade, perchè questo induce ad essere più romantici.
Sono tutti tentativi ingenui di forzare meccanicamente una risposta che è invece irrazionale, spontanea, sentimentale.
I problemi cominciano quando Anna e Amir tra un’esercizio e l’altro sembrano davvero innamorarsi l’uno dell’altra. Eppure Anna è sicura del test fatto anni prima con Ryan e anche Amir è apparentemente fidanzato con Natasha.
Il film di Nikou è attraversato da un malinconico determinismo: incapaci di comprendere i propri sentimenti, timorosi di un fallimento futuro, i personaggi di Fingernails si affidano ad un fantomatico test che li conforti in una sorta di non-scelta, sia in caso di successo che in quello molto più probabile di un risultato negativo.
Il modo con cui Fingernails ricostruisce i rapporti di coppia è disarmante e molto egoistico: non c’è nessuna disponibilità all’ascolto dell’altro, nessuna vera empatia, solo una connessione utilitaristica, di cui essere certi una volta per tutte, senza possibilità di errore.
Nikou ricostruisce i confini di una società che ha smesso di interrogarsi e di capirsi, che ha barattato l’umanità con la fede in una scienza fatta di algoritmi, di bolle in cui rinchiudersi, di paure verso ogni diversità di opinione di controllo pervasivo e opprimente, che nega ogni libertà affettiva e ogni imprevedibilità.
Il trionfo tecnocratico dell’Istituto non viene mai messo in discussione dalle coppie che vediamo sottoporsi al test: il risultato è incontestabile e infallibile. Di fronte al fallimento non c’è altro da fare che assecondarne gli esiti.
Paradossalmente gli unici a mettere in crisi queste certezza sono proprio Amir e Anna. Nonostante le conferme della macchina, i due finiscono davvero per innamorarsi. Eppure a lei continua a sembrare impossibile che il test non certifichi che l’uomo che ama è Amir e non Ryan e allora cadranno molte unghie, prima del finale. E’ difficile rinunciare alle proprie certezze.
Il regista non avrebbe potuto scegliere protagonista più indovinata dell’irlandese Jessie Buckley musa di Kaufman e Garland come di Polley e Gyllenhaal, quasi sempre capace di ruoli femminili inconsueti, riflessivi.
Riz Ahmed nella parte di Amir è non meno indovinato, lasciando trasparire appena i suoi sentimenti, occultati dietro una maschera professionale. All’arruffato Jeremy Allen White il ruolo marginale di Ryan, testimone muto dell’insoddisfazione di Anna.
Nikou costruisce un film d’amore tutto in interni, pieno di incertezze, di inciampi, in cui gli sguardi e i non detti, le frasi mai pronunciate e i dubbi prendono il posto dei baci appassionati. Fingernails più che guardare alla Weird Wave greca a cui Apples aderiva, sia pure con un certo evidente ritardo, sembra nutrirsi di una certa tenerezza affettiva alla Gondry o alla Jonze.
La sua commedia è solo apparentemente piccola e singolare: nel suo tentativo di abbattere il totem tecnologico, con un film in low-fi, sulla riconquista dell’emotività da parte dei suoi personaggi riesce ad essere liberatoria e commovente.
Su Apple Tv+ dal 3 novembre.
