Hae Sung, Nora e Arthur sono seduti al bancone di un bar di New York. Qualcuno li osserva cercando di comprendere la relazione che li lega.
Ventiquattro anni prima a Seul, Na-Young l’amica del cuore del dodicenne Hae Sung, sta per trasferirsi con la famiglia a Toronto, in Canada, in cerca di migliori occasioni. Il padre è un regista, lei stessa è appassionata di letteratura e teatro, ma “non ci sono Premi Nobel in Corea”.
Dodici anni dopo ormai adulti Hae Sung e Na-Young che ora si fa chiamare Nora si ritrovano grazie ai social: un messaggio su Facebook, una email, molte chiacchierate su Skype, fino a quando lei decide di troncare quella relazione platonica a distanza. Na-Young studia teatro a New York, Hae Sung ingegneria a Seul: nessuno dei due ha la possibilità di andare a trovare l’altro in tempi brevi.
Poco dopo Nora si trasferisce a Montauk per un periodo di residenza d’artista. Qui conosce Arthur, un altro giovane talento newyorkese, che condivide con lei le stesse passioni. Si sposeranno presto: Nora ha bisogno della green card per restare negli Stati Uniti.
Ventiquattro anni dopo la partenza di Na-Young, Hae Sung è a New York, rintraccia Nora e condivide con lei poche ore assieme, in metropolitana o sul ferry per la Statua della Libertà: sono solo brevi momenti ma finiranno per sconvolgere la sua relazione con Arthur e le sue stesse certezze. Secondo l’In-Yeon coreano, quando due persone s’incontrano è perché hanno condiviso le loro vite precedenti.
Il film d’esordio della commediografa coreana-canadese Celine Song nasce evidentemente da suggestioni autobiografiche, da un vissuto che la scrittura e la messa in scena sublima in una dimensione interamente nuova.
Past Lives, presentato al Sundance e poi alla Berlinale, è un formidabile concentrato di cliché narrativi, intriso nella retorica delle occasioni perdute, eppure in qualche modo anche se ogni immagine sembra già vista e ogni dialogo già sentito mille volte, il film funziona ugualmente, quasi per magia.
Siamo di fronte ad una classica commedia newyorkese, in cui la seconda opportunità è declinata non solo rispetto al desiderio di affermazione personale di chi arriva da fuori e si trova immerso nelle luci di “una città che non dorme mai”, ma anche rispetto alla dimensione personale e affettiva.
E diremmo anche identitaria: chi è infatti davvero Nora/Na-Young? La ragazzina ambiziosa che voleva primeggiare a scuola? La studentessa che ha messo da parte gli affetti e i legami del passato per contrarsi sulla carriera? La scrittrice turbata che si guarda indietro senza più comprendere il senso delle proprie scelte?
E’ evidente che questa dimensione apolide, spinge la protagonista a mettere in discussione la stabilità faticosamente costruita con Arthur e anche se l’uomo è il più sensibile e comprensivo dei mariti, è evidente che la presenza di Hae Sung apre squarci impensabili in un carattere che ha nascosto le proprie fragilità dietro ad una determinazione ad affermare se stessa, forse non così tetragona.
Più vicino alla mestizia di Baumbach che al brio malinconico di Allen o allo spleen di Linklater, prodotto da quella A24 che è ormai la label per eccellenza di un certo tipo di cinema indie, con eccentricità internazionali, Past Lives è un piccolo film sentimentale che appare irresistibile, furbamente in equilibrio tra molti registri diversi, senza mai lasciare che uno prevalga sugli altri, mantenendosi leggero senza rinunciare a dire cose che appaiono profonde e pensose sull’accettazione dei cambiamenti e del destino e sui sacrifici e le rinunce che tutti siamo chiamati a fare.
La Song ha tuttavia uno sguardo felice nella scelta delle location, nella capacità di inquadrare il paesaggio e di utilizzare luoghi noti, come ancore per i suoi personaggi.
Greta Lee è indovinatissima e ha un sorriso indecifrabile, molto adatto ai tormenti del suo personaggio, assai più debole Teo Yoo, legnoso e impacciato, forse non solo per esigenze di copione. John Magaro invece è come al solito indovinato nel ruolo del marito comprensivo, in un ruolo piuttosto dimesso che non sembra aver preso molto dal brillante Justin Kuritzkes, il vero marito di Celine Song, sceneggiatore per i prossimi Challengers e Queer di Guadagnino.
Dieci milioni al box office americano estivo ne fanno un piccolo cult.
In Italia con Lucky Red.

